Oggi Roma, la Città Capitale rende omaggio ad un suo celebre cittadino. Televisioni e giornali hanno dato voce al dolore dei romani e del pubblico italiano, attraverso interviste e dichiarazioni di suoi compagni di lavoro per elogiare e ricordare le grandi qualità artistiche e umane di Gigi Proietti. E le tante iniziative per restituirgli il teatro Brancaccio che gli fu sottratto con una “mascalzonata” e quelle per lasciargli l’amato Globe Theatre a cui ha dedicato gli ultimi anni di vita per dare alla sua città un sogno realizzato.
Per me Gigi è stato un amico che mi ha regalato grandi successi e gioia di vivere e condiviso il mare di Ponza.
Abbiamo iniziato il rapporto con la Rai negli stessi anni e insieme. Io ero stato assunto dalla Rai nel 1966 vincendo un concorso pubblico per 25 posti di funzionario programmi e un pomeriggio un compagno di studi mi propose di andare a vedere uno spettacolo teatrale in una piccola sala nelle vicinanze di Piazza Mazzini.
Ci trovammo la sera in un sottoscala dove aveva sede il Teatro dei 101, un gruppo sperimentale diretto da Antonio Calenda, in cui si rappresentava un testo di Corrado Augias “Direzione Memorie” con un attore protagonista, il giovane Gigi Proietti. Trovai interessante il testo e straordinaria la recitazione per cui alla fine dello spettacolo ci fermammo a parlare con lui.
Aveva esordito in televisione nello sceneggiato “I grandi camaleonti” di Edmo Fenoglio. La cosa mi colpì perché quello sceneggiato era stato il tema più importante del mio esame al concorso e forse la vera ragione per cui lo avevo vinto. Nel 1967 si gira il Circolo Pickwick trasposizione dell’omonimo romanzo di Charles Dickens con la regia di Ugo Gregoretti: mi viene affidato il compito di dirigere la produzione e il regista mi chiede di cercare fra i giovani un attore adatto al ruolo importante di Alfred Jingle.
Gigi Proietti recitava “il desiderio preso per la coda” di Pablo Picasso sempre al Teatro dei 101 dove portai Gregoretti: fu un colpo di fulmine alla fine della performance Gregoretti propose a Proietti di assumere quel ruolo nel Circolo Pickwick.
Fu una esperienza indimenticabile, professionale ed umana, in cui Gigi non si limitò a recitare ma compose e cantò anche la sigla finale, La ballata di Pickwick. Nacque così, sul lavoro, la nostra amicizia e continuai a seguirlo nei suoi spettacoli dal Teatro Tenda con Molfese a Gaetanaccio di Gigi Magni, il famoso regista romano con cui Proietti si legò in un sodalizio artistico e una grande amicizia a cui fecero partecipare anche me e Fabrizia regalandoci delle serate gioiose.
Quando fui nominato direttore di Rai2 tornammo a parlare di tv e Gigi voleva sperimentare un suo progetto di varietà televisivo e, dopo un grande lavoro creativo che coinvolse anche Giovanni Salvi vicedirettore generale, nel dicembre 1990 andò in onda la prima di 11 puntate di Club 92.
Sempre alla ricerca di nuovi linguaggi, presentammo al centro di produzione di Torino, una inedita sitcom, Villa Arzilla, una idea a cui Gigi dedicò un intenso lavoro creativo con lo scopo di riportare sulla scena un gruppo di vecchi attori di teatro. E con la sua consueta generosità volle fare la regia. Ma sia il varietà che la sitcom non furono un grande successo di pubblico per il loro carattere sperimentale, una passione che ci accumunava. Ma mentre Gigi studiava quale altra proposta di intrattenimento poteva offrire al pubblico della tv lavorai, insieme ad un produttore suo amico, Adriano Ariè, allo scrittore Enrico Vaime e al regista Giorgio Capitani, ad una fiction costruita come un abito su misura per le sue doti artistiche, cioè una storia tra commedia e drama. Gigi non aveva una gran voglia, in quel momento, di impegnarsi in un genere televisivo diverso dal varietà, ma le ragioni di un gruppo di suoi amici, a cui si aggiunse per le musiche Claudio Mattone, lo convinsero a tentare un altro nuovo esperimento. Si chiamava “Un figlio a metà” e fu un successo straordinario con oltre dieci milioni di spettatori.
Gigi aveva trovato il suo pubblico televisivo. Con Enzo Tarquini, il dirigente RAI che più di altri aveva lavorato con Gigi Proietti, e da una idea di Laura Toscano costruimmo il progetto seriale “Il Maresciallo Rocca” e il 16 gennaio 1996 andò in onda su RAI 2 la prima puntata: l’ottava e ultima della serie fu il 12 marzo e ottenne il consenso di 15.585.000 spettatori con il 50,27% di share. Si produrranno 6 miniserie fino al 2008 per complessive 30 puntate, più volte replicate su Rai Uno e su Rai Premium: è la serie più vista di tutti i tempi la cui qualità fu elogiata dalla critica televisiva che l’annoverò tra i migliori polizieschi internazionali come CSI la scena del crimine o L’ispettore Derrick.
PS. Il 1996 è l’anno in cui Fabrizia ed io ci siamo sposati e lui ci ha regalato una bicicletta.
La mia esperienza in Rai era finita ma nel 2018, Fabrizia ed io andammo a casa sua. Malgrado i tanti anni trascorsi ci accolse come se ci fossimo appena lasciati con l’affetto di sempre. Una lunga chiacchierata piena di ricordi e di risate. Ero andato da lui per proporgli un premio alla carriera con cui l’Est Film Festival di Montefiascone, di cui sono presidente, voleva festeggiarlo. Il mix tra un vecchio amico come me e due giovani, Vaniel e Glauco, appassionati di cinema, lo aveva affascinato. Così la sera della cerimonia arrivò a Montefiascone dove, nonostante la pioggia, una gioiosa folla, bagnata ma felice, lo accolse con affetto. Fu una bella serata in cui ricordammo il nostro incontro che Gigi, da par suo, inframmezzò con battute e barzellette.
Poi a luglio dello scorso anno il cuore gli fece un brutto scherzo e da allora ci ha legato il telefono con lunghe chiacchierate fino a qualche tempo fa.
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