Ai nostri eroi adolescenti.
Da nessuna parte ho visto un tributo in loro onore.
Con tutta la faciloneria con cui fino a tre mesi fa abbiamo detto loro: il mondo è vostro, andate e consumate! Oggi li abbiamo messi all’angolo.
Scusate, li abbiamo messi davanti ad uno schermo.
Con tutta la faciloneria con cui abbiamo proposto un modello di vita che già prima faceva acqua da tutte le parti, li abbiamo dimenticati lì.
Loro, donne e uomini non ancora né donne né uomini ci hanno guardato. In quell’età dove ci vedono ancora come semidei infallibili. Ma cominciano a dubitarne.
Per due mesi i nostri media, i giornali, le tv, online e non, hanno gridato Al lupo! Al lupo! Moriremo tutti. Moriremo ora. In una conta di numeri che sembrava solo salire. 1, 10, 1000… andando ai sei miliardi.
Quando era chiaro che non saremmo morti tutti, per un altro mese con la retorica che contraddistingue noi vecchi italiani, abbiamo gridato: la vita non sarà mai più come prima!
E mentre gli mandavamo questi messaggi, a loro spugne bambine già diventate grandi ma ancora spugne, dicevamo: Avanti! Tutto come prima! A scuola, davanti a uno schermo. Con gli stessi vetusti programmi, che non vi preparavano alla vita di prima figuriamoci alla vita di dopo! Ma avanti!
Sveglia alle otto, la prima videochiamata alle 9, le interrogazioni alle 14. Avanti!
Ma no! Non potete uscire! Non siete cani, la pipì la potete fare dentro casa.
E se uscite moriamo tutti!
Ancora una volta scegliendo noi per loro, scegliendo quello che faceva comodo a noi senza per un momento pensare al loro cervello in sviluppo. Ai loro di bisogni.
Mettendoli sei sette otto ore davanti a schermi per crescere. E poi per svagarsi.
Perché il loro mondo era già fatto di schermi, di Instagram, di Tik Tok, di Fortnite. Per svago.
E dall’altra parte, professori e professoresse impreparati verso una tecnologia che non maneggiano, che non conoscevano, uomini e donne spaventati come tutti noi ma che per qualche ora al giorno anche loro: Avanti! come se nulla fosse.
Nulla doveva tornare come prima, ma tutto è come prima.
E i nostri ragazzi si sono messi in fila, davanti ai loro schermi. Non una protesta. Non sono scesi in piazza come avrebbero fatto i loro amici degli anni 70 o scappati in moto come quelli degli anni 80.
Ci hanno dato credito. Tanto, tantissimo credito.
Si son fatti giudicare con voti e quant’altro per compiti fatti a casa nelle stanzette buie, come se tutto fosse normale mentre tutti dicevano che fuori nulla era normale. Da professori spaventati ancora più di loro.
Ma come si fa a giudicare? Come si fa a dare un voto?
Chi è più sensibile si era già chiuso nel suo mondo, nella sua testa, nella sua immaginazione. Chi era più furbo fa chat di gruppo con risposte di gruppo alle interrogazioni live e compiti di gruppo.
Lo sappiamo, lo sappiamo tutti. Ma a noi interessa solo che tutto vada avanti senza problemi per noi.
Scegliendo l’ignavia politica di decisioni che servono solo a creare giustificazioni per il Dopo, non risultati per l’Adesso.
Scegliendo di metterci a 20 a 30 in un autobus zeppo ma non in una classe di giovani donne e uomini.
Togliendo loro il diritto a riunirsi, a essere, a crescere.
Per non dover mettere in piedi protocolli, regole, modi nuovi. Per non dover far funzionare veramente le cose.
Per non dover obbligare professori, molto meno eroi di medici ed infermieri, che loro sì spaventati, non hanno nessuna voglia di uscire dalla comodità dei loro schermi, ora che hanno imparato ad accenderli. Sono anziani, loro. La vita è già passata. E per un tozzo di pane regalato dallo stato, lo stesso stato che vuole solo proteggere sé stesso, chi glielo fa fare di fare gli eroi?
E così due mesi il lockdown. Più due mesi di schermo la fase due. E poi finalmente le vacanze, due altri mesi di schermo perché i grandi non potranno essere in vacanza. Non avranno i soldi per una vacanza. O dovranno recuperare l’Economia del Paese! E loro, donne e uomini non più bambini, staranno ancora nel solo mondo che siamo stati in grado di dar loro: uno schermo.
Noi intanto stipati in un autobus, ma a due a due in negozio. A dormire con nostra moglie, ma separati da un plexiglass in un ristorante. Con la paura di chi ci governa di portare a casa la pelle e le prebende, che non si possa criticare o accusare loro.
Scegliendo di non fare, condannano tutti. Ma soprattutto loro, donne e uomini non ancora né donne, né uomini.
Un appello: a Scuola! Insieme. Maggio, Giugno, Luglio.
P.S. Non si vuole qui dimenticare i morti, tanti, e i problemi, molti, che hanno attanagliato questo periodo. Né sminuire il lavoro fatto dai tanti eroi adulti. Né dimenticare chi nemmeno aveva i mezzi per collegarsi online. Ma sono problemi dei grandi.
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