Brava gente

Spaghetti alla carrettiera

Spaghetti alla carrettiera

“All’alba quando spunta il sole d’oro si vede Roma bella da lontano” sono i primi versi di una vecchia canzone romana, di quando la città finiva a Porta San Giovanni: oltre le mura aureliane iniziava la campagna che si estendeva fino alle propaggini dei colli Albani (Frascati Luciano Marino Albano Grottaferrata ed oltre).

Ai due lati della via Appia “la regina viarium” dell’antica Roma, dove oggi sorge una fitta rete di edifici, pascolavano le pecore che si abbeveravano ai numerosi ruscelli che scorrevano verso la valle del Tevere da una parte e quella del più modesto torrente l’Aniene dall’altra. Era proprio la via Appia che percorrevano, partendo a tarda notte dai castelli, i carretti tirati da un paio di poderosi cavalli con vivaci pennacchi sulla testa: sul pianale del carro erano collocati da tre a cinque grandi botti di vino, il carrettiere era seduto davanti alle botti con le redini in mano ed un cane accovacciato accanto a lui.

Arrivavano a Roma all’alba, quando spuntava il sole, facevano il giro delle osterie che avevano acquistato il vino e con le botti vuote iniziavano il viaggio di ritorno. Era trascorsa metà giornata e bisognava pensare al pasto, era il momento più gradito della giornata. Il carrettiere lasciava la strada, s’inoltrava per un breve tratto nella campagna circostante, fermava il carro accanto ad un ruscello, scendeva dal carro e raccoglieva ramoscelli secchi per un piccolo fuoco. Seguiva il riempimento, con l’acqua del ruscello, di un grosso barattolo vuoto che portava sempre con sé appeso accanto alle botti, la messa dell’acqua a bollire sul fuoco, accanto al quale collocava un paio di grossi pomodori maturi, non troppo vicini perché non bruciassero. Quando l’acqua bolliva, non rimaneva che mettere gli spaghetti a cuocere ed affettare, con il coltello a serramanico (che non mancava mai in caso di cattivi incontri) uno spicchio d’aglio a fette sottilissime.

spaghetti alla carrettiera. Photo credit: agoramagazine

Cotta la pasta, bastava colarla con l’aiuto di una forchetta, gettarvi le fettine d’aglio e il pomodori ormai cotti spellati e a piccoli pezzi: gli spaghetti alla carrettiera, conditi con un filo d’olio tratto da una piccola bottiglia conservata nel taschino della giacca di fustagno senza maniche, erano pronti. Alla fine una lavata al barattolo nell’acqua del ruscello mentre il cane, finito di mangiare il pane duro bagnato, rincorreva gli uccelli e via di nuovo con il carretto per tornare al paese.

Oggi la ricetta prevede l’aggiunta di tonno o di funghi: nessuno si chiede dove il carrettiere trovasse ( o dove cuocesse) i funghi o da dove traesse il tonno a quel tempo non venduto in piccole scatole ma solo in grandi recipienti. Misteri della cucina televisiva.

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Mario Pacelli

Mario Pacelli è stato docente di Diritto pubblico nell'Università di Roma La Sapienza, per lunghi anni funzionario della Camera dei deputati. Ha scritto numerosi studi di storia parlamentare, tra cui Le radici di Montecitorio (1984), Bella gente (1992), Interno Montecitorio (2000), Il colle più alto (2017). Ha collaborato con il «Corriere della Sera» e «Il Messaggero».

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