ll marchese del Grillo la volta che un tribunale dello Stato pontificio gli aveva dato ragione nella disputa su un fatto grave da lui commesso ebbe l’improntitudine di far suonare a morto le campane delle chiese di Roma. A chi gli chiese perché lo avesse fatto rispose beffardamente: “Perché è morta la giustizia”.
Oltre ad essere uomo di spirito, il marchese aveva chiara anche l’idea della giustizia, prerogative che mancano all’attuale governo e soprattutto a quel PD che vorrebbe rappresentare il nuovo.
Non solo Zingaretti e sodali vanno ciecamente dietro a ciò che partorisce la mentalità bipolare dei 5Stelle, essi confermano la tendenza forcaiola che li accompagna dalla nascita, come un indelebile dna. Passando dal Bottegone al Nazareno la storia non è cambiata: ogni individuo è un criminale latente, non importa di quale crimine sia responsabile, va tenuto comunque sotto schiaffo per tempi immemorabili.
La prova regina di quel modo di essere l’hanno fornita loro stessi, accettando la norma, voluta dal ministro grillino Bonafede, che blocca la prescrizione e tramanda il processo penale all’infinito.
In Italia e nel mondo, è universalmente riconosciuto che uno degli ostacoli maggiori che impediscono il pieno sviluppo della società italiana e del suo sistema economico, è proprio l’incertezza della giustizia e dei suoi tempi. Ma, turlupinare i cittadini e gli elettori con la promessa che a breve si porrà rimedio, con modifiche che nessuno conosce, e l’aggiunta di un impegno a determinare una giusta durata dei processi è una vecchia pratica truffaldina.
Nel merito, potrebbe risultare utile far conoscere a Zingaretti e compagni il pensiero di un personaggio insospettabile come Gerardo Colombo, il giudice istruttore del processo alla P2, delle indagini su Michele Sindona e sull’omicidio Ambrosoli, il pubblico ministero di “mani pulite” e del “lodo Mondadori”, così come riportato dal quotidiano IL FOGLIO con un’intervista apparsa del il dicembre scorso, giusto alla vigilia dell’entrata in vigore della legge Bonafede.
Eccolo (in sintesi): “Di sicuro […] non si può motivare l’abolizione della prescrizione con la volontà di rendere più rapido (rectius, meno lento) il processo penale. Teniamo separati gli argomenti, da una parte la prescrizione, dall’altra la ragionevole durata del processo. Iniziamo da quest’ultimo tema. Vogliamo, giustamente e secondo Costituzione, un processo rapido? Lo vogliamo efficiente? Pensiamo a strumenti che lo rendano effettivamente rapido efficiente: Depenalizziamo […] Liberiamo i tribunali penali, diventati i luoghi dove precipitano tutti i conflitti e le tensioni anche insignificanti di questo paese. Se vogliamo che il processo penale sia rapido, occorre che ci siano poche cose da processare. Quelle importanti. Il diritto penale va riportato a quello che dovrebbe essere: l’extrema ratio”. Ed ancora “Oltre a depenalizzare – e quindi a trovare soluzioni in ambito civile o amministrativo – si ricorra a strumenti che evitino il protrarsi delle indagini o la celebrazione del dibattimento. Si incentivi la messa alla prova, il patteggiamento, il giudizio abbreviato. Si pensi a introdurre pratiche di giustizia riparativa, che esistono in molti altri paesi […]. Peraltro, per certi aspetti paradossalmente la prescrizione può giovare alla rapidità: il suo verificarsi può essere base per l’instaurarsi di un procedimento disciplinare nei confronti del magistrato che l’ha causata; togliamo la prescrizione, togliamo lo stimolo a evitare il disciplinare, la giustizia diventa ancora più lenta. […] non solo la norma Bonafede è dannosa perché allunga i processi: Ma è persino inutile.”
Quali sono i reati che “facilmente si prescrivono”. “I reati punibili con l’ergastolo non si prescrivono mai (per loro la questione non si pone). Per gli altri, il termine di prescrizione è commisurato al massimo della pena previsto per quel reato […] Termini pure molto consistenti valgono […] per il sequestro di persona (qui addirittura 37 anni e mezzo), per la rapina aggravata (25 anni), la violenza sessuale (15 anni), il furto pluriaggravato (12 anni e 6 mesi). […] Insomma allora chi può sperare davvero nella prescrizione? Direi nemmeno gli autori di reati di corruzione, perché le pene massime, a seconda dei tipi di corruzione, variano dagli 8 ai 20 anni. La prescrizione interveniva spesso per gli omicidi colposi, ma anche lì, per le situazioni più allarmanti, le pene sono state aumentate […] Quindi alla fine la prescrizione riguarda soprattutto i reati non particolarmente gravi i quali, essendo prevista una pena massima non superiore a 6 anni, si prescrivono appunto in sei anni, sette anni e mezzo in caso di interruzione, riguarda tante di quelle cose per cui in carcere ci sono persone che dovrebbero star fuori, affidate ai servizi sociali o a scontare altre pene alternative […] “Però vorrei ripetere: Teniamo distinti i tempi della prescrizione e della ragionevole durata dei processi, perché sono solo in parte sovrapponibili. Il legislatore moderi l’impulso di inserire nuovi reati ogni volta in cui ritiene di dover fare una nuova legge. Piuttosto, si guardi alle spalle e sfoltisca, non di poco, le fattispecie penali esistenti. Altro che prescrizione”.
A Zingaretti e compagni il dovere di suonare le campane della loro chiesa.
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