Il film, premiato con 4 Oscar e 12 Nomination, si ispira alla storia vera del re Giorgio VI, vittima di una incontrollabile balbuzie che lo impacciava non poco nelle sue funzioni pubbliche causandogli un forte senso di inadeguatezza e di sconfitta.
Tutto questo accadeva in un periodo storico dominato dai totalitarismi quando governanti-dittatori, grazie ad una straripante ed onnipotente oratoria e alla forza di “incantamento” della loro parola, erano capaci di intrappolare e ipnotizzare masse oceaniche di uomini osannanti.
Ma per Giorgio VI arriva il momento solenne; se il mondo precipitava nel baratro di una seconda guerra mondiale da cui sarebbe scaturito un uomo nuovo, un mondo diverso, non era il tempo di zittire, di far prevalere le proprie resistenze emotive, occorreva agire, occorreva parlare, comunicare a tutta la nazione per incitarla e per infervorarla alla lotta contro il DISUMANO in nome della salvezza dell’intera umanità.
Fu così che il re, superando tutti i suoi limiti comunicativi, pronuncia il più bel discorso della sua vita riuscendo a penetrare nei recessi profondi dell’animo dei suoi sudditi:
” In questa grave ora, forse la più fatidica della nostra storia, invio in ogni casa del mio popolo sia in patria che oltremare questo messaggio, rivolto con la stessa profondità di sentimenti ad ognuno di voi come se fossi capace di varcare la vostra soglia e parlarvi personalmente.
Per la seconda volta nella vita di molti di noi, noi siamo in guerra. Più e più volte abbiamo tentato di trovare una pacifica via di uscita dalle differenze tra noi stessi e coloro che ora sono i nostri nemici ma è stato invano. Siamo costretti a un conflitto perché ci viene richiesto di affrontare la sfida di un principio che se dovesse prevalere sarebbe fatale per ogni ordine civile nel mondo.“
Questo il re, queste le parole ma soprattutto questo l’uomo che sfida se stesso e, in tal modo, suscita nel popolo la convinzione che “Se tutti rimarremmo risolutamente fedeli a questo con l’aiuto del Signore riusciremo a prevalere“.
È meccanico ed inevitabile, quasi un riflesso condizionato, il rapporto con quanto è successo di recente ad un giovane esponente delle sardine, in Emilia Romagna, con le dovute differenze di personaggi e di circostanze storiche. Per fortuna non siamo in un conflitto mondiale, ancora non siamo giunti al degrado morale e civile di quei tempi e il giovane in questione non è un monarca. Il rinvio del film all’oggi è determinato dal fatto che il protagonista di ieri era un re ma in quanto uomo come tutti gli uomini aveva le sue debolezze e il protagonista di oggi nella sua qualità umana non è diverso da un re.
Salvini sulla sua pagina Fb ha riportato parti del discorso tenuto dal giovane Sergio Echmanov sottolineando i passaggi in cui, sicuramente per l’emozione, incespicava nelle parole.
“Se pensano di fermarci così… abbiamo già vinto“, questo l’infelice e crudo commento di chi si propone come guida politica di uno stato democratico come l’Italia che vede il fulcro della sua Costituzione nel rispetto della persona umana e della sua dignità e come valore primario la libertà di parola e di opinione.
L’intervento del giovane militante delle sardine, improvvisato e appassionato, in realtà è stato coraggioso ed emozionante: “Siamo qui per essere liberi… liberi dall’odio…“.
Lunga vita, come al re Giorgio VI, a Sergio. Anche lui ha percepito l’importanza del momento storico che sta vivendo la sua regione e ha voluto esprimere il suo punto di vista, legittimo ,senza si e senza ma. In tal modo ha dato prova del valore di una parola spontanea e per questo genuina e del tutto sganciata da ogni tornaconto personale e politico. Ha dato dimostrazione che l’essere conta più dell’apparire, che l’ “adparatus persicus” è una scenografia che non serve quando in campo scendono valori autentici e universalmente riconosciuti tali. Al di fuori di ogni retorica precostituita con semplicità, corazzato solo dalle sue idee e dal suo sentimento ha fatto la sua performance VERA e per questo preziosissima. Nella realtà omogeneizzante e cristallizzata del pensiero unico, Sergio ha messo in luce la problematicità del reale e la bellezza della difformità, la libertà di essere se stessi con tutte le difficoltà che la natura umana stessa comporta in contrapposizione ai modelli omologanti di certa parte politica in cui l’IO GIGANTESCO che si promuove, vorrebbe apparire l’unico Brand di successo.
Nel progetto di una società in cui ci sono gli ADATTI ALLA PAROLA, destinati al comando e gli INETTI, destinati al silenzio, la cui selezione è determinata dalla capacità o meno di uniformarsi al BRAND in voga non potrà mai esserci spazio per la verità, per la giustizia, non potrà esserci rispetto per la dignità umana, così tanto sottolineata da “cori patriottici” ma così spesso negata in modo evidente.
Chi si arroga il diritto di ironizzare e deridere è un pericolo per tutte le società in quanto non potrà mai essere garante di una società umana.
E in aggiunta, al di là di ogni “commedia politica”, costui può esprimere solo profonda insicurezza, carenza di argomentazioni, incapacità ad un confronto serio in grado di apportare valore aggiunto al suo pensiero.
Quando si guarda l’altro attraverso il prisma del proprio teorema mentale, del KNOW-IT-ALL (so solo io) si corre il rischio, come è successo ahimè, di scambiare il Parmigiano per un valore universale e di fare della politica un banchetto bandito per soddisfare solo i propri appetiti .
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