Hanno tutti lo stesso sguardo: occhi grandi di chi deve ancora scoprire il mondo. Di chi si affida. Di chi ha paura. Di chi è smarrito.
Occhi di bambini vivi in quell’attimo, in quel fermo immagine, scomparsi nel nulla. Prima c’erano poi non più.
Dove finiscono i bambini scomparsi in Italia? In molti non sono mai stati ritrovati. Non succede nei film, nelle fiction, nei romanzi ma nel nostro mondo, nell’era fantastica della tecnologia, dove le macchine potranno raggiungere tutto ma non loro. I bambini rapiti, scappati o perduti dove sono finiti? Come e dove staranno? Sono soli? Sono vivi o morti?
A queste terribili domande siamo chiamati a rispondere e a riflettere su quello che offriamo ai bambini, non solo ai nostri ma a tutti. Noi che siamo preoccupati solo di rendere questo mondo sempre più rispondente ai nostri egoismi, individuali e collettivi, con interventi mirati al nostro benessere di adulti.
Il 25 maggio, a richiamarci a queste riflessioni, concorre la giornata celebrativa rivolta “ai bambini scomparsi”.
Una data che s’inserisce nelle oltre 140 giornate dedicate e calendarizzate dalle Nazioni Unite per celebrare e sensibilizzare l’opinione pubblica e i Governi su temi di rilevanza speciale, quale appunto e drammaticamente quello dei piccoli scomparsi.
Una ricorrenza che, diversamente ad altre che sono diventate celebrazioni e feste contemporaneamente, come ad esempio quella dell’8 marzo (delle donne), si lista a lutto e va a ricongiungersi con quella contro la tratta di esseri umani e quella dedicata all’infanzia.
In relazione a queste date l’opinione pubblica, non sempre informata, ritrova un elemento di fratellanza, un impegno che non essendo governativo non può che manifestarsi con la partecipazione. Nel modo consentito da spazi sociali, di studio, di cultura a cui un popolo può attingere ed alimentare partecipazione, conoscenza e umanità del sapere.
La celebrazione del 25 maggio invece scivola in sordina nella coscienza collettiva e, forse, non può che essere così rispetto ad un tema così doloroso.
I minori scomparsi, che moralmente sono anche i nostri figli, hanno una fascia d’età da 0 anni in su.
Esseri umani a cui viene sottratto il diritto alla vita, alla crescita, alla speranza senza che abbiano la minima responsabilità personale.
Fra i tantissimi bambini che non rispondono più all’appello, potremmo citare alcuni nomi che sono arrivati sulle pagine di cronaca, seguiti con apprensione da un’attenzione deviata spesso nella morbosità o nella strumentalità mediatica.
Forme di attenzione che non rispondono appieno alla necessità di sollecitare e sostenere le forze dell’ordine, le organizzazioni non governative e di volontariato, tutti coloro che operano per la tutela del mondo dell’infanzia.
Il mondo dei piccoli scomparsi è il mondo di nessuno.
Di tutti loro di cui si sono perse le tracce, bambini o adolescenti, e che scomparendo sono diventati invisibili.
Un fenomeno orribile che pure non tutti i Paesi riconoscono come prioritario, pur essendo corresponsabili nel non frenare e punire sufficientemente le cause e gli scellerati che determinano questo fenomeno.
Perché i minori che scompaiono, siano sottratti da un genitore, rapiti da un malintenzionato o pedofilo, migranti, sfruttati, usati ed abusati non hanno strumenti di difesa ed è la società che deve soccorrerli.
Storie d’infanzia scomparsa da non dimenticare.
E il 25 maggio ci richiama al dolore e al dovere.
Siamo noi che dobbiamo sentire ed accogliere il loro urlo silenzioso di disperazione e di aiuto. Non constatare-accettare, che, nel mondo in cui sono nati, li abbiamo fatti nascere, di molti non si saprà mai più nulla.
Essi non sono solo bambini ma persone e come tali vanno protetti e rispettati.
A loro lo dobbiamo perché la prima volta che hanno aperto gli occhi hanno visto noi, che dovevamo accoglierli e proteggerli.
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