Per Le Interviste di Moondo Tiziana Buccico, giornalista, intervista l’Architetto e Paesaggista Agostino De Ferrari. Classe ’68, figlio d’arte del noto Giorgio De Ferrari, è una persona eclettica, che ha vissuto in giro per il mondo, facendo esperienza sia come architetto che come paesaggista.
La prima domanda che la nostra giornalista pone all’architetto è come cambierà l’architettura, l’urbanizzazione e la natura in seguito alla pandemia. Agostino De Ferrari spiega come siano lunghi i tempi dell’architettura, dall’elaborazione progettuale, alle questioni amministrative e autorizzative e poi la realizzazione. I tempi del processo edilizio non necessariamente coincidono con l’emergenza che stiamo affrontando in questo momento. Sicuramente nel futuro, in seguito alla pandemia, cambieranno molte cose come l’uso degli spazi, nuove modalità di lavoro e di insegnamento grazie alle tecnologie, e la crescente voglia di vivere lo spazio pubblico. Ci saranno nuove esigenze e probabilmente nuove regolamentazioni che cambieranno i progetti magari rendendoli più reattivi e snellendo la burocrazia.
Riguardo al suo lavoro da architetto, De Agostino ci spiega la filosofia su cui si basa Lo Studio De Ferrari Architetti. Fondamentalmente lo studio cerca di mettere in pratica alcuni concetti guida che dovrebbero sempre guidare l’architetto nell’approccio al progetto, ovvero la conciliazione del genius loci, vivendi e quello culturale.
Il genius loci è lo spirito del luogo presente prima del progetto, ovvero il contesto storico, tecnologico, abitativo. A questo si può associare il genius vivendi, cioè come le persone abitano gli edifici progettati e come vivranno gli spazi, e ancora lo spirito culturale a cui è indirizzato il progetto, la capacità di cogliere le varie esigenze degli abitanti in base al contesto culturale.
Ritornando al tema del paesaggio l’architetto ci spiega la differenza tra paesaggio urbanizzato e naturale.
Esistono paesaggi a forte impronta naturalistiche come le riserve naturali, che hanno il fine di preservare una determinata varietà di flora e fauna. Poi ci sono paesaggi antropizzati che uniscono il lavoro dell’uomo e la bellezza naturale, ne sono un esempio i paesaggi agricoli, dove l’uomo fa un uso del territorio in simbiosi con la natura. In questo caso l’agricoltura è funzionale alla bellezza del paesaggio perché lo definisce.
Poi ci sono quelle frange di territorio nelle città che sono abbandonate, ma con grandi potenzialità. Oggi, afferma l’architetto, si dovrebbe investire nella riqualificazione ambientale e investire sull’uso pubblico e collettivo di questi spazi, così da riconnettere la città alla campagna. Infine c’è il paesaggio urbano, e qui il punto su cui concentrarsi sono sicuramente le periferie da riqualificare.
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