«“Stiamo osservando che il virus perde potenza. Evolve, ma perde contagiosità e, probabilmente, letalità”. Sono parole di speranza quelle pronunciate davanti alla Commissione Sanità del Senato da Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di statistica medica ed epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-Medico di Roma. Un parere condiviso da numerosi esperti. Come Matteo Bassetti, direttore di Malattie infettive al San Martino di Genova: “A marzo questo virus era uno tsunami, ora è diventato un’ondina. Forse è perché ha già colpito i soggetti più fragili, facendo una selezione naturale, o forse si è depotenziato”. E Francesco Le Foche, primario di Immuno-infettivologia al Day hospital dell’Umberto I di Roma: “Oggi vediamo sindromi meno importanti dal punto di vista clinico. Potrebbe essere dovuto a una riduzione della potenza del virus, ma i progressi non devono far pensare a tana libera tutti”» [Cuppini-Turin, CdS].
Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Bergamo: Non dobbiamo farci prendere dal panico. Le pandemie passano, anche quelle più gravi, e una volta che la curva inizia a decrescere è difficile che quella curva torni a salire in modo drammatico, specie quando un paese ha compreso, a tutti i livelli, l’entità della sfida. Non so se è il virus a essere mutato o se a essere cambiata è la carica virale di ogni paziente ma posso dire che sembra di essere di fronte a una malattia molto diversa da quella che ha messo in crisi le nostre strutture all’inizio della pandemia: oggi su tre pazienti che arrivano, uno viene ricoverato e due vengono curati a casa; fino a qualche settimana fa la stragrande maggioranza dei pazienti che arrivava aveva difficoltà respiratorie»
[a Claudio Cerasa, Foglio].
I 300 morti al Trivulzio
Al Pio Albergo Trivulzio di Milano ci sono stati 300 morti tra gennaio e aprile, rispetto ai «186 decessi medi dello stesso periodo tra il 2015 e il 2019». L’ha spiegato il supervisore del Pat Fabrizio Pregliasco in una videoconferenza stampa. In particolare, ci sono stati 133 morti ad aprile e 70 a marzo. Al Pio Albergo Trivulzio c’è stato un «adeguamento a disposizioni nazionali e regionali, con tutti i limiti che qua e a livello nazionale c’erano» ed è stata garantita «l’assistenza», ha detto Pregliasco, aggiungendo anche che il tasso di incremento della mortalità a marzo e aprile è stato inferiore a quello della città di Milano, «ad aprile a Milano del 135%, al Trivulzio del 61%».
Bonafede: «Rimando dentro tutti i boss»
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha deciso di rimandare in carcere i mafiosi a cui sono stati concessi i domiciliari per questioni di salute legate all’emergenza coronavirus. E per questo sta studiando un decreto che consenta ai magistrati di sorveglianza di rivalutare le scarcerazioni già disposte. Scrive Liana Milella su Rep: «In cantiere c’è un intervento tarato proprio sulla fase 2 della pandemia. Perché Bonafede dice: “Se il rischio contagio è stato, secondo i magistrati, causa delle scarcerazioni, adesso è il momento di riportare in carcere per legge i detenuti al 41 bis e quelli che si trovano nell’Alta sicurezza. Questo perché la situazione sanitaria è cambiata”. Ovviamente questa è la risposta del ministro della Giustizia all’elenco dei 376 mafiosi scarcerati. Un decreto, quello di Bonafede, che ricorderebbe molto quello deciso in piena notte nel 1992 dall’allora Guardasigilli Martelli e da Giovanni Falcone agli Affari penali per non far uscire dalle carceri importanti boss cui scadeva la custodia cautelare».
Durante il question time alla Camera, il ministro Bonafede ha respinto le accuse per la vicenda di due anni fa, la mancata nomina del pm antimafia Nino Di Matteo alla guida del Dap: «Non c’è stata nessuna interferenza diretta o indiretta nella nomina avvenuta nel 2018. Ogni altra illazione uscita in questi giorni è campata in aria, il dibattito scaturito è surreale». In serata l’Anm, l’associazione nazionale magistrati, è intervenuta con una nota ufficiale che sembra prendere le distanze, senza citarlo, dalle parole espresse da Di Matteo: «Per i magistrati della Repubblica, ferma la libertà di comunicazione e manifestazione del pensiero, è sempre doveroso esprimersi con equilibrio e misura, valutando con rigore l’opportunità di interventi pubblici e le sedi ove svolgerli».
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