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Il “Generale Inverno”

Anche questa volta ci siamo, anzi ci risiamo: sarà un Natale senza gioia. Rischiamo di essere nuovamente travolti dal Covid, da una politica conflittuale, da una situazione internazionale coperta di nuvole. Il freddo non ha mai portato fortuna.

Fu il maresciallo Michel Ney, il prode dei Prodi come lo definì Napoleone, a scrivere che la Grande Armée che aveva invaso la Russia non era stata sconfitta dall’esercito dello Zar, ma dal clima, dalla neve, dal vento del nord, dal gelo insomma dal “Generale Inverno”. Ney di battaglie se ne intendeva perché aveva cominciato da soldato e per meriti di guerra in 10 anni aveva risalito tutta la piramide gerarchica vincendo tutto e ovunque, salvo il freddo della steppa. Poi però a Waterloo fu travolto da Wellington e dal Re Luigi XVIII ritornato sul trono di Francia con la Restaurazione, fu condannato a morte per alto tradimento e fucilato nel Jardin du  Luxembourg dove volle comandare di persona il plotone della propria esecuzione.

Del ”Generale Inverno” fecero le spese anche le truppe tedesche che avevano invaso la Russia nell’estate del ‘41 con l’operazione Barbarossa. I tedeschi arrivarono a Mosca nell’inverno incipiente e furono respinti. Assediarono Leningrado senza successo e successivamente Stalingrado ove la resistenza russa fu imbattibile. Fu uno straordinario confronto tra grandi generali: ZuKov a difendere la città e Von Paulus ad attaccare. Alla fine, nel nuovo inverno, i russi ebbero la meglio e le ingenti truppe tedesche rimasero accerchiate e massacrate nella cosiddetta sacca di Stalingrado, impantanate tra fango e neve. Anche le truppe italiane dell’Armir arrivate nell’estate del ‘42 a presidiare il Don sul fronte meridionale, furono schiacciate dalla controffensiva russa a fine dicembre ed iniziarono la loro precipitosa ritirata nella neve e nel gelo per centinaia e centinaia di km incalzate dalle armate russe.

Dei 100.000 italiani arrivati al fronte convinti di partecipare a una guerra vittoriosa ne ritornarono in Italia solo 10.000. Lo raccontano grandi narratori come Giulio Bedeschi nel romanzo “100.000 gavette di ghiaccio”, Mario Rigoni Stern con “Il Sergente della neve”, Carlo Sgorlon lo con “Armir, la tragica avventura dell’armata italiana in Russia”, Arrigo Petacco con “L’armata scomparsa” Quella ritirata sotto la neve del “Generale Inverno” segnò l’inizio della fine per la sciagurata guerra che travolse l’Europa per più di cinque anni irresponsabilmente voluta dal regime nazista. Lo raccontava anche mio padre che rientrò malato ma incolume in Italia perché ufficiale di Stato Maggiore

Ma torniamo all’inverno italiano 2021- 2022. Questa volta lo scontro è tra virus  e vaccino, chi resterà impantanato nella neve? Sul fronte politico la contrapposizione  è tra il potere finanziario e il mondo del lavoro intorno al mega finanziamento del PNRR. Ed ancora in Europa chi vincerà tra sovranisti ed unionisti spinti a combattersi da interessi nazionali e dalla grande invasione dei migranti provenienti dal mondo dei poveri, dei diseredati, dei perseguitati, profughi da guerre perse, da persecuzioni politiche e da una inguaribile miseria?

Le notizie dal fronte del virus dicono che il vaccino resiste, che il virus cambia pelle per non essere riconosciuto, che i collaborazionisti Novac  sono un esercito di bandiera nera, schierati dal lato della morte e dell’impossibile trionfo del nemico virale. Probabilmente il virus e i suoi adepti faranno la fine dell’armata del generale Von Paulus nella sacca di Stalingrado!  Tuttavia in questo inizio di inverno le sorti antivirus volgono al peggio: i grandi Paesi europei sono travolti da un numero straordinario di contagi giornalieri, la ospedalità è al limite delle possibilità di ricovero e la mortalità, prevalente per i Novac, sta raggiungendo una numerosità importante, da quarta ondata. L’Italia resiste meglio capovolgendo il triste primato della prima ondata quando i numeri negativi erano i più alti d’Europa e non solo. Quella esperienza ha tristemente insegnato molte cose e nella battaglia attuale il Servizio Sanitario Nazionale Italiano resiste meglio di ogni altro Paese dell’ Europa e del mondo, attraverso l’osservanza di norme di prevenzione, una vaccinazione a tappeto ed una rete di cura adeguata alla bisogna.

L’altra battaglia quella sul PNRR e cioè sul sostegno alla crescita, è nelle mani di un Governo con ampio sostegno politico e parlamentare, ma con non poco conflitto nel Paese e l’irritazione evidente dei Sindacati. Da tempo non si vedevano scioperi generali ed invece stiamo alla ripresa delle contestazioni di piazza e di fabbrica. Segnali di fuoco? Non basta la cenere della tecnocrazia a coprire il malcontento sociale, l’aumento della povertà, la disoccupazione ancora elevata, il disagio dei piccoli produttori, del commercio, dell’artigianato, eccetera eccetera.

In ultimo la questione europea. Il cambio della guardia al Governo tedesco apre un vuoto difficile da colmare e rischia di allargare la conflittualità esistente tra i Paesi membri dell’Unione. L’asse franco-tedesco, sostanziale riferimento dell’intera Unione, perde colpi e l’Italia sta cercando di subentrare nel gioco del potere e della capacità di indirizzo. Il momento è perciò favorevole ai sovranisti: la Brexit è stata senza dubbio un duro colpo  per l’Europa. Se ora i Paesi europei dell’Est  non accettano la logica comunitaria, la costruzione europea, che a fatica ha superato la crisi dei Paesi frugali, potrebbe non avere sufficienti energie politiche per resistere. Lo scopriremo a primavera quando il “Generale Inverno” avrà deciso da che parte stare.

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Eugenio Santoro

Presidente Fondazione San Camillo- Forlanini - Roma

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