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Il nonno e le zie

Mettiamola così. Mario Draghi ha diritto di giudicare se stesso. Ovvero di considerare che la missione di emergenza affidatagli da Mattarella abbia concluso un tempo. Perché e’ evidente che nel sistema evolutivo di una nazione i cicli si incatenano e possono non finire mai. Ma leggere appunto Il carattere dei cicli produce corrette verifiche, riduce il profilo emergenziale, amplia la sfera delle responsabilità.

Dopo di che lo stesso Draghi rende possibile un’allusione allo spostamento dello spirito di servizio di un “nonno” anche altrove. E ora quell’altrove e’ il Quirinale, anche se Draghi non lo ha nominato.E aprendosi prima o poi anche un altro ciclo in Europa si capisce che lo spostamento potrebbe maturare anche in modo diverso.

Ma anche le “zie”, cioè il sistema dei partiti, che devono rispondere alla domanda preminente circa il fatto che la democrazia in Italia non e’ morta, hanno il diritto di mostrare che un certo ciclo di confusione e di crisi potrebbe essere venuto a maturazione (obiettivo dichiarato nel discorso di insediamento dello stesso Draghi) e che potrebbe essere il momento di mettere alla prova il loro senso di responsabilità.

Questo snodo diciamo così “teorico” ha perciò un contrappasso che i preliminari commenti al discorso di Draghi sembrano non cogliere. 

Che cioè se il nonno va al Quirinale per mantenere il suo ruolo di garanzia interno e internazionale, le zie hanno il diritto di concorrere in forma attiva e propositiva alla formazione del nuovo governo. Escludendo quindi l’automatismo presidenzialista e riaprendo lo schema delle responsabilità costituzionali.

Per converso le zie dovrebbero dimostrare rapidamente che se invece e’ prevalente interesse nazionale lasciare nelle mani di Draghi la gestione del secondo ciclo emergenziale, con una maggioranza ancora caratterizzata da forte trasversalità,  con l’attuazione della progettazione degli investimenti e il controllo sulle nomine pubbliche, nonché sulla concertazione Inter-istituzionale e naturalmente su una fase ancora incerta di contrasto all’epidemia, ebbene le zie non devono scherzare sul Quirinale. Individuando rapidamente un nome di alta garanzia istituzionale e di esperienza che metta a tacere la fiera delle vanità e la diceria che conta più chi nomina di chi e’ nominato.

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Stefano Rolando

Stefano Rolando è nato a Milano nel 1948, dove si è laureato in Scienze Politiche e specializzato alla Scuola di direzione aziendale della Bocconi. Tra vita e lavoro si è da sempre articolato tra Milano e Roma. E' professore universitario, di ruolo dal 2001 all’Università IULM di Milano dopo essere stato dirigente alla Rai e all'Olivetti; direttore generale dell'Istituto Luce, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Consiglio Regionale della Lombardia. Insegna Comunicazione pubblica e politica e Public Branding. Ha scritto molti libri sia su media e comunicazione che di storia, politica e questioni identitarie. Da giovanissimo è stato segretario dei giovani repubblicani a Milano, poi ha partecipato al nuovo corso socialista tra anni settanta e ottanta. Poi a lungo non appartenente. Più di recente ha lavorato sul civismo progressista (Milano e Lombardia) e su un progetto politico post-azionista in relazione al quale è parte della direzione nazionale di Più Europa.

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Tag: Draghi

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