A proposito delle regionali in Emilia Romagna: chi ha perso, non perda la lezione.
“Quando si parte il gioco de la zara
Colui che perde si riman dolente
Repetendo le volte e tristo impara;
Con l’altro se ne va tutta la gente
Qual dinanzi e qual di dietro il prende
E qual dallato li si reca a mente
El non s’arresta e questo e quello intende;”
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(Dante, Purgatorio, canto VI vv 1-7)
Quando si allontanano i giocatori della zara, quello che perde si sofferma dolente, ritentando i lanci e impara tristemente, tutto il pubblico se ne va con l’altro: uno gli cammina davanti, un altro lo tira dietro, un altro di lato gli fa notare la sua presenza; egli non si ferma e sta ad ascoltare questo e quello.
In questi versi famosissimi si immortala in modo efficace la realtà di un vincente (si sa, tutti salgono sul carro del vincitore), acclamato dalla folla, e la realtà di un perdente che Dante descrive pensoso e fermo a riflettere sulle ragioni della sconfitta ripassando nella mente tutte le “mosse” più decisive della partita per individuare l’errore, il passaggio non corretto che ha compromesso la vittoria.
È questo l’atteggiamento più opportuno che, in caso di sconfitta, ciascuno dovrebbe far proprio perché quando si perde bisognerebbe almeno non perdere la lezione.
Buona parte del dibattito politico post elettorale, invece, si è concentrato sui vincitori: ciascuno ha espresso la sua personale teoria fatta di bei consigli e di proposte-ricette per immancabili successi futuri.
Si è parlato di strategie nuove, di volti nuovi, di imbarcazioni da sostituire più che da riparare, ognuno ha espresso la sua opinione.
Io, forse per deformazione personale, sono interessata al perdente, non perché simpatizzi per Salvini, tutt’altro, ma perché sono attratta sempre dai più deboli, per la mia propensione a stare sempre con gli ultimi e Salvini in questa circostanza fa parte di questa categoria anche se non lo ammetterebbe mai. Sono anche interessata alla politica vista come una particolare forma di comunicazione che, in assenza di buon senso e moderazione, può degradare a livelli di bassa lega e mettere a rischio decenni di cultura democratica.
Quindi, pur soddisfatta dei risultati in Emilia Romagna, la mia riflessione punta a comprendere le ragioni di un insuccesso che appariva non solo improbabile ma quasi impossibile. Interrogarsi sul perché di una sconfitta è indispensabile per evitare di commettere gli stessi errori, così come è deleterio per uno sconfitto mostrarsi soddisfatto delle scelte fatte, affermare di essere disposti a rifare tutto daccapo e dichiararsi vincente a dispetto di tutto e di tutti.
Bisognerebbe convincersi che qualcosa è andato male, riconoscere che a perdere è stata una brutta politica, una politica di basso profilo che ha seguito gli istinti più bassi, una politica a base di brutti scherzi al citofono, di atti da vero bullismo che sarebbero ridicoli se non si analizzassero circostanze e persone, una politica di strumentalizzazioni a danno di bambini già tristemente sfortunati, una politica rudimentale nella sua aggressività, incivile e incolta, da far paura, ma soprattutto, una politica costruita su parole al vento senza alcuna concretezza.
Recuperare il senso della misura e comprendere che il limite della decenza non deve essere superato mai è già un primo passo per chi aspira al successo ma soprattutto a ricoprire ruoli istituzionali.
Non si tratta neanche di rosso o nero, di destra e di sinistra, si tratta di recuperare l’essenza stessa della politica che, quando è ben fatta, è la più nobile delle arti, punta ad unire e non a dividere, garantisce rispetto, educazione e mitezza di parole e atteggiamenti.
Per tutto questo appare indispensabile ritornare al dibattito costruttivo che è l’essenza stessa della politica, ad un dibattito moderato, dove le parti in campo si possono confrontare civilmente nel rispetto di ogni singolo cittadino-elettore che è chiamato a scegliere tra progetti e programmi seri e non per il meno peggio. È questo che gravemente accade nelle democrazie malate: si vota CONTRO non PER.
E comunque non deve sfuggire che, per quanto finora scritto, i consensi che la destra salviniana guadagna, almeno nel mio SUD, sono espressione di voti “emozionali”, manovrati da politici continuamente riciclati in cerca di facili vittorie, pronti a salire sul carro del vincitore ma anche a scendere a seconda delle convenienze individuali e comunque incapaci di esprimere una progettualità seria volta davvero al cambiamento, come si garantisce dai pulpiti di piazza, ma solo abilissimi a guidare la massa e ad approfittare del suo latente, endemico disagio, a cui la sinistra non ha saputo finora trovare risposte.
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