La mia nota redazionale di oggi non è veramente tale. Dovevo scrivere l’epilogo del mio ultimo romanzo (“L’albero dell’ignoranza” – “Tutti promossi a fine anno”) che consegnerò al mio editore “Avagliano” entro la fine dell’anno (dopo la pubblicazione del saggio “Elogio del pensiero libero” che uscirà a giorni) ed ero costretto a sottrarre necessariamente tempo alla mia attività giornalistica. Ho avuto, quindi, l’idea di affidare le pagine di tale epilogo a “Moondo.info” e a “Rivoluzione liberale”. Eccole:
Adele e Mirella erano state abbastanza longeve per assistere al redde rationem dell’abbassamento del livello culturale e del degrado progressivo della vita collettiva italiana in tutti i settori, soprattutto pubblici. I giovani dotati di capacità intellettive superiori alla media prendevano la strada degli studi all’estero. Nel “Bel Paese” restavano “gli scarti” e lo Stato assumeva sempre di più le caratteristiche di una Repubblica delle Banane, di tipo sudamericano. A ogni livello, politico, amministrativo, civile e religioso imperversava una corruzione diffusa e crescente, mai disgiunta dall’incapacità e inettitudine al governo dei soggetti agenti.
Al Parlamento giungevano rappresentanti del popolo poco distanti dal semi-analfabetismo e del tutto inidonei a scrivere le leggi in accettabile italiano. I Governanti, espressi dalle Camere legislative, erano della stessa, infima risma. I giudici e i pubblici accusatori riuscivano, con poche nozioni malamente assimilate in Università nelle mani di docenti “sessantottini” o comunque ignoranti o in mala fede, a divenire gli arbitri incontrollati e incontrollabili della vita di ogni cittadino. Tutto ciò era ancora indicato con i termini “libertà” e “democrazia”.
Se la Chiesa cominciava ad avere i suoi problemi (non per gli effetti dell’ignoranza alimentata dalle sue scuole parificate né per i soprusi della sua Banca, IOR, ma per le pratiche di omo o pedofilia dei seminari ecclesiastici e dei conventi), i gestori privati di scuole parificate divenute “paritarie” non desistevano dai loro intrallazzi ministeriali per continuare ad avere per tutti i loro studenti e allievi la promessa “promozione” di fine anno. Per le due amiche che pure avevano vissuto l’esperienza del fascismo, della guerra, della sconfitta, del declino inarrestabile dell’economia dopo alcuni Trattati dell’Unione Europea, particolarmente suicidi per gli Stati-membri, il ricordo degli anni del boom economico (il cosiddetto “Miracolo italiano”), dell’Italia assisa nei consessi delle maggiori potenze industriali del Pianeta diventava sempre più lontano nel tempo.
Le ultime pagine del Diario di Adele parlavano della schizofrenia e del parossismo che avevano colpito gli Italiani dopo che gli stessi erano stati delusi dalle false promesse dei democristiani, filo-clericali e codini, delle affermazioni di onestà dei comunisti e dei fascisti, tradite dai loro stessi comportamenti (atti di ladrocinio) al governo dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni, delle pubbliche Istituzioni e nella vita privata (approfittando di cariche pubbliche).
Disperati e affranti, gli abitanti dello Stivale avevano creduto di poter “essere salvati dai ragazzini” e avevano affidato il governo della res publicaa poco più che imberbi venditori di birra negli stadi, a cultori di arti marziali, a comici di bassa lega, a equilibristi mediatici su piattaforme instabili, a mediocri e infidi accademici di poco acume e scarsa competenza, a sedicenti Celtici invasati dal culto di riti fluviali, uniti tra di loro in un’alleanza definita giallo-verde.
Il risultato era stato un disastro, peggiorato solo da un’intesa successiva di segno diverso e contrapposto tra comunisti di data vecchia (PD) e più recente (Movimento Cinque stelle e Italia Viva), uniti in un connubio tempestoso e rissoso, sempre sull’orlo dello scioglimento traumatico e tenuto insieme solo dalla volontà di non abbandonare le poltrone ministeriali e i seggi in Parlamento.
All’incompetenza ormai inconfutabile dei reggitori della res publica si aggiungeva la mala fede (verosimilmente, ben retribuita) dei commentatori politici. Adele e Mirella erano meravigliate dall’insulsaggine delle dichiarazioni ufficiali, dalla falsità o dall’ipocrisia delle notizie e dei commenti dei giornalisti della carta stampata e della radiotelevisione, dalle conversazioni che le due amiche ancora non si erano stancate di ascoltare nei salotti di una borghesia tanto ottusa quanto pretenziosa e presuntuosa da ritenersi idonea a discettare di tutto e di tutti, senza mai approfondire nulla.
Il Paese, a giudizio di Adele, s’era legato le mani e i piedi, costringendosi a vivere nell’atmosfera asfittica dell’Unione Europea. E ciò, nella pervicace convinzione di essere, in tal modo, fedele ai Padri Fondatori e senza rendersi conto che, invece, proprio questi ultimi erano stati traditi dai burocrati di Bruxelles, strettamente controllati dalla Finanza newyorchese e londinese, con una serie di misure che quei gentiluomini di altri tempi non avrebbero mai avallato: estensione del numero dei partecipanti a venti otto (tra cui Paesi di dubbia consuetudine alla democrazia), inserimento coattivo nella libera Costituzione degli Stati di norme autoritative e illiberali, impeditive della loro libertà in materia economica e finanziaria, misure restrittive per gli investimenti e via dicendo.
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