Un viadotto dell’autostrada Torino-Savona è crollato per effetto della pioggia battente sulla zona. L’evento segue, dopo quindici mesi lo schianto del ponte Morandi a Genova avvenuto in una giornata di maltempo di pieno Ferragosto.
Inquietanti domande sono rimbalzate sulla stampa e in radio-televisione da parte di giornalisti italiani e stranieri: sciatteria, incuria o difettosa costruzione da parte di imprenditori? V’è chi ha rilevato che, in Italia, costruttori disonesti (non solo di strade), possono confidare in un ordinamento giuridico particolarmente favorevole alla frode. Con una serie di presunti ostacoli alla concessione di licenze e di autorizzazioni si sostiene di combattere la corruzione, ma in realtà la si alimenta: gli intoppi burocratici sono agevolmente superati da “mazzette” date, sottobanco, a funzionari corrotti. Inoltre, la nostra Costituzione, a differenza di quella degli Stati non proprio indulgenti con i rei, è ispirata al principio dell’emenda, idest del perdono dei reprobi che in carcere diano prova di buona condotta. E nei Paesi “misericordiosi” non è facile da combattere la corruzione, che anzi è alimentata dai pannicelli caldi di processi che finiscono con il generare soltanto bolle di sapone.
Purtroppo, i ponti “a rischio di perdita di staticità” continueranno a essere costruiti soprattutto per effetto dell’alibi dei pochissimi soldi che l’Unione Europea ci consente di dedicare agli investimenti anche in materia di appalti. E ciò, a causa delle misure d’austerità e dell’obbligo di pareggio del bilancio statale. I soldi dei contribuenti dell’Unione Europea sembrano destinati a garantire soprattutto l’eventuale default delle banche che danno mutui a imprese europee claudicanti e il sostegno alle organizzazioni non governative che curano il traffico dell’immigrazione, utile alle stesse imprese per pagare più agevolmente (per il basso costo della mano d’opera) i ratei del credito loro concesso.
Tutt’altro che campato in aria sembra il sospetto che l’Unione Europea, fiduciaria e longa manus dei finanzieri di Wall Street e della City (secondo una teoria piuttosto diffusa), dopo avere somministrato ai suoi Stati-Membri un’abbondante assunzione di “droghe” economiche (Euro da inghiottire con dosi d’acqua diverse da Paese a Paese, Trattato di Maastricht con la creazione di una Banca Europea, intrusioni costituzionali negli aspetti vitali del bilancio degli Stati e via dicendo) sia stata considerata, in ambienti poco corrivi, una madre generosa per alcuni “figli” prediletti dell’Euro-continente e pessima per altri, considerati “figliastri” e trattati, conseguentemente, in maniera diversa.
Restando in metafora, i tecnocrati di Bruxelles avrebbero consegnato del “cor di Federico ambo le chiavi” a francesi e tedeschi, lasciando in balia dei medesimi Paesi, bocconi ghiotti come l’Italia, un tempo grande potenza industriale e commerciale del mondo (prima, cioè, dell’assunzione delle droghe). Naturalmente, alcuni risultati dell’ingiustizia subita dal Bel Paese si sono visti subiti; altri sono ancora in fieri.
L’iper-commercio è passato in mano francese e gli Italiani, abituati a fare la spesa nei locali di Standa, Upim e via dicendo, si sono riversati nei centri commerciali Auchan, Carrefour, Leroy Merlin oltre che nelle boutique del lusso (italiane nel marchio, ma francesi nella proprietà) senza troppi traumi. Così come si apprestano, con animo lieto, a volare Lufthansa, sufficientemente stanchi della “storia senza fine” dell’Alitalia e dei costosi, ipotizzati salvataggi, puntualmente mancati, perché rivelatisi inadeguati e inutili.
Sarà agevole per gli abitanti dello Stivale (tranne che per i lavoratori che perderanno il posto) anche rinunciare ad acciaio e siderurgia, le cui industrie sono ritenute, dai padroni del Pianeta poco adatte alle nostre bellezze paesaggistiche oltre che (ma ciò è taciuto) dannosamente concorrenti con l’industria pesante franco-tedesca! Come della nota filastrocca, i discendenti dell’antica civiltà “greco-romana”, divenuta in forza del verbo religioso “giudaico-cristiana”, ritenendo blasfema la protesta contro le prepotenze di banche che sono (almeno) prevalentemente ebraiche o vaticane cantano in coro: Tutto va ben, madama la Marchesa!
Peccato, però, che qualcosa, ogni tanto turba la melodiosa cantilena: come il crollo di un viadotto.
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