L’inserto domenicale “Book Review” del “The New York Times” divide le recensioni dei libri in quattro sezioni: Fiction, Non-fiction, Children’s e Features. Di solito il “Review” –– che è considerato il principale strumento per la promozione letteraria negli Usa –– dedica alla sezione non-fiction (o saggistica) più spazio che alla fiction (narrativa). Eppure il fatto che per indicare la saggistica si utilizzi una parola come “non-narrativa”, conferisce alla narrativa una collocazione più “nobile”.
Infatti, spesso testi di saggistica non sono considerati proprio “opere letterarie” e pochi non-fiction (principalmente saggi storici e filosofici) hanno vinto un Premio Nobel. Quando, nel 2015 una scrittrice non-fiction vinse il Nobel, PRI, la radio pubblica americana, disse che “finalmente il comitato per il Nobel ha cambiato l’ignobile trattamento riservato alla saggistica“.
L’autobiografia, almeno in America, è addirittura considerata su un gradino più basso della biografia.
Tutto questo preambolo è per introdurre il mio libro autobiografico: “Ero Gracile: la rivincita della B12“, la mia prima opera non tecnica, dopo tanti libri che hanno a che fare con la televisione (incluso uno sulla TV via Internet del 1999): una categoria non contemplata dalle riviste che si occupano di recensioni o dalle sezioni “cultura” dei giornali.
Il fatto che si tratti di un’autobiografia dovrebbe automaticamente escluderlo dalla sfera “nobile” delle recensioni, relegandolo al ruolo di “filler” (spazio da riempire quando non c’è altro), ma che fare se questo “Ero Gracile” racconta anche la storia dei giovani cresciuti in Italia negli anni 60: La loro vita quotidiana, la loro musica, i loro divertimenti e le loro problematiche?
Sarebbe questa un’attenuante per farlo passare ad un gradino più alto? E se poi “Ero Gracile” ricorda come la cucina di una volta, essendo molto salutare, non facesse ingrassare, potrebbe il libro conquistare il taglio basso di una pagina di giornale?
E se poi il libro mette a confronto il “riciclo” di una volta con la “raccolta differenziata” di oggi, non si meriterebbe 15 righe extra di recensione?
Per finire, oggi si parla tanto di “fuga di cervelli” (che causerebbero all’Italia perdite stimate a 14 miliardi l’anno), mentre una volta (come raccontato in “Ero Gracile”), quando questa si chiamava “emigrazione”, faceva guadagnare all’Italia una somma equivalente sotto forma di “rimesse”. Sfortunatamente questo tema non è molto di moda tra le opere letterarie, ed infatti l’emigrante-operaio-scrittore per eccellenza, John Fante, che è venerato in America, è poco conosciuto in Italia.
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