Caro Mario,
come osservi nel tuo editoriale su Bettino Craxi “le sconfitte in politica vanno messe nel conto” soprattutto quando la posta in gioco riguarda l’equilibrio dei poteri nella società democratica messi in discussione da quella politica riformista che il leader socialista voleva affermare e alla quale fu costretto a rinunciare “per la contrarietà opposta dalla DC”. E concludi “forse quanto sta accadendo oggi è anche frutto di quella sconfitta”.
Già nel 2005 il mio caro amico Antonio Ghirelli scriveva “basta riflettere al pauroso declino politico, economico e culturale che ha segnato gli ultimi dieci anni della nostra storia, per rendersi conto che l’amara ingiustizia patita da Craxi si è risolta in una perdita secca ed irreparabile per tutto il Paese.” Sappiamo che è una iattura far fare i salti alla storia: fino a quando non saremo capaci di riscriverla, ricucendo lo strappo di tangentopoli, per gli italiani non ci potrà essere alcuna certezza di ordinato sviluppo.
È un errore che abbiamo compiuto più volte nella storia recente del nostro Paese: penso al ’68 e alla lotta armata delle brigate rosse, penso alla morte di Moro. Se l’establishment, le lobby e soprattutto la classe dirigente cattolica avesse capito le ragioni del rapimento di Aldo Moro e poi il suo assassinio forse non avrebbe ostacolato il progetto craxiano della Grande riforma e la storia politica della fine del secolo scorso avrebbe avuto un altro destino.
Al contrario scelse la scorciatoia di far saltare il banco. Un uomo libero, forte di una grande dignità, fu subdolamente eliminato, mentre i partiti aggrediti e divisi si arresero. Una parte passò subito dall’altra parte mentre il resto bruciò sul rogo. Come si fa a non vedere i guasti profondi che si sono prodotti nel tessuto civile e culturale del nostro Paese!
La crisi della democrazia rappresentativa, l’insorgere dell’antiparlamentarismo e del populismo, il popolo contro le élite, il disprezzo razziale, l’invidia sociale, le teorie della decrescita, la crisi di fiducia e della economia solo per citare alcuni dei fenomeni più vistosi e rilevanti che si manifestano e crescono nella comunità nazionale fino al limite dello sfascio sociale. “Il futuro dell’Italia corre il rischio di essere dominato dalla plutocrazia e dalla videocrazia – scrive Craxi dall’esilio di Hammamet – con il loro seguito di mani visibili e invisibili. Senza saldi contrappesi democratici, questa è la vera piovra che incombe su di una società che crede di essere libera, ma che, per tanta parte, non lo è più. Una delle conseguenze di una falsa rivoluzione senza rivoluzionari.” Sono trascorsi diciannove anni dalla sua scomparsa ma la sua analisi politica ha ancora una forte attualità.
P.S. Era trascorso un anno dalla sua morte e gli volli rendere omaggio recandomi sulla sua tomba e successivamente andai a salutare sua moglie Anna nella casa di Hammamet. Una casa come tante altre, come la casa di Milano a via Foppa, come la stanza che occupava a Roma all’hotel Raphael, nel segno della modestia e senza alcun lusso. “La molla di Craxi non era l’arricchimento personale, ma la politica. Finché non ci sia la prova di una corruzione personale, e non c’è, è un dovere dare a Craxi quel che è di Craxi”, disse a quel tempo il procuratore Gerardo D’Ambrosio, uno dei più autorevoli magistrati milanesi. Nessuno ha mai potuto provare in un’aula di tribunale che Craxi fosse corrotto se non utilizzando il teorema “non poteva non sapere” degli episodi di finanziamento occulto del suo partito.
Craxi era molto malato e, per salvarlo, avrebbe dovuto essere curato in Italia. Il governo D’Alema propose un rientro condizionato “…Torno soltanto da uomo libero… Piuttosto muoio qui, in Tunisia…” fu la risposta. E in quel suo ultimo no c’era tutto Bettino Craxi, pronto a mettere in gioco la sua stessa vita, pur di non subire l’umiliazione di una ingiusta carcerazione.
Credo che sia giunto il tempo di riabilitare Bettino Craxi riconoscendone l’innocenza. Sarebbe un atto di giustizia ed anche l’evento con il quale ricucire lo strappo di tangentopoli restituendo tutta la dignità che merita la classe politica della prima repubblica che dopo aver ricostruito l’Italia le fece poi conquistare una posizione di grande prestigio quale quinta potenza industriale del mondo. C’era una volta…
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