A 3 settimane dall’allentamento del lockdown del 4 maggio il tasso di positività (nuovi positivi/nuovi testati) ed il numero degli ospedalizzati continuano a scendere: secondo i dati Protezione Civile i nuovi positivi rilevati tra il 18 e il 24 maggio sono stati 4.423 su 265.360, pari all’1,7%, contro i 6.365 su 256.812, pari al 2,5%, della settimana precedente il numero di ospedalizzati registrati è sceso dagli 11.073 del 17 maggio ai 9.166 del 24.
A determinare questi andamenti positivi hanno concorso due fattori. Il primo è la combinazione di regole e consapevolezza che porta la grande maggioranza dei cittadini ad evitare comunque i comportamenti ad alto rischio. Il criterio di evitare gli assembramenti critici non regolati è assai più pregnante ed efficace dell’indifferenziato “tutti a casa”: si può lavorare in ambienti opportunamente organizzati, si possono gestire relazione sociali in modo prudente, si può (e si deve) prestare particolare attenzione ai luoghi critici (a partire da RSA, Case di riposo, comunità disabili dove, secondo l’ISS, ha origine quasi la metà dei contagi).
Il secondo fattore è l’acquisizione della capacità quantitativa e dell’approccio qualitativo che consente, una volta individuato un caso positivo, di risalire la catena dei contatti e di testarli con tempestività per isolare gli eventuali contagiati ed evitare la diffusione. Come mostrato dal grafico sono solo tre (Liguria, Lombardia e Piemonte) le regioni italiane dove il tasso di positività è rimasto al di sopra del 2% (più di un positivo ogni 50 testati) e solo Lombardia e Piemonte hanno più di 30 ospedalizzati ogni 100.000 abitanti. Gran parte delle regioni ha, peraltro, ormai adottato “l’approccio veneto” alla gestione dei tamponi (nonostante l’assenza di indicazioni e supporti nazionali in tale direzione). E’ legittimo osservare che se queste condizioni fossero state individuate come obiettivi e realizzate prima avremmo potuto evitare un gran numero di contagi e una consistente quantità di decessi.
Vedremo, a partire da questa settimana, quale sarà l’effetto delle riaperture di luoghi con forte potenziale critico come locali e ristoranti, sperando che le misure prudenziali siano state individuate correttamente e rigorosamente osservate.
Credo però che il vero luogo critico della nuova fase, più che le piazze della movida giovanile, sia costituito dai TRAPORTI COLLETTIVI URBANI E PENDOLARI. Un ambito nel quale non è facile, nelle condizioni attuali, né intervenire ex ante per far rispettare i limiti di capienza (che dovrebbero garantire il distanziamento personale all’interno), né intervenire ex post per ricostruire gli eventuali contatti potenziali che possano essere avvenuti. Banalmente limitare il numero dei clienti di un ristorante ed eventualmente ricostruire chi era presente è più facile che limitare effettivamente il numero di passeggeri presenti su un bus e ricostruire ex post chi lo ha utilizzato.
In realtà gli strumenti tecnologici potenzialmente ci sarebbero (app di ticketing e sensori di ingresso e uscita) ma una loro implementazione diffusa in tempi rapidi richiederebbe consistenti investimenti e semplificazioni procedurali.
Poiché, peraltro, si tratta di innovazioni che manterrebbero la loro utilità anche al di là della crisi Covid forse varrebbe la pena impostare e finanziare un piano nazionale per la diffusione degli strumenti tecnologici di gestione del trasporto collettivo.
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