Il successo del gelato artigianale italiano affonda le sue radici nella storia. Il sorbetto nasce con i romani. E viene esaltato dagli arabi in Sicilia, grazie alla frutta locale e alle nevi dell’Etna, dei Nebrodi, delle Madonie.
Tre miliardi di euro di fatturato complessivo. Una chimera appena qualche anno fa. Un obiettivo ragionevolmente raggiungibile nel 2019 per il giro d’affari del gelato artigianale italiano. Tanto più se, dopo una primavera dal sapore autunnale, l’estate sarà lunga e in grado di far impennare i consumi trainando la produzione e di conseguenza il fatturato verso, e magari oltre, il muro dei tre miliardi. A stimarlo una indagine di CNA Agroalimentare condotta tra gli iscritti alla Confederazione.
Il fatturato mondiale del gelato artigianale è stimato in circa 17 miliardi di euro. Centomila sono le gelaterie specializzate aperte da un capo all’altro del pianeta. Cinquecentomila gli addetti. Una crescita continua, negli ultimi anni, favorita dalla patente di prodotto salutare (ovviamente se realizzato con materie prime di qualità e attento a eventuali intolleranze e allergie) da mangiare tutto l’anno e a tutte le ore del giorno, anche come sostituto di un pasto.
L’Europa continua a primeggiare in questo settore con nove miliardi di giro d’affari, 60mila gelaterie in attività e 300mila addetti. Un predominio ancora saldo ma insidiato dal consistente incremento registrato in Asia e nelle Americhe.
Disaggregando il dato europeo, l’Italia è in cima al podio, con circa 10mila gelaterie specializzate. A tallonarla (dopo essere stata spodestata tre anni fa) è la Germania, con oltre 9mila esercizi. Seguono, nell’ordine, Francia (4mila), Spagna (2mila) e Polonia (1800).
Nel 2018 il giro d’affari del gelato artigianale italiano ha toccato quota 2,7 miliardi di euro. Ma la crescita in valore di questo mercato viaggia ormai a un ritmo del 10 per cento annuo. Ed è probabile quindi che quest’anno il fatturato del settore possa arrivare, se non superare addirittura, ai tre miliardi. Con un enorme impatto sulla filiera agro-alimentare, grazie al previsto acquisto di circa 240mila tonnellate di latte, 70mila tonnellate di zucchero, 23mila tonnellate di frutta fresca e 32mila tonnellate di altri prodotti, spesso eccellenze tricolori, quali il pistacchio di Bronte e le nocciole di Piemonte, Lazio e Campania, le mandorle siciliane e i limoni delle Costiere sorrentina e amalfitana.
Il successo del gelato artigianale italiano affonda le sue radici nella storia. Una storia lunga, che corrisponde per buona parte alla storia del gelato tout court. Il sorbetto nasce con i romani. E viene esaltato dagli arabi in Sicilia, grazie alla saporosa frutta locale e alle nevi dell’Etna, dei Nebrodi, delle Madonie. E’ un italiano – Francesco Procopio de’ Coltelli (ma il suo vero cognome sarebbe stato Cutò) – a fondare il primo grande caffè-gelateria al mondo, “Le Procope” a Parigi, e a esportare questo prodotto in Europa. Ed è l’italiano Giovanni Bosio a fondare la prima gelateria a New York, da cui sarebbe nata la moda dell’ice cream e sorto il maggiore mercato al mondo del gelato, gli Stati Uniti d’America. E italiani trasferiti oltre Atlantico – i fratelli Italo e Frank Marchionni – inventarono il cono negli Usa, anche se poi a brevettarlo non fu nessuno dei due, in lite giudiziaria.
Dalle macchine alle vetrine il gelato italiano (unito alla superiorità manifatturiera a livello internazionale) trascina al successo mondiale anche altre eccellenze tricolori. A primeggiare nel settore della produzione di macchine per realizzare gelati sono tredici industrie italiane che, assieme, valgono i nove decimi del mercato mondiale, circa 250 milioni l’anno di giro d’affari. Stesso primato nella produzione di vetrine: le prime dieci imprese italiane registrano un fatturato aggregato superiore ai 300 milioni.
I gusti tipici continuano a determinare il successo del gelato artigianale. Rispetto a qualche anno fa a fare la differenza è la qualità della materia prima. Per dire, nessun artigiano spaccerà più per pistacchio certi prodotti indecifrabili color verde fosforescente che dominavano le vetrine fino a qualche anno fa. Si fanno strada i sapori rispettosi di altre culture e delle prescrizioni alimentari di altre religioni: bio, vegani, halal, kosher. Le nuove tendenze in cucina (e soprattutto nell’alimentazione fuori casa) contribuiscono sicuramente ad allargare il mercato. Continua il successo dei gusti ai fiori edibili: quest’anno sarà la volta del fiore di sambuco, ma hanno i propri affezionati anche gelsomino, begonia, calendula. Si rafforza una tendenza emersa qualche anno fa a livello pionieristico: i dessert-gelato. Dolci classici – in testa il tiramisù, in compagnia di pastiera napoletana, cassata siciliana, mimosa, caprese – riproposti in forma di gelato. Non si arresta il filone del gelato salato, tutt’altro. Ormai il fenomeno è tracimato dai ristoranti stellati a buona parte dei locali con giovani cuochi in cucina, nei cui menu campeggiano ostriche e ricci di mare, gorgonzola e pesto genovese, patate viola e ortaggi vari rigorosamente sotto zero. E per finire un pasto, sfruttando il boom del bere miscelato, anche i cocktail sono serviti sotto forma di granita o trasformati in cubetti da inserire nelle bevande.
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