Si riverseranno in piazza del Popolo a Roma giovedì 21 maggio alle 10.30, per manifestare contro le disposizioni del Governo, i ristoratori, gli operatori turistici e gli albergatori del Lazio, che da due mesi e mezzo ormai hanno chiuso i loro esercizi a causa della diffusione dell’epidemia da coronavirus.
Due dei tanti settori economici in gravissime difficoltà, quello della ristorazione e quello turistico, che tra ammanchi e spese stanno registrando ingenti danni. Una strada che si prospetta sempre più in salita quella verso la ripresa, ammesso che di ripresa si possa già parlare in considerazione delle misure pensate in particolare per la ristorazione.
Sette le richieste che il Gruppo Ristoranti – Bar e Turismo vogliono siano portate all’attenzione del Governo prima di emanare misure definitive sulla riapertura. Le categorie che scenderanno in piazza ritengono necessario innanzitutto che il Governo metta in atto sgravi contributivi per le attività che riprenderanno a lavorare, oltre a prevedere un credito d’imposta degli affitti del 100%. La seconda richiesta verte sul blocco degli esborsi sulla locazione da parte dei commercianti, almeno fino alla fine dell’emergenza Covid-19. Un’altra importante misura da mettere in campo sarebbe, sempre secondo gli operatori di settore, una proroga della cassa integrazione Emergenza Covid19- CIG fino al 31 dicembre 2020 e senza obblighi, che unita ad una riduzione del 50% degli affitti fino al marzo 2021 garantirebbero maggiore liquidità agli imprenditori.
A gran voce saranno richiesti anche l’immediato pagamento della cassa integrazione ai dipendenti, molti dei quali dichiarano di non aver ancora ricevuto nulla, una riduzione dell’IVA dal 22 al 7% di tutto il food e in ultimo la riapertura senza guanti, mascherine e distanziamento sociale nei locali, per antonomasia luoghi di aggregazione e ristoro.
“La situazione è decisamente difficile e siamo molto arrabbiati – ha raccontato Fabio Di Felice titolare del ristorante ‘Vizi Capitali’ a Roma aderente alla manifestazione – La pandemia ci ha messo in ginocchio. Abbiamo perso tutto il lavoro di anni. Ci sono colleghi titolari di ristoranti con 20 dipendenti a carico e ingenti affitti da versare che non possono certo ripartire con le misure pensate per la ristorazione. Non possiamo licenziare i dipendenti, ma se anche riapriamo non possiamo più accogliere la clientela in egual misura rispetto a prima, quindi ci troviamo personale in esubero che non possiamo licenziare, ma nemmeno pagare”.
Una preoccupazione, quella dei ristoratori e albergatori, che non riguarda solo le normative, ma anche la possibilità di avere realmente dei clienti data la possibilità di contagio. “Roma è deserta – prosegue poi Di Felice – Il turismo non c’è, la gente ha paura e non abbiamo garanzie sulla ripresa, solo speranze. Sarà difficile poter riaprire e soprattutto lavorare”.
La chiusura da parte dei locali pubblici ha generato una ricaduta pesante su tutto un sistema economico fatto di commercio di prodotti industriali, artigianali, pesca, prodotti del territorio, locali ed internazionali, che oggi difficilmente riesce a trovare un mercato parallelo sul quale immettere la merce per sopperire alla crisi. Non sta quindi morendo un settore ma tutto un sistema fatto da migliaia di imprese e micro imprese che tirano l’economia di un Paese.
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