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Anche Zingaretti si infuria

Cosa nasconde la improvvisa drammatizzazione impressa dal segretario del PD? Per di più con parole poco consone al suo carattere tollerante ed educato.
Aggiungendo che egli, da un paio di anni, ha un controllo del partito ampiamente maggioritario.

Il PD, in questa fase di commissariamento della politica, appariva in pausa di attesa di preziosi chiarimenti sui versanti della efficacia del governo e della svolta organizzativa dei 5Stelle.
Di solito quando tutto ciò che ti circonda è in una evoluzione vivace se non drammatica, è meglio stare fermi.
Personalmente non avevo avuto l’impressione di un livello di polemiche interne ai Democratici superiore alla norma (che notoriamente è molto alta).
Credo che il Segretario (e il suo imponente guru) si siano trovati a corto di idee e si siano fatti prendere dall’ansia.
Come noto la politica non ha niente di scientifico. A farle perdere la testa è sempre una ragione emotiva. Come ad esempio un sondaggio che certifica che l’assunzione della guida dei Pentastellati da parte di Conte provocherebbe una loro miracolosa rinascita e un parallelo crollo dei Democratici.
Zingaretti è una persona per bene e intelligente e non può non sapere quante notizie ancora manchino per esprimere una realistica previsione di quello che capiterà al movimento di Grillo. Anzi il loro livello di inimicizia e di disistima reciproco fa presagire una difficile coesistenza.
I 5Stelle con il reddito di cittadinanza sembrano avere esaurita la lista dei progetti a disposizione e non sanno bene su che quesiti esercitare la democrazia diretta.

Mi sembrerebbe quindi ragionevole prendere atto che la più recente strategia del PD è stata semplicemente sbagliata.
Primo: promuovere Conte a eroico propulsore di una sinistra unita, rinnovata e vincente. Non mi pare corrispondere alle circostanze e comunque lo valorizza oltre i suoi meriti.
Conte in questi anni non ha fatto altro che gli ortodossi interessi dei Pentastellati, mai avendo il coraggio o la fantasia per mediare, fare sintesi tra alleati (vedasi, per fare un esempio, il MES).
Secondo: dare l’impressione di non avere condiviso la soluzione di Mattarella della crisi (con il mancato incarico a Conte e la nomina di Draghi). Del nuovo governo apparire il più tiepido sostenitore, più tiepido dei veri spiazzati: Lega e 5Stelle.
Terzo: io apprezzo che Zingaretti si ponga il problema di una alleanza di centrosinistra che sappia finalmente competere con quella già efficacemente in campo nel centrodestra ma -se pensi che ci siano queste condizioni- devi batterti allora per una legge elettorale maggioritaria e non diventare il paladino del proporzionale.
Quarto: siccome non sei né un partito classicamente di sinistra né organicamente di centro, o trovi un partner più connotato (i Grillini si dichiarano post ideologici e molti sembrano di destra) oppure lavori a creare un moderno e per certi versi inedito contenitore interclassista, uscendo dalle parodistiche rappresentazioni di indistinti e onnivori “ceti medi” e “partite iva”.
Per fare qualche esempio: non ci sono più gli operai ma tecnici più o meno specializzati, non i contadini ma imprenditori agricoli grandi e piccoli, ci sono i patrioti gli europeisti e i globalizzati, gli incolti i colti e gli intercolti (gli interdisciplinari), i poveri i ricchi e i “diversamente” ricchi (coloro che non legano ogni loro soddisfazione al solo livello di reddito), gli esclusi gli inclusi e chi vuole essere lasciato in pace fuori dalla competizione.

E pensare che il Segretario del PD era l’unico che aveva capito tutto quando, dopo l’autogol di Salvini al Papeete e la fine molto prematura del governo giallo verde, voleva andare al voto.
Non ci sarebbe stata la scissione di Renzi e ci sarebbe stata la presa d’atto -un solo anno dopo il trionfo elettorale- che governare è difficile per chi è esperto solo a mandare tutto e tutti a quel paese (senza poter più usare il “vaffa” poco governativo).
Doveva capirlo subito di essere nel giusto quando a inventarsi il governo giallo rosso fu il suo tormentatore ed assillo Matteo Renzi.

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Gianluca Veronesi

Nato ad Alessandria nel 1950, si laurea in Scienze Politiche, è Consigliere comunale ad Alessandria per tre legislature, Assessore alla cultura ed al teatro, poi Sindaco della città. Dirigente Rai dal 1988 al 2018, anni in cui ricopre vari incarichi:Assistente del Presidente della RAI, Direttore delle Pubbliche relazioni, Presidente di Serra Creativa, Amministratore delegato di Rai Sat. E' stato consigliere dell’istituto dell’autodisciplina Pubblicitaria e del Teatro Regionale Alessandrino.

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