Qualche anno fa alla Facoltà di Scienze Umanistiche della romana Università La Sapienza, la Professoressa Franca Romano propose una tesi di laurea sulla diversa percezione di odori e puzze da parte di studenti di scuole pubbliche e private. Mi sembra di ricordare che mentre gli studenti di scuole private tornando a casa sentissero già, salendo le scale, “puzze” corrispondenti ai cibi preparati per il pranzo, i ragazzi delle scuole pubbliche definissero preferibilmente le stesse sensazioni olfattive come “odori”.
La nostra storia è segnata dal ricordo dei profumi e dei cattivi odori percepiti in differenti situazioni come la scuola, la casa, la vita all’aperto, la palestra, le amicizie, l’ambiente del treno o del filobus affollato, la stalla, il funerale, il matrimonio, la festa da ballo. Da più parti si va osservando che tutta questa varietà di sensazioni olfattive si vada perdendo. D’altra parte basta seguire un programma di pubblicità televisiva per assistere alla promozione di spray deodoranti e di sistemi adatti a togliere il cattivo odore delle ascelle, mascherare l’aria delle toilettes con odori artificiali, o addirittura piazzandoli nel WC. Gli esempi sono tanti.
La preoccupazione riguarda oggi soprattutto gli odori che caratterizzano un ambiente cittadino. E peggio ancora nasce il timore che la deodorizzazione sia seguita dalla perdita dei sapori. Come non apprezzare quelle vampate di profumo del pane appena sfornato, un profumo che esce prepotentemente dal locale del fornaio per invadere la strada, cosi come accade per la pasticceria, il negozio dei fiori, la chiesa incensata.
Daniela Monti in un bellissimo articolo leggibile sulla “La lettura” l’inserto domenicale del Corriere della Sera, denuncia l’avanzata di una sterilità sensoriale che spaventa! Una sorta di prova del declino dell’Italia mentre si celebrano su tutte le reti televisive i fasti di una gastronomia maniacale. Ricordo con disgusto l’odore di strutto che invadeva le strade di Vienna quando la visitai la prima volta negli anni 50. Una “puzza” che non ebbi modo di percepire una seconda volta quando ci tornai negli anni ’90.
Tutti avranno avuto occasione di godersi i profumi della costiera amalfitana o di Sanremo o di Montecarlo! Come dimenticare il forte e pregnante odore degli escrementi dei bovini che abbiamo incontrato nelle passeggiate in montagna sulle Dolomiti. Chi si esaltava all’odore della “boassa” (si scrive boazza), chi si premurava di piantare un fiore di campo al centro della “frittata”. La stessa parole “merda” ha perso la sua forza da quando il popolo dimenticato la flagranza e quindi il valore aggressivo della parola.
Un ricordo dell’adolescenza mi riporta alla mente l’acquisto di un libretto dal titolo stimolante “L’arte del corteggiamento“. Avevo una curiosità morbosa per conoscere le tecniche che mi avrebbero messo in rapporto con il sesso femminile. L’autore citava che in Spagna alle feste da ballo il cavaliere donava alla ragazza prescelta un fazzoletto che questa in caso di gradimento del corteggiamento poneva sotto l’ascella: Alla fine del ballo il fazzoletto intriso degli umori della giovane veniva restituito allo spasimante che si sarebbe inebriato portando il fazzoletto al naso durante il viaggio di ritorno a casa.
Perfino il Maestro Muti si è spaventato della scomparsa dei profumi dentro e fuori la città. E’ in atto una deodorizzazione dell’ambiente come se il controllo sugli odori sia il biglietto da visita di un ambiente familiare elegante e corretto, di una società elegante. Pare che l’industria dei deodoranti e dei profumi artificiali vada alla grande. Non c’è casa di mode che non si senta in dovere di produrre il proprio profumo che evidentemente trova entusiasti acquirenti ma che poi non incontri facıilmente andando a spasso in città.
Una nota triste debbo segnalare che forse per molti lettori non rappresenta una novità. E stato inventato un “olfattometro” un naso artificiale che permette di riconoscere i cibi contraffatti da una industria piratesca o addirittura di percepire un alterato odore sprigionato da un corpo ammalato di un cancro. C’è un’ampia letteratura sull’argomento.
Articolo di Franca Romano tratto dal libro “mangiare&Essere” di Mario Mazzetti.
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