Fargaccetto era un salumiere di Velletri, un paese che dista circa una quarantina di chilometri da Roma, dove ho trascorso un periodo della mia infanzia. Non ho mai capito se si trattasse di un soprannome (il contadino in dialetto velletrano è un “fargo”) o del vero cognome: certo è che vendeva cose per me prelibatissime, a cominciare da un prosciutto dolce e gustoso come poi in seguito raramente mi è capitato di mangiare. Buoni i prosciutti, buone le cotiche, cioè la pelle marroncina intorno al prosciutto che il salumiere tagliava via con il coltello prima di iniziare a tagliare le fettine.
Quei lunghi frammenti di pelle stagionata, divenuti duri e callosi, venivano venduti a parte: servivano per preparare appunto i fagioli con le cotiche, un tempo piatto quasi obbligato nelle case romane e tra i miei più vivi ricordi.
La preparazione era molto semplice. I fagioli secchi borlotti, quelli cioè colorati in varie tonalità del marrone (e con un “occhio” bianco), venivano messi in acqua fredda con un pizzico di sale la sera prima in modo che si reidratassero. Il mattino successivo si mettevano anzitutto a bollire le cotiche dopo averle ben raschiate nelle parti esterne: dovevano cuocere fintanto che non fossero divenute tenere. A questo punto era necessario scolarle bene e metterle per un po’ in un tegame con un soffritto di olio e cipolla, sedano, carote e passata di pomodoro in abbondanza. Si lasciava bollire fin quando il sugo non diveniva bello denso: a questo punto si aggiungevano i fagioli lessati e scolati, si aggiungeva sale se necessario e si lasciava cuocere a fuoco lento per circa un quarto d’ora: il peperoncino è facoltativo.
Il risultato è un piatto squisito, anche se le cotiche, oggi difficili da trovare in commercio, non sono più quelle di Fargaccetto: i prosciutti sono solitamente “salati a bagno” e non più massaggiati uno per uno, più volte nel tempo con sale, pepe e spezie, con il risultato che le cotiche oggi sono piuttosto insipide: comunque, a mio parere, i fagioli con le cotiche restano un piatto di tutto rispetto dell’antica tradizione culinaria romana.
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