Riceviamo e pubblichiamo la recensione del libro del Prof. Mazzella “Elogio del pensiero libero” a cura di Antonio Filippetti
E’ fuori di dubbio che la saggistica, in specie d’impianto filosofico, possa in qualche modo dividere i diversi interlocutori critici, ma non si può nascondere che il merito innanzi tutto di questo libro di Luigi Mazzella consiste nel proporre in grande stile un tema di straordinario interesse, tanto più in un periodo come quello che stiamo vivendo nel quale la riflessione – non solo storico-filosofica – appare sempre più appannaggio di un circuito d’incalliti “carbonari”, una setta quasi in via di estinzione, essendo tutti presi da “bagatelles” di giornata e a circolazione limitata.
Nel caso specifico, viceversa, Mazzella ci offre (ovvero ci impone) una riflessione intorno a un tema di grande momento , vale a dire un’esegesi sul pensiero libero dal mondo greco ai nostri giorni. E si può ben dire che già questa sfida è un segno di distinzione. Ma nel caso di Mazzella questa “ostinazione” è di lungo corso giacché da sempre egli riflette sul tema specifico e analizza tutte le peculiarità dell’argomento e soprattutto i modi in cui esso è stato in qualche modo usato a sproposito se non tradito del tutto. E del resto l’autore dichiara subito nell’introduzione le ragioni della sua scelta: “A indurmi a scrivere questo libro, è stato il mio straripante amore per la libertà che considero, in pieno accordo con William Hazlitt, l’unica vera ricchezza per l’essere umano”. E non vi è dubbio che solo se sorretti appunto da tale passione è possibile poi dar corso al lavoro intrapreso e di cui il volume in parola rende testimonianza.
Mazzella pone subito in chiaro quelle che sono le idee guida del suo pensiero. In primo luogo la spaccatura tra una concezione fideistica sorretta dalle varie religioni, di culto e di politica, che attentano a una chiara concezione della libertà di pensiero. In questo caso non è da sottovalutare come la cultura occidentale abbia trascurato personaggi e pensieri di straordinario talento per chiudersi in una settorialità univoca e senza respiro. In questo senso il richiamo fondamentale è al De rerum natura di Lucrezio Caro, acuto esegeta della filosofia presocratica e soprattutto basilare divulgatore della concezione empiristica ed epicurea che aveva soggiogato anche Virgilio: “anela alla conoscenza delle cose attraverso le cause” e “fortunato chi ha potuto conoscere le cause delle cose”. L’Occidente, viceversa, ha trascurato del tutto questi insegnamenti relegando in soffitta per così dire il testo illuminante di Lucrezio per votarsi a ben altri intendimenti. L’Europa continentale ha abbracciato in altri termini le filosofie idealistiche puntando su elementi astratti e distaccati dalla realtà. La cultura anglosassone ha tratto linfa a suo modo dal pensiero di Lucrezio e di conseguenza ha creato quella divaricazione che anche ora registriamo tra una visione empirica e atomistica e un’altra dipendente da valori fideistici in tutte le varie declinazioni: sociali, accademiche, politiche.
Anche nel nostro paese ha finito per prevalere un’impostazione filosofica di tipo idealistico, trascurando tra l’altro quello che rappresenta ora un indiscusso paladino del pensiero libero tanto caro a Mazzella. E qui il ricorso obbligato è a Giacomo Leopardi e alla “teoria” filosofica contenuta nel suo “Zibaldone”, tradotto da qualche tempo con enorme successo in inglese e studiato come un antesignano della modernità. Del resto l’opera del grande recanatese è ormai considerata come l’espressione non soltanto di un inarrivabile poeta ma di un acutissimo pensatore, probabilmente il più grande dei filosofi italiani di sempre. Ma oltre a questo Mazzella non tralascia un’indagine funzionale alle sue tesi estrapolata dalla produzione cinematografica firmata dai grandi maestri (e qui s’innesta anche la competenza dell’autore per il cinema testimoniata del resto da diversi lavori specifici). Proprio la settima arte fornisce a Mazzella un ulteriore tassello su cui fondare le proprie tesi allorquando rileva, fatto del resto inconfutabile, come dopo la straordinaria stagione “libera” degli anni cinquanta e sessanta con inimitabili autori e altrettanto memorabili realizzazioni, il nostro cinema si sia adagiato sulle linee correnti espresse in altri ambiti di pensiero che poco considerano il valore di una autentica espressione liberale.
In un panorama tutto orientato a perseguire canoni espressivi ripetitivi e soggiogati dagli stilemi della cultura dominante che spesso si manifesta unicamente come spocchiosa e inconcludente, risulta difficile formulare ipotesi per il futuro. Resta in ogni caso lo spirito “indipendente” di alcuni pensatori che, come Mazzella, non si rassegnano allo statu quo ma si impegnano costantemente per far circolare il libero pensiero e le sue innegabili virtù: in ossequio ovviamente a quell’amore per la libertà che come ammoniva Montesquieu è “quel bene che ti fa godere di ogni altro bene”.
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