Nicolas Pariser, allievo di Erich Rohmer ha certamente assimilato, in maniera esemplare, la tecnica narrativa del suo grande Maestro: come lui, descrive la condizione umana con immagini evanescenti, con trame cromatiche intessute su pochissimi colori su cui domina il grigio, con dialoghi appropriati e conversazioni piacevolmente scorrevoli, serrate ma mai altisonanti, con un linguaggio cinematografico civile, urbano, contenuto, lieve, riservato, schivo, mirabilmente moderato sul piano espressivo. In simmetrica antitesi con quello fortemente irriverente, aggressivo e iconoclastico di grandi registi decisamente intemperanti, il suo cinema fa sorridere (senza irridere apertamente), fa riflettere con garbo, umorismi e senza drammi meno che mai gridati, sulle inquietudini della vita odierna.
A differenza di Rohmer che concentrava la sua sottile analisi sui rapporti sentimentali dei giovani di ambo i sessi nell’età verde, Pariser si concentra su temi più politici che riguardano sempre i giovani della sua Francia ma che non sono diversi da quelli di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.
I problemi che il regista affronta a volte con visione politica chiara altre volte confusa possono così enuclearsi:
Il bel film di Pariser, pur con i suoi innegabili vuoti di approfondimento politico (ma si tratta di un film e non di un saggio sui mali Europei), ci fa avvertire la mancanza di sensibilità politica che caratterizza i nostri autori cinematografici (e non solo di essi).
Forse, salvo che per la Francia, dove le proteste dei “gilet gialli”, dei vigili del fuoco e film come quelli di Pariser inducono a pensare diversamente, l’intera Europa continentale difficilmente potrà uscire dal cul de sac in cui è precipitata se non si capirà prima in quale magma di idee confuse la sua realtà politica si trovi veramente.
L’Euro-continente si muove in un caos mentale dovuto alla cultura in esso dominante, racchiusa tra i due poli di religioni e di filosofie ugualmente astratte.
Sino a quando non saranno chiari i confini e le differenze tra un nazionalismo esasperato d’impronta nazista e un sacrosanto recupero di sovranità statale, finanziaria e territoriale (sottratta agli Stati-membri da un’Unione Europea, sostanzialmente priva di guida politica e succube di tecnocrati delle Banche) per ridare fiato, con investimenti produttivi, alla libertà d’iniziativa economica degli individui, gli eurocontinentali amanti della libertà dovranno battere il passo anche in quei Paesi dove c’è chi comincia a capire (a differenza che in Italia) quale debba essere la battaglia da combattere, ponendosi sulla linea dei Conservatori inglesi e dei repubblicani statunitensi.
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