“…Oh vana gloria dell’umane posse!
com’ poco verde in su la cima dura,
se non è giunta da l’etati grosse!
Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
si che la fama di colui è scura…”
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” Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perchè muta lato”
(Canto XI del Purgatorio vv. 91-96 ; 100-102)
“Oh vana gloria delle capacità umane! Quanto poco tempo essa resiste verdeggiante sulla cima se non sopraggiungono epoche di decadenza culturale!!!
La fama terrena non è altro che un soffio di vento , che ora spira da una parte e ora spira da un’altra, e cambia nome perchè cambia direzione di provenienza”
Ci troviamo nella prima cornice del Purgatorio dove espiano le loro colpe le anime dei superbi. Tra tutti Dante riconosce Omberto Aldobrandeschi, un altezzoso feudatario, “nato d’un gran Tosco”, pieno di sè per l’orgoglio dell’ “antico sangue”.
Si presenta così:
“Io sono Omberto; e non pur a me danno
superbia fà, che tutti miei consorti
ha ella tratti seco nel malanno” (Io sono Omberto; e la superbia non ha recato danno solo a me , perchè essa ha trascinati con sè nella rovina anche tutti i miei consanguinei) quasi a significare che la superbia di lignaggio è contagiosa e coinvolge interi gruppi familiari.
Incontra, poi, l’artista Oderisi da Gubbio, vanaglorioso per i meriti acquisiti nel suo campo e insuperbito dal suo successo intellettuale, infine Provenzano Salvani che incarna la presunzione legata al dominio e al primato politico. Scontano la loro pena camminando curvi sotto il peso di enormi massi: come in vita avevano mostrato sempre un capo altezzoso, mento volitivo e petto in fuori, espressione di presunta superiorità ,così in Purgatorio ,per la legge del contrappasso ,sono costretti ad andare a capo chino segno di umiltà e di sottomissione.
Hanno compreso che la gloria è precaria e labile come la vita stessa. È pur vero, però, che Dante, non vuole in alcun modo negare il valore della nobiltà, d’animo soprattutto, nè il valore artistico e intellettuale, nè quello della politica quando è al servizio del bene e della giustizia. Nei tre personaggi il Sommo poeta condanna l’arroganza, l’ostentazione, l’eccesso che porta alla deformazione della “cortesia”.
La condanna è volta ad un operare per desiderio di fama e di riconoscimenti e non per attitudine e intima volontà di fare bene , un operare, pertanto ,corroso dalla superbia che fatalmente porta ad un’arrestabile autodistruzione .Nel canto XXVI del Purgatorio Dante preciserà:
“A voce più ch’al ver drizzan li volti
E così ferman sua oppinione, prima ch’arte o ragion per l’or s’ ascolti” (vv 121-123)
(Costoro, ovvero gli sciocchi, prestano attenzione alla voce dei più e non alla verità e così fissano il loro giudizio prima di dare ascolto alle norme dell’arte o al criterio della ragione ).
Quando la fama, poi , dipende da sciocchi e da opportunisti si può ben capire come essa sia ancora più labile , irrazionale ma soprattutto inconsistente . L’uomo che vale non punta alla gloria, nè ad acquisire medaglie , soprattutto se vengono dall’ignoranza , ma si preoccupa dell’efficacia e degli effetti della propria azione, che sia congiunta o meno al proprio nome non ha per lui alcuna importanza . Ed è questo diverso atteggiamento a distinguere la volgare presunzione dalla magnanimità, che desidera essere legittimata solo dalla positività morale dell’azione.
Ieri come oggi la superbia si trova in dosi massicce tra i mortali (politici, intellettuali, nostalgici blasonati etc…) ed è sempre un indicatore infallibile di miseria interiore. C’è però una differenza sostanziale: oggi molto più di ieri la superbia si accompagna ad una buona dose di ignoranza e/o insipienza. Il palcoscenico mondiale del Web, ad esempio, è traboccante di esibizionismi tanto isterici quanto ridicoli, a volte davvero imbarazzanti: è un affanno continuo per accaparrarsi una NOMINATION, un posto in prima fila, visibilità , a qualsiasi costo e a qualsiasi prezzo anche con la mortificazione della propria dignità.
Per alcuni stare in prima fila e mostrarsi grande e superiore è una seduzione a cui non si sa rinunciare. Lo scopo è quello di nutrirsi quotidianamente di adulazioni e per questo si coltiva l’amicizia di lecchini di professione, una sorta di guardiani del loro “cielo” che senza dignità si abbassano di fronte alla loro GRANDEUR perché sanno benissimo che l’altro gli sarà riconoscente e forse utile. Il regalo che ne riceveranno sarà quello di ottenere considerazione e un pizzico di gratitudine fino a quando non saranno mollati dalla costante incontentabilità e dalla volubilità tipiche dei superbi , per far spazio a lecchini più “graditi” e più “abili”. Si innesca così un circolo vizioso, espressione solo di un vuoto, esistenziale e culturale, abissale che genera ad un tempo tenerezza pietosa e fredda indignazione .
Il Vanaglorioso per definizione è costantemente insoddisfatto per cui è vittima di una persistente ansia compensativa che lo porta ad ostentare continuamente e ad ogni costo. È convinto che l’universo-mondo si interessi o debba interessarsi unicamente a lui e alle sue faccende pubbliche o private che siano. Chiunque non abbia voglia di farlo è esecrabile e da emarginare. L’ansia smaniosa di apparire, di avere approvazioni, consensi, applausi può divenire patologica e nevrotica, impegnata com’è nella sua assurda pretesa illusoria di generare invidia e di colmare quel vuoto interiore che li caratterizza. Di qui la corsa costante a contare il numero dei like e il loro quoziente di gradimento. Più numerosi sono i like più aumenta la convinzione di essere GRANDI anzi IMMENSI. In queste giravolte vanitose, in questa fiera della vanità non sorge mai il dubbio di essere ridicoli e bersaglio di divertita ironia.
Per chi osserva a mente libera comprende che ad affiorare è solo tanta “inconsistenza “, sia da parte di chi ostenta, sia da parte di chi si lascia “incantare ” o semplicemente incuriosire. È solo l’intelligenza a poter generare invidia e questa non è data da titoli e/o riconoscimenti ma da una mente libera . Essa è discreta, modesta, silenziosa, ascolta piuttosto che declamare, è oggetto di sincera ammirazione e fa lunghe percorrenze.
Il superbo, invece, cammina come su un tapis roulant: corre, corre, si affanna ma in realtà non si sposta di un millimetro. È sempre allo stesso punto. Stordito dal successo che pensa di aver guadagnato, perde il senso delle proporzioni e della relatività di ogni cosa e alla fine si accorge che i consensi si sono trasformati in ironiche e amare considerazioni : Oh vana gloria dell’umane posse…!
Il politico, l’intellettuale, lo studioso dovrebbero, invece, piuttosto che cercare visibilità a tutti i costi, lavorare bene nel campo che la vita gli ha assegnato, concentrarsi solo su questo e lasciare agli altri gli spettacoli da baraccone, il blasonato, invece, dovrebbe riconoscere che la nobiltà scade sempre un po’ di più ogni volta che se ne parla e la si ostenta. Ai nostri giorni, poi, ma che valore può mai avere: NULLA.
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