Classici contemporanei

Il sogno di Alceta: per guardare la luna tra pensiero e ragione

In queste notte di plenilunio con gli occhi attenti a scrutare il cielo, grazie ad un telescopio, offerto al mio sguardo da un amico astrofilo ho visto, per la prima volta e non su di un foglio stampato, i crateri lunari: un’emozione fortissima che commuove ma che mi ha dato  la certezza che non sarei stata più capace di guardare la luna con gli occhi di sempre e ricordai un sogno…

“Odi Melisso: io vò contarti un sogno… io me ne stavo alla finestra… ed ecco all’improvviso distaccarsi la luna… Infin che venne a dare di colpo in mezzo al prato; ed era grande quanto una secchia… stridea sì forte come quando un carbon vivo nell’acqua immergi e spegni… Allor mirando in ciel, vidi rimaso un barlume, o un’orma, anzi una nicchia ond’ella fosse svelta, in cotal guisa ch’io ne agghiacciava; e ancor non m’assicuro” (G. Leopardi frammento XXXVII).

Così si rattristava Alceta raccontando il suo sogno a Melisso che, rassicurante, rispondeva: “La luna in ciel… da nessuno cader fu vista mai se non in sogno”.

E se quel sogno si avverasse? E se non fossimo più in grado di guardare la luna con gli occhi di un Greco?  Incantato, affascinato, commosso come da una presenza femminile, vicina e lontana, la Selene, misteriosa e lucente? Quanti oggi sanno che Selene era il nome a cui la luna rispondeva? Il suo aspetto sembra essere sottratto sempre più allo sguardo desideroso di riposo, ordine, bellezza per diventare, probabilmente, in un tempo futuro non molto lontano, uno spazio edilizio o un territorio di caccia, di corsa al potere. Eppure la scienza non può fermarsi, la sua forza è più grande e irresistibile di uno sguardo incantato. E poi guardare il cielo stellato potrebbe servire a consolarci della negatività che ci circonda? Sarebbe come dire vada come vada, comunque io continuo a guardare il cielo stellato e a guadagnare la mia pace interiore: una inaccettabile se non immorale scelta di disimpegno. E allora “che fai tu luna in ciel?” continuando con le citazioni leopardiane.

Evidentemente ora che sei stata sottratta al monopolio dello sguardo dei poeti e il tuo mistero è stato in parte svelato dagli occhi della scienza, diventi il limite di nuovi paradigmi conoscitivi, di nuove sintesi.

E allora Selene, luna, satellite terrestre, a qualunque nome ti piaccia rispondere, per l’uomo di oggi “occhialuto” ma perennemente smarrito rappresenti la meditazione irrinunciabile tra la forza della ragione e il pensiero riflessivo, tra le certezze della scienza e il fascino del mistero e dell’immaginazione senza cui la scienza stessa non avrebbe ragion d’essere; la Vittoria della Bellezza discreta e silenziosa delle tue splendide notti di plenilunio sulla squallida e chiassosa volgarità di uno sguardo frettoloso e superficiale, incapace di cogliere le Differenze.

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Antonella Botti

Sono nata a Salerno il 3 Marzo del 1959 ma vivo da sempre a Sessa Cilento, un piccolo paese di circa 1300 anime del Parco Nazionale del Cilento. Ho studiato al Liceo classico “Parmenide” di Vallo della Lucania ed ho conseguito la laurea in Lettere moderne. Sono entrata nella scuola come vincitrice di concorso nel 1987, attualmente insegno Letteratura Italiana e Latino al Liceo Scientifico di Vallo della Lucania. Ho pubblicato due testi di storia locale: "La lapidazione di Santi Stefano" e "Viaggio del tempo nel sogno della memoria". Da qualche mese gestisco un blog, una sorta di necessità interiore che mi porta a reagire al pessimismo della ragione con l’ottimismo della volontà. I tempi sono difficili: non sono possibili "fughe immobili".

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