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La prova del nove per i ristoranti italiani all’estero

Nel mondo, esclusa l’Italia, si è calcolato che ci siano 60.000 ristoranti che dicono di servire pietanze italiane. Si stima che la cucina italiana abbia il maggior numero di ristoranti nel mondo, escludendo le pizzerie. Fanno seguito i ristoranti cinesi e quelli giapponesi. I dati, comunque, sono discordanti. Mentre il numero sopra citato dei ristoranti italiani nel mondo proviene dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi, e precisa che solo il 20% di questi sono autentici, la National Restaurant Association americana afferma che negli Usa ci sono 28.525 ristoranti italiani e 71.215 pizzerie. Il che significherebbe che l’America ha l’inverosimile 47,54% dei ristoranti italiani nel mondo.

spaghetti

Ad ogni modo, il punto di questo articolo è un altro ed è indicato in seguito. Per il mio lavoro di direttore di una rivista nel campo televisivo internazionale, viaggio in continuazione. Infatti quest’anno ho visitato ben otto paesi, incluso Singapore. L’anno passato i paesi erano nove, perché includevano l’Argentina, e quello precedente, 10 per via della Turchia. Questi numeri non includono i vari stati negli Usa. Di solito quando sono fuori dalla mia residenza Usa non frequento ristoranti italiani, per tre motivi principali: il menù è limitato (offrono le solite cose), la pasta è spesso scotta, e poi si cucina italiano a casa; quindi se devo mangiare fuori preferisco il giapponese, messicano, turco o puramente un semplice menù americano a base di tacchino, bistecche ai ferri, costine di maiale e l’assoluto asso nella manica, le uova all’occhio di bue, che però fanno a puntino solo a New York (in quanto usano la piastra calda che cucina l’albume e lascia il tuorlo fresco).

Dopo tre giorni all’estero, comunque, la voglia di una pasta (anche una semplice aglio e olio), si fa sentire ed eccomi alla ricerca di un ristorante che abbia le sembianze italiane. Ignoriamo la musica di sottofondo: tutti brani degli anni ’60. Ignoriamo l’arredamento: il cosiddetto “stile mediterraneo” (che altro non è che un barocco taroccato). Ignoriamo “eggplant parmigiana” (parmigiana di melanzane) sul menù. Ignoriamo le bottiglie “magnum” di vino (da un litro e mezzo) sugli scaffali e passiamo al vero test di un autentico ristorante italiano: il Fernet Branca. Questo, a mio avviso, è elemento base del vero ristorante italiano. Se il cameriere non sa nemmeno cosa sia, il ristorante è da eliminare completamente, mentre se lo conosce ma dice di non averlo, gli si potrebbe dare una “chance”. Quelli che lo servono sono invece da catalogare come ristoranti che conoscono i gusti degli italiani, che senza un digestivo non possono digerire. L’ironia è che il digestivo sarebbe più appropriato servirlo in un ristorante italiano non autentico.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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