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Ai malati NO-COVID chi ci pensa?

Il  COVID  è esploso di nuovo, in anticipo su ogni pessimistica previsione, con intensità superiore ad ogni attesa e rischia di travolgere il Sistema –Paese. I servizi sanitari regionali si stanno predisponendo al peggio che probabilmente deve ancora venire: reparti riservati, terapie intensive, addirittura Ospedali dedicati, Case di cura occupate in tutto o in parte, presidii sul territorio per diagnosi, assistenza domiciliare, alberghi COVID per le quarantene e poi tamponi antigienici, tamponi molecolari, con una disponibilità sempre più estesa, dagli Ospedali pubblici ai laboratori privati, ai medici di base e chissà anche alle farmacie.

La guerra è guerra: ne usciremo vittoriosi di certo, ma anche prezzo?

Ci sono tanti, troppi morti che pagano per tutti, perché c’è chi l’infezione se l’è andata a cercare nelle balere, nelle movide, nelle manifestazioni di piazza, nelle imprudenze dei negazionisti, e c’è invece chi pur proteggendosi non ha potuto evitarla, sui mezzi di trasporto per andare a lavorare, negli ospedali e cliniche dove il personale sanitario ha generosamente assistito i malati, nelle abitazioni dove gli anziani hanno pagato per il loro affetto verso i giovani conviventi che imprudentemente hanno portato il virus in casa.

Poi c’è il prezzo economico perché malgrado gli indicatori dell’Istat, di Moody’s, dell’Ue, il Paese è fermo o quasi, lo smart working ha bloccato la già poco efficiente macchina pubblica, gli sportelli bancari sono inaccessibili, i negozi vendono poco o addirittura chiudono, la ristorazione è sull’orlo del baratro. Del turismo e servizi annessi è meglio non parlare! Lo sforzo degli ultimi DPCM è stato chiaramente quello di salvaguardare l’economia di base contenendo per quanto possibile la diffusione del virus.  

A primavera l’attenzione e le azioni conseguenti del Governo erano state  invece dirette primariamente alla salvaguardia della salute: dell’economia si tenne conto subordinatamente. Ora sembra di leggere il contrario perché il lavoro e la produzione non si possono fermare e per la salute si farà il possibile.

Ma c’è un altro prezzo che gli italiani stanno pagando e per evitare il quale poco si fa, malgrado non poche voci gridino il pericolo che la salvaguardia della salute non è solo la prevenzione e la cura del Covid. Ci sono le altre malattie che negli scorsi anni in Italia hanno sempre fatto più di 600.000 morti, vecchiaia compresa. Di questi più di 200.000 per malattie cardiovascolari, parte delle quali insorte all’improvviso e perciò urgenti ed irrimandabili, quasi 200.000 per malattie neoplastiche che, a prescindere dai sintomi, rappresentano eticamente e biologicamente un’urgenza per circa 400.000 nuovi casi l’anno! Le malattie respiratorie invece erano responsabili di circa 50.000 morti: è ovvio che con il COVID, malgrado gli sforzi del Servizio Sanitario Nazionale queste ultime morti purtroppo raddoppieranno, ma è assai probabile che aumenteranno anche i morti per malattie cardiovascolari non soccorse tempestivamente e per cancro non curato. Aspettiamo con angoscia i dati in merito del 2020 e 2021. Qualcosa però bisognerà fare prima.

Il terrorismo sul COVID fatto dai bollettini di guerra della Protezione Civile e dagli organi di Sanità ed ampiamente pubblicizzati dai mass-media, hanno allontanato ogni altro malato dalle strutture di diagnosi e cura. Per assurdo si potrebbe concludere che la gente preferisca morire in casa per infarto o per tumore, piuttosto che contagiarsi in Ospedale, nei Pronto soccorsi e ambulatori, e conseguentemente rischiare di morire di COVID!  

Il verbo preferire ovviamente è improprio, ma purtroppo ben rappresenta quello che è successo e sta succedendo in questo drammatico 2020. Con poco ascolto i medici, le loro società scientifiche, gli ordini professionali, hanno alzato la voce al riguardo. In quasi nessuna città è stata alzata la bandiera dell’Ospedale NO-COVID che avrebbe ridato fiducia a chi aveva bisogno di altre prestazioni, in assoluta sicurezza.

Gli organi decisionali governativi, regionali, comunali, le ASL, le facoltà mediche, sono stati travolti dalla pandemia e stentano ad alzare la testa fuori dall’onda di piena e neanche riescono sufficientemente a spiegare che  rispetto ai tantissimi contagiati il numero dei malati è inferiore al 10% e quello di coloro che necessitano della terapia intensiva, ossia di assistenza respiratoria meccanica, è ben inferiore all’1%. La stampa grida i propri scoop: mancano i letti per gli infetti, non c’è sufficiente terapia intensiva per i malati gravi, quando invece la rete ospedaliera può resistere ad un carico 5 o 10 volte superiore a quello attuale, rianimazioni comprese.

Nessuno invece grida a favore degli altri malati condannati a soffrire ed a morire nel cordoglio familiare e nella indifferenza generale troppo occupata con la pandemia.  Non è allora tempo di correggere la rotta e tenere la barra dritta alla salvaguardia della salute di tutti i bisognosi?

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Eugenio Santoro

Presidente Fondazione San Camillo- Forlanini - Roma

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