Per la prima volta dopo quarant’anni Cesare Battisti ha confessato i quattro omicidi e le tre gambizzazioni per cui è stato condannato in via definitiva. Lo ha fatto davanti al pm della Procura di Milano Alberto Nobili che sabato e domenica lo ha interrogato per nove ore nel carcere di Oristano. «Ammetto tutto, ma, per scelta personale, non farò il nome di nessuno. Mi rendo conto del male che ho fatto e chiedo scusa ai familiari delle vittime», avrebbe detto l’ex terrorista dei Proletari Armati per il Comunismo che finora si era sempre dichiarato innocente e ora ha invece ammesso di aver partecipato ai due omicidi di cui è stato esecutore materiale e agli altri due per i quali è stato riconosciuto mandante.
«Quando ho ucciso, per me quella era una guerra giusta» ha aggiunto Battisti al pm, e ha spiegato che l’ammissione dei crimini è «una scelta personale» che non avrebbe niente a che vedere con la possibile concessione di eventuali benefici penitenziari. D’altronde, ha chiarito lo stesso pm Nobili, «non siamo noi della Procura gli interlocutori di Battisti. Della sua esecuzione pena se ne occupano magistratura di sorveglianza e la Procura generale».
I non pochi intellettuali, italiani e francesi, che hanno negli anni difeso il terrorista-scrittore, raggiunti dai giornali, hanno insistito nella tesi che le condanne di Battisti siano ingiuste. I quattro omicidi sono quelli del maresciallo degli agenti di custodia Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978; quello del gioielliere Pierluigi Torregiani e del commerciante Lino Sabbadin, che militava nel Msi, uccisi entrambi da gruppi dei Pac il 16 febbraio 1979, il primo a Milano e il secondo a Mestre; e quello dell’agente della Digos Andrea Campagna, assassinato a Milano il 19 aprile 1978.
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