Ho conosciuto Mogol. Due chiacchiere prima del suo spettacolo al Festival d’autunno di Catanzaro. Due chiacchiere molto pregnanti perché gli ho chiesto, e mi ha raccontato, la storia del messaggio che Lucio Battisti gli ha inviato dall’aldilà. Un messaggio inequivocabile pervenuto da più parti. Mi ha colpito l’impegno con cui voleva trasmettermi questa esperienza del soprannaturale che, guarda caso è confluita in una canzone, cantata da Celentano e musicata da Gianni Bella con parole (bellissime) dello stesso Mogol.
Aldilà di questa toccante testimonianza mi ha colpito il candore da vero poeta che ha manifestato durante lo spettacolo. Il testo delle canzoni di Battisti nasce dalla vita e dalle esperienze di Mogol. Una di queste è stata preceduta da un’affermazione che mi ha commosso. All’incirca Mogol ha detto: io sento che non riesco a fare tutto il bene che vorrei fare, a differenza di mia moglie che riesce a fare cose incredibili; perciò ho dedicato una canzone a una donna anziana che prega sola in una chiesa, a una prostituta che torna a casa e mette sul comodino dello sfruttatore i soldi che ha portato a casa, a una ragazza madre che si occupa, sola, del suo bambino. Spunta allora una canzone il cui testo è suggestivo ma che, con questa spiegazione, diventa commovente: “Anche per te” è il titolo.
Per te che è ancora notte e già prepari il tuo caffè
Che ti vesti senza più guardar lo specchio dietro a te
Che poi entri in chiesa e preghi piano
E intanto pensi al mondo, ormai, per te così lontano
Per te che di mattina torni a casa tua perché
Per strada più nessuno ha freddo e cerca più di te
Per te che metti i soldi accanto a lui che dorme
E aggiungi ancora un po’ d’amore a chi non sa che farne
Anche per te vorrei morire ed io morir non so
Anche per te darei qualcosa che non ho
E così, e così, e così
Io resto qui
A darle i miei pensieri
A darle quel che ieri
Avrei affidato al vento, cercando di raggiungere chi Al vento avrebbe detto sì
Per te che di mattina svegli il tuo bambino e poi
Lo vesti e lo accompagni a scuola e al tuo lavoro vai
Per te che un errore ti è costato tanto
Che tremi nel guardare un uomo e vivi di rimpianto
Anche per te vorrei morire ed io morir non so Anche per te darei qualcosa che non ho
E così, e così, e così
Io resto qui
A darle i miei pensieri
A darle quel che ieri
Avrei affidato al vento cercando di raggiungere chi Al vento avrebbe detto sì
Conoscere Mogol mi ha confermato che il poeta vero ha lo stile dell’eterno fanciullo, lo sguardo e la semplicità del bambino. Non è irriverente dire questo; Gesù diceva che il regno dei cieli è di chi si fa simile a un bambino. Mi è sembrato chiaro che il poeta e il santo si assomigliano. Ci sono vari tipi di poeti. C’è il poeta vate, il poeta pensatore… ma i massimi poeti sono completi, riuniscono in sé i vari aspetti e sanno esprimersi col cuore. Anche i santi si esprimono col cuore, che è pieno di Spirito Santo. I santi non sono mai noiosi, non tengono la loro fede nel freezer della cultura accademica. Basti pensare a San Francesco. Può esistere un testo più commovente e suggestivo del cantico delle creature? Poesia pura.
«Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e ‘honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimu, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore,de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dài sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli che ‘l sosterrano in pace, ca da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare: guai a quelli che morrano ne le peccata mortali;
beati quelli che trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate et serviateli cum grande humilitate»
Non è irriverente accostare i due poeti: uno riverso sull’umanità dolente, l’altro illuminato dalla grazia anche davanti agli eventi più terribili come la morte, la sorella morte. In entrambi vibra la corda dell’amore e della compassione.
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