Premesso che il partito politico non ha personalità giuridica, ma è una associazione che persegue fini pubblici, è chiaro che può organizzarsi come ritiene più opportuno e anche, ove lo ritenga necessario, utilizzare fondazioni, cioè enti aventi personalità giuridica che si propongono fini non in contrasto con le finalità politiche del partito stesso. Ne deriva che nessun magistrato può sindacare il fatto che un partito adotti questa o altra organizzazione, purché non in contrasto con la legge ed in particolare quella contenente norme relative al finanziamento della politica.
Nel caso attuale, che riguarda la fondazione Open ed i suoi rapporti con il senatore Matteo Renzi, il magistrato ha dato per scontato che la struttura associativa sia stata modellata per eludere la legge a proposito del finanziamento del partito, costruendo un collettore di finanziamenti illeciti a favore del partito stesso. È di tutta chiarezza che questo intento delittuoso è tutto da provare, resta il dubbio che sia normale inquisire un partito in quanto si ritiene che abbia una struttura collaterale costruita per violare surrettiziamente la legge. Altro elemento discutibile è se la concessione di un prestito ad un uomo politico possa essere configurata come una illecita dazione a favore di quel soggetto anche quando non esistono prove che l’eventuale favore sia stato ricambiato dal soggetto politico con un altro favore.
Se questa storia ha una morale, questa è nel senso che sarebbe opportuno collocare tutti gli uomini politici in cima ad una torre, magari calandogli il mangiare e il bere, curando che non abbiano rapporti con nessuno: sarebbe la migliore garanzia della inesistenza di corruzione o concussione. Si tratta solo apparentemente di un paradosso: siamo giunti ormai ad una situazione in cui il solo svolgere attività politica, magari dando qualche fastidio al manovratore, sia di per se stessa una attività tale da ingenerare in un magistrato inquirente il sospetto che si tratti di una attività illecita da perseguire. E pensare che l’articolo 49 della Costituzione stabilisce che tutti i cittadini concorrono a determinare la politica nazionale: stiano attenti, molto attenti, perché potrebbero essere incriminati per collusione con il politico che ha meritato il loro consenso.
P.S.
Vorremmo sommessamente suggerire all’on.le Luigi Di Maio di leggersi qualche pagina della storia recente del Parlamento per verificare quale efficacia abbiano avuto e quali risultati hanno determinato le commissioni d’inchiesta, ad iniziare dalla più famosa e permanente, quella sulla mafia, prima di chiedere la istituzione di una nuova commissione sul finanziamento della politica. E una preghiera alle brave e belle conduttrici, e ai loro omologhi maschi, di talk televisivi: sacrificate un po’ del vostro indice di ascolto e dedicatevi ad una opera di servizio al pubblico spiegando che la democrazia si difende, non con le inchieste giudiziarie, ma con la libertà della politica.
Renzi denuncia i magistrati che lo indagano. I soldi di Carrai finiscono in Lussemburgo
Matteo Renzi ha presentato due denunce per «rivelazione di segreto istruttorio o bancario» alla Procura di Firenze e a quella di Genova, titolare dei reati compiuti dai magistrati fiorentini. «A rispondere della denuncia potrebbe quindi essere chiamato proprio il capo della Procura di Firenze, Giuseppe Creazzo, già titolare delle indagini su papà e mamma di Renzi, ora al lavoro su Open e sul prestito (restituito) che ha insospettito l’antiriclaggio: 700mila euro dati a Renzi per comprare casa dalla madre di Riccardo Maestrelli, finanziatore di Open, nominato dall’ex premier nel cda di Cassa depositi e Prestiti» [Piccolillo, Cds]. Intanto le indagini su Marco Carrai arrivano in Lussemburgo. Lì avrebbe fondato, con soci israeliani, una società che raccoglieva soldi anche da finanziatori della Open. La Procura vuole approfondire se ci sono legami tra la Wadi e la fondazione. «Secondo L’Espresso, Renzi ottenne un prestito da 20mila euro proprio da Carrai nel periodo in cui comprava casa. Il settimanale riferisce anche che tra i finanziatori di Open ci sono stati Gianfranco Librandi, parlamentare già di Scelta Civica, rieletto con il Pd nel 2018 e oggi con Italia Viva che ha versato dal febbraio 2017 ben 800mila euro, e Vittorio Farina, stampatore arrestato nel 2017 per bancarotta fraudolenta, che avrebbe versato 100 mila euro. Ma un altro imprenditore che ha contribuito, ed è stato perquisito, su ordine della procura guidata da Giuseppe Creazzo, senza essere indagato come tutti quelli controllati in questi giorni, è il pugliese Vito Pertosa della Sitale, azienda che tra l’altro ha progettato un satellite lanciato in orbita l’anno scorso. Anche Matteo Mor, personaggio televisivo (ha fatto anche il Grande Fratello) e poi dal 2018 parlamentare prima Pd e poi Italia Viva, ha dato soldi a Open. Quanti? “Non ricordo – esita Comunque piccole cifre”» [Bocci e Serranò, Rep.].
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