Riprendere la strada dello sviluppo non sarà facile. Abbiamo di fronte un lungo periodo di stagnazione, di economia lenta. La slow economy può essere una opportunità. Slow economy vuol dire economia lenta: deve diventare economia sostenibile. Cosa fare? Dobbiamo voltare pagina: ci vuole fantasia e innovazione.
Dobbiamo orientarci al futuro, evitando di tornare su strade già percorse i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti. Venti anni di ingenti investimenti europei hanno contribuito nel nostro Paese a conservare un sistema frammentato di piccole imprese agricole, un numero sproporzionato di aziende di trasformazione, una produzione che non soddisfa nemmeno il fabbisogno nazionale, un prezzo che non corrisponde al valore del prodotto, e sempre più spesso fuori dalla logica di libero mercato. Questa notevole massa di fondi europei investita nei paesi che si affacciano sul mediterraneo, invece di darci un mercato sano ed equilibrato, ha avuto come risultato un forte squilibrio di produzione fra l’Italia e gli altri paesi produttori e quindi ha determinato le condizioni di una concorrenza solo sul prezzo.
Ma c’è un altro corno del problema. La qualità. Se la qualità è una aspirazione del consumatore quando acquista una automobile, un cellulare o un abito, la qualità diventa un suo diritto quando acquista ciò che mangia. E ciò per la semplice ragione che il cibo incide in modo decisivo sulla sua salute. La ricerca medica di ogni latitudine ha posto la condizione di una alimentazione sana come prima e determinante forma di prevenzione. Un terzo della mortalità nel nostro paese è causata da malattie cardiocircolatorie dovute ad un tasso alto di colesterolo. Insomma l’imperativo è cambiare le regole. Perché se l’esperienza ci dice che un mercato senza regole può determinare delle crisi, sappiamo però che un mercato con regole sbagliate è un vero disastro per le imprese e per i cittadini.
In questo contesto Moondo con Artisan Post riapre una riflessione sullo sviluppo della Micro e Piccola Impresa agroalimentare promuovendo un confronto sulle dinamiche del mercato, le modalità di scelta e acquisto del consumatore, i fenomeni distributivi tradizionali e innovativi. Una riflessione su consumi e distribuzione per identificare sistemi di promozione e marketing centrati sul prodotto agroalimentare in linea con le attuali dinamiche di mercato e i nuovi bisogni del consumatore. Determinate le parole chiave che definiscono il moderno rapporto consumatore-cibo (salute, benessere, felicità) si apre una riflessione sulle modalità dell’offerta. E quindi una ricerca su quali possono essere le forme e i modi di un necessario diverso rapporto fra produttore e distributore.
Partendo dal connubio produttore/prodotto si innesca una reazione a catena che vuole ripensare i sistemi di filiera secondo logiche di efficienza, economicità ed innovazione. Partendo dall’impresa artigiana produttrice di cibo che investe su intelligenze, cultura e tradizioni per realizzare un manufatto che, nel vastissimo panorama delle produzioni agroalimentari regionali, rappresenta un’unicità. Questo mix di buone pratiche, gusti e tradizioni deve essere tradotto in soluzioni commerciali capaci di esprimere l’essenza del prodotto ed essere comunicato al consumatore. Da qui si vuole partire per una ricerca sullo scenario distributivo che da un lato vede la Grande Distribuzione impegnata in strategie di “convenienza” che non guardano più solo al prezzo e dall’altro, un dettaglio tradizionale che in modo individuale e asistematico esordisce con specializzazioni che non creano un meccanismo collettivo di attrazione. Una analisi e una ricerca che non può non investire il filone della distribuzione digitale con un eCommerce che nel comparto agroalimentare vede continue soluzioni innovative per intercettare un consumatore sempre più vicino al mondo digitale.
È necessario dar vita ad un movimento di opinione capace di rivendicare la qualità del cibo come un diritto di tutti. Ma ciò non può nascere spontaneamente. Tocca agli artigiani che producono un cibo buono, sano e nutriente. L’alternativa all’attuale stato delle cose sta nell’imprimere una svolta nelle politiche dell’associazionismo imprenditoriale per restituire il giusto valore al sistema delle piccole e medie imprese dell’agroalimentare artigianale.
Negli scritti di Pico della Mirandola è centrale la figura dell’homo faber come colui che cerca l’autonoma creatività. Una cultura che impronta il lavoro degli “Artigiani del Cibo”. L’homo faber del terzo millennio è un moderno artigiano che padroneggia tutte le fasi della creazione di un prodotto. Per l’imprenditore artigiano, l’orgoglio di un lavoro ben fatto, può valere più di quanto rende. È il suo codice etico. E l’etica è intrinseca al prodotto alimentare e ai suoi processi.
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