Caro Direttore, alla vigilia della pausa estiva si impone qualche riflessione a proposito della situazione politica esistente nel nostro paese: forse non è esagerato definirla molto seria.
L’audizione in parlamento del Ministro per i rapporti con il parlamento e la democrazia diretta ha dimostrato chiaramente che la logica in cui si muovono le forze politiche che sostengono l’attuale governo non è quella di una repubblica parlamentare, quale regolata dalla costituzione vigente.
Il Ministro Fraccaro ha indicato come fine da perseguire anche con opportune modifiche costituzionali non solo la diminuzione del numero dei parlamentari, ma anche la introduzione, tra le altre novità, del referendum propositivo inteso come dialogo, comitati promotori di referendum ed organi parlamentari, per promuovere la introduzione di nuove leggi, oltre che l’esame obbligatorio da parte del parlamento delle proposte di legge di iniziativa popolare ed il portale per le consultazioni di governo, i cui esiti sarebbero poi disponibili da parte delle competenti commissioni parlamentari. David Casaleggio , “padrone” nel senso autentico del termine del movimento 5 stelle, alcuni giorni dopo ha esplicitamente dichiarato che tra breve il parlamento non servirà più e la rappresentanza politica sarà un ricordo del passato inquanto la tecnologia offre meccanismi più idonei a rappresentare direttamente la volontà popolare: mai, a partire dal manifesto di Marx del1848, nessuno aveva così chiaramente espresso il suo disprezzo per i sistemi democratici , tanto che lo stesso Togliatti, nel tradurre in italiano un secolo dopo quel testo si preoccupo’ di tagliarne i toni più apri. Casaleggio non ha avuto simili remore: ormai si sente la baionetta della rivoluzione tecnocratica, con tanti saluti alla sovranità popolare. Resta quantomeno un serio dubbio sulla sua compatibilità con la Costituzione della Repubblica italiana, fondata sulla rappresentanza politica e su poteri ben definiti degli organi costituzionali, Parlamento compreso.
Ciò che suscita preoccupazione non sono peraltro proposte di questo tipo se enunciate come provocazione a fini elettoralistici, ma il fatto che in esse si sente il piano di rinascita democratica della P2, che prevedeva un parlamento svuotato di funzioni ed una centralità del governo, molto più che comitato direttivo della sua maggioranza parlamentare. Allo stesso tempo si va man mano chiarendo il senso del “contratto di governo”, non alleanza politica per costituire una maggioranza di governo ma fatto tra due gruppi pubblici che insieme raggiungono la maggioranza nelle due camere affinchè ciascuno sostenga i progetti dell’altro, senza promuovere alcuna modifica e senza cedere alla tentazione di critiche, provengano o non dall’opposizione: viene così di fatto esclusa quasi automaticamente dal dibattito parlamentare la presenza degli altri gruppi politici, liberi di esprimere il loro dissenso ma ben sapendo che esso non inciderà minimamente sulle decisioni che saranno adottate. E’ questa la negazione stessa della politica e della funzione del parlamento, inteso come luogo per un costruttivo dibattito di opinioni conseguenti a progetti politici diversi ma pur sempre convergenti nell’obiettivo di realizzare il più vasto consenso possibile dei cittadini sulle decisioni che saranno assunte al termine del dibattito.
L’attuale parlamento è il risultato di libere elezioni e gli eletti hanno il diritto di esercitare appieno il mandato politico loro conferito dagli elettori, ma questo diritto-dovere si estende anche al rispetto delle norme della costituzione del 1948.
Purtroppo il ricordo delle leggi “fascistissime” del 1925-26 non è molto lontano: il meccanismo adottato allora non fu molto diverso da quello che oggi si vorrebbe introdurre.
Caro Direttore, non crede che tutto ciò dovrebbe formare oggetto di intervento del Presidente della Repubblica, uno dei garanti insieme alla Corte Costituzionale del rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento? Mi rendo conto che non è una strada facile, ma a mio parere non sono molte altre le soluzioni possibili per evitare che la situazione precipiti. Buone ferie, caro direttore.
Come sai, caro professore, sono di una generazione che ha avuto la straordinaria fortuna di non vivere l’esperienza della dittatura fascista e nemmeno quella tremenda della guerra. Forse per questa ragione, di questi tempi, sempre più spesso la memoria mi restituisce un ricordo di mio padre che mi raccontava di un canto delle squadre fasciste del 1922, alla vigilia della presa del potere da parte di Mussolini: “a Montecitorio sono tutti rimbambiti e noi li cacceremo perché noi siamo arditi”. Certo oggi non ci sono, e per fortuna la nostra Costituzione lo impedirebbe, movimenti che abbiano qualche somiglianza con quello dei fasci, tuttavia certe affermazioni sulla liquidazione del Parlamento fanno impressione. Certamente la democrazia rappresentativa non è la migliore delle forme di governo, ma una migliore non è stata ancora inventata e non lo è sicuramente quella telematica. Tuttavia, caro Pacelli, non dobbiamo preoccuparci più di tanto: questo signor Casaleggio nel “mondo virtuale” di Rousseau dove uno vale uno, vale appunto uno e fuori da quel mondo vale anche meno.
La vera minaccia è il disorientamento dell’opinione pubblica, il clima di odio che determina, il diffondersi dell’invidia sociale ed il mix di tutto ciò con la crisi dei valori e dei grandi ideali del secolo scorso. Penso alla crisi dell’Unione Europea e alla politica avventuristica del presidente degli Stati Uniti: i destini del mondo sono nelle mani di un signore di nome Donald Trump che con un twitter decreta la fine della partnership transatlantica, cioè di quella grande conquista storica che è stata alla base del processo di sviluppo dell’Occidente, della estensione della democrazia, dei diritti civili e della libertà, che ancora oggi è garanzia di una pace durevole in un continente che per due secoli è stato tormentato da guerre fratricide.
E se a questo aggiungiamo certi strateghi di casa nostra che all’antiparlamentarismo aggiungono l’autarchia e l’uscita dall’euro c’è da domandarsi cosa concretamente si può e si deve fare per limitare i danni di una simile situazione. Hai ragione tu: è certamente un antidoto la vigilanza della Corte Costituzionale per un rigoroso rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento democratico, ma credo sia necessario l’intervento del Presidente della Repubblica per richiamare tutti, ad iniziare da quelli che utilizzano i diritti loro attribuiti dalla Costituzione come clave per abbattere il sistema, al rispetto di quei principi che sancirono nel 1948 il ritorno ad un regime di libertà e nel 1957 i principi fondanti dell’unione europea. Signor Presidente, batta un colpo!
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