Fra le varie questioni sottoposte al nuovo esecutivo Draghi c’è il dossier Alitalia, discusso da giorni a Palazzo Chigi, alla costante presenza del presidente del Consiglio.
Una strategia in atto con l’intento di convincere l’Europa a sostenere il nuovo piano Alitalia e a sbloccare i 55 miliardi di ristori che servono ad azzerare i debiti della vecchia compagnia.
Un esecutivo “dei migliori” con delle notevoli lacune. Fra i dossier analizzati dal presidente Mario Draghi, il ministro dell’economia Daniele Franco, il ministro dei trasporti e infrastrutture Enrico Giovannini, il titolare dello sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e quello del lavoro Andrea Orlando, manca il dossier più urgente, dalla portata di 1500 dipendenti: il dossier Air Italy.
La compagnia nata ad Olbia nel 1963 dai finanziamenti di Karim Aga Khan e controllata al 49% da Qatar Airways, compagnia aerea qatariota, aveva divulgato fin dal suo esordio false promesse: nuovi aeromobili, più di 10.000 assunzioni, nuove rotte.
Nel 2016 l’allora governo Renzi, si era impegnato a siglare l’accordo fra Qatar Airways e Meridianafly, con l’onere di supervisionare l’operato dei due soci. A distanza di un anno, la nuova amministrazione, aveva raggiunto un passivo di 380 milioni di euro e prodotto una perdita di oltre 200 milioni. Questo induce a dedurre che il binomio fra la gestione fallimentare e la mancata sorveglianza da parte del governo siano state le principali cause del crack definitivo della compagnia aerea.
Ad oggi i dipendenti Air Italy, dimenticati dai media e dall’emergenza pandemica Covid-19, si ritrovano con l’acqua alla gola, a fare i conti con delle lancette troppo veloci e una deadline sempre più vicina.
I primi di febbraio, la società Abraxas Capital Management, guidata da Ludovico Filotto, con sede a Londra, ha espresso ai liquidatori Air Italy l’interesse di acquisizione nei confronti dell’intero comparto aziendale.
Una proposta seria e concreta che potrebbe ribaltare le tragiche sorti oramai scritte dei 1500 lavoratori, che fra soli tre mesi, nel pieno di una pandemia mondiale, pagheranno un prezzo troppo alto, professionalmente ed umanamente.
Il 30 giugno la cassa integrazione verrà interrotta, (anche se ad oggi ben poco è arrivato nelle tasche dei dipendenti) e ne conseguirà l’inevitabile passo successivo, il licenziamento, che porrà la parola fine ad ogni proposta o trattativa di acquisizione.
La seconda compagnia aerea italiana è stata cannibalizzata da gestioni pericolanti e fusioni deleterie, una sorte scontata e rivista, basti pensare al deludente accordo fra Alitalia e Etihad conclusosi nel maggio del 2017.
In questi giorni i dipendenti sono tornati in piazza per esigere risposte concrete: estensione degli ammortizzatori sociali e prospettive di rioccupazione future.
La politica non può permettersi di ignorare il disagio, la disperazione, la frustrazione negli occhi di chi ha creduto fino alla fine nel proprio lavoro. L’indignazione per delle professionalità qualificate che a breve verranno liquidate.
Il diritto di uguaglianza per una compagnia, che in un quadro politico attuale, passa in secondo piano alle problematiche Alitalia. Divari gestionali sempre più impareggiabili che continuano a delineare una linea definitiva fra dipendenti di serie A e dipendenti di serie B, senza pensare che non esistono lavoratori figli di un Dio minore.
A seguito dei fondi disposti dall’Unione Europea, la politica dovrebbe rilanciare il settore in maniera strategica, usufruendo del personale altamente qualificato già a disposizione, invece di restare immobile, catatonica, davanti alla demolizione dell’intero comparto aereo.
Le forze politiche di opposizione e le sigle sindacali hanno dato voce alla disuguaglianza e alla drammaticità che sta affliggendo i dipendenti Air Italy. Salvatore Deidda, deputato di Fratelli d’Italia, nell’intervista rilasciata durante la manifestazione del 25 febbraio a Montecitorio, ha espressamente dichiarato la sua vicinanza nei confronti dei lavoratori Air Italy, confermando il sostegno della causa in parlamento.
A pochi giorni dalla fine si attendono risvolti necessari e indispensabili per la salvaguardia dei 1500 dipendenti.
Solo il governo “dei migliori” può risanare il danno dei peggiori.
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