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Meglio una tregua

Tutti ci auguriamo che le disposizioni tardivamente è un po’ confusamente adottate dal governo funzionino. “Tardivamente” perché alcuni esperti più avveduti avevano evidenziato già diverse settimane fa la necessità di misure drastiche per fermare la diffusione del contagio (Burioni) e potenziare i servizi sanitari specializzati (Ilaria Capua).
A parziale discolpa del decisore politico va riconosciuto che nell’ambito della stessa comunità scientifica vi sono state opinioni diverse (a partire da quella della dottoressa politically correct del Sacco per cui si trattava di “poco più di un’influenza”) e che per il nostro superficiale e schizofrenico sistema dell’informazione il problema principale sembrava, a un certo punto, quello dell’immagine dell’Italia all’estero.

E’ possibile che nelle prossime settimane altre decisioni drastiche vadano prese per riportare l’epidemia da Coronavirus entro una dimensione gestibile dal nostro sistema sanitario.

I casi della provincia cinese dello Hubei (sede del focolaio originario) e della Corea (entrambi di dimensioni demografiche abbastanza simili a quelle italiane) sembrano indicare che attraverso interventi drastici di limitazione della mobilità (Hubei) o di massivo screening della popolazione a rischio (Corea) è possibile riportare la situazione sotto controllo entro un arco di tempo non eccessivamente lungo: nello Hubei i nuovi contagi giorno erano più di 4.000 all’inizio di febbraio e oggi sono scesi a meno di 100.

Ovviamente l’Italia è una realtà molto diversa e vanno individuate modalità di intervento specifiche, ma è presumibile che esse abbiano comunque -almeno nel breve periodo- costi economici e sociali molto elevati. Poiché nessuno ha la bacchetta magica si dovrà procedere per tentativi ed è possibile che le scelte adottate siano controverse (la stessa “comunità degli esperti” ha visto la presenza di opinioni contrastanti) e che il sistema dell’informazione amplifichi le polemiche.

Salvini e Conte

Il rischio è, perciò, che altre eventuali scelte “impopolari” ma utili vengano -di nuovo- rinviate. O che le polemiche tra istituzioni o tra parti politiche riducano l’efficacia delle indicazioni che dovrebbero orientare il comportamento dei cittadini.
Per questo aveva (ed ha) un senso l’ipotesi di un governo che raccolga tutte le forze politiche, o quantomeno un “tavolo istituzionale” dove le decisioni siano assunte in maniera condivisa (e possibilmente ponderata). Sottrarre le scelte di emergenza alle quotidiane polemiche politico-elettoralistiche non garantisce che vengano prese decisioni giuste e tempestive (data anche la non eccelsa qualità del ceto politico) ma, almeno, elimina un fattore di disturbo e distorsione.

Il premier Conte ha citato l’espressione di Churchill  su l’ “ora più buia”, ma Churchill, pur essendo un accanito conservatore, fu il promotore di un governo di coalizione con i laburisti di Clement Attlee per gestire il paese in tempo di guerra. Certo, per parafrasare un altro inglese, Conte e Salvini stanno a Churchill e Attlee “come un satiro in confronto a Iperione”, ma questo oggi passa il convento.

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AUTOINFORMAZIONE QUOTIDIANA 9 MARZO

Secondo i dati della protezione civile siamo arrivati, purtroppo, a 9.172 casi rilevati dall’inizio della crisi, 1.797 più di ieri. L’incremento di ieri rispetto all’altro ieri era stato di 1.492,  quindi i nuovi casi sono ancora in significativo aumento. Il “tasso di crescita”, calcolato come rapporto tra nuovi casi e totale casi del giorno precedente, è in lieve riduzione (24,4% contro 25,4%) per il secondo giorno consecutivo.

Il 55% dei nuovi casi è concentrato nelle sei province più critiche (Bergamo, Lodi, Cremona, Brescia, Piacenza, Milano) e l’87% nelle tre regioni maggiormente interessate dalla zona rossa (Lombardia, Emilia Romagna e Veneto).

E’ ragionevolmente prevedibile che il numero assoluto di nuovi casi continuerà ad aumentare nei prossimi giorni. Bisognerà, ovviamente, aspettare per capire se la “stretta” operativa e psicologica di questo week end abbia provocato l’effetto atteso riducendo, quantomeno, il tasso di crescita.

Intanto non mi pare sbagliata la proposta del sindaco di Bergamo Giorgio Gori di attuare – direi almeno nelle cinque province dell’area cruciale- una chiusura generalizzata delle attività non essenziali e credo che anche che -una volta verificate le effettive modalità di funzionamento- non sarebbe sbagliato estendere in via preventiva (ancorché temporanea) le attuali disposizioni da zona rossa a tutto il territorio. Ma ovviamente sono opinioni basate su una conoscenza limitata dei dati, mi auguro (ma non ne sono certo) che chi deve decidere abbia maggiori conoscenze e maggiori strumenti di comprensione del fenomeno.

Infine, per valutare la capacità di “tenuta” del sistema sanitario vanno considerati i  dati relativi ai “positivi attuali” che hanno raggiunto quota 7.985 (9.172 rilevati meno 724 guariti meno 463 decessi).

La quota del trattamento in terapia intensiva oscilla intorno al 10% degli “attualmente positivi”. Ignoro quale sia, da questo punto di vista, la soglia di criticità del nostro sistema sanitario; prima della crisi mi risulta che i posti in intensiva fossero poco più di 5.000.

Se ipotizziamo (ottimisticamente) che questa soglia – con una serie di interventi tampone – sia portata immediatamente  a quota 10.000 posti disponibili per il COVID, un tasso di crescita degli “attualmente positivi” del 25% giorno (come quello attuale) porterebbe al raggiungimento della criticità il 21 marzo. Dimezzando il tasso di crescita si allungherebbe l’intervallo significativamente in modo da consentire la realizzazione (d’urgenza) di un più consistente amliamento della capienza.

Credo che questo spieghi la (tardiva) conversione a politiche fortemente restrittive degli ultimi giorni.

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Daniele Fichera

Daniele Fichera. Ricercatore socioeconomico indipendente. Nato a Roma nel 1961 e laureato in Scienze Statistiche ed Economiche alla Sapienza dove è stato allievo di Paolo Sylos Labini, ha lavorato al centro studi dell’Eni, è stato a lungo direttore di ricerca al Censis di Giuseppe De Rita e dirigente d’azienda e business development manager presso grandi aziende di produzione e logistica italiane e internazionali. E’ stato inoltre assessore al Comune di Roma dal 1989 al 1993 e Consigliere regionale del Lazio dal 2005 al 2010 (assessore dal 2008 al 2010) e dal 2015 al 2018. Attualmente consulente per l’analisi dei dati e l’urban innovation per diverse società e centri di ricerca.

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