Nelle giornate convulse di una dura, e per molti versi inedita, contrapposizione italo-tedesca sull’emissione dei cosiddetti Coronabond, la manifestazione di solidarietà verso il popolo italiano pubblicata dalla Bild-Zeitung la settimana scorsa (“Siamo con voi!”), lungi dal suscitare sentimenti di gratitudine al di qua delle Alpi, ha inasprito ancor di più un già diffuso e assai generalizzato risentimento verso “i tedeschi”.
In verità, l’articolo è stato male accolto soprattutto da una certa intellighenzia della carta stampata, sempre pronta a stigmatizzare luoghi comuni e stereotipi, da qualsiasi parte essi provengano, senza soffermarsi troppo a capirne la genesi e le conseguenze.
L’irritazione, espressa senza mezzi termini (“la pagina ipocrita della Bild”, “la solidarietà pelosa dei tedeschi”), deriva dalla descrizione che il tabloid tedesco fa del nostro Paese, sintetizzandola con le solite immagini che così fortemente ci caratterizzano nell’immaginario collettivo tedesco: il buon cibo, il mare azzurro, le belle città, le canzoni di Umberto Tozzi, la pasta, il Campari, l’amore, la “dolce vita”… insomma il solito stereotipo dell’italiano che mangia bene, ascolta bella musica, si gode la vita nelle sue bellissime città e nel suo mare azzurro, rilassato, bello, appassionato e grande amatore; l’italiano che fa sognare i tedeschi, ma allo stesso tempo li rende “invidiosi” del nostro stile di vita. Nessun accenno all’Italia potenza economica, colpita proprio nelle regioni con un tasso d’industrializzazione e un reddito pro-capite più alto di molti Länder tedeschi; Paese ricco e terzo contributore dell’Unione Europea; all’Italia che lavora duro e si sacrifica con spirito di abnegazione nei turni disumani del personale ospedaliero; che costruisce ospedali in pochi giorni dimostrando una sorprendente efficienza “cinese”, lamentano alcune firme del nostro giornalismo.
Tuttavia ipocrita è soprattutto quel “ce la farete” finale, perché sottintende “da soli.” Confermato da quel “perché siete forti”, che sottintende “anche senza i nostri aiuti.”
Il messaggio quindi è chiaro: il popolo tedesco è vicino moralmente al popolo italiano nel suo sforzo individuale e solitario ed è impaziente di tornare in Italia per mangiare una pizza e bere un caffè.
Un’intellighenzia che evidentemente sembra ignorare quali siano i lettori di riferimento della Bild-Zeitung e che quell’articolo parlasse soprattutto a loro.
Il mercato cui si rivolge il tabloid tedesco è lo stesso cui si rivolge qualsiasi altro tabloid europeo (come il Sun in UK e come aspira a essere Libero in Italia), la cosiddetta “pancia del Paese” ovvero quelle fasce della popolazione con basso livello d’istruzione, spesso con punti di riferimento culturali poco solidi, se non assenti, le cui convinzioni vengono da sentimenti istintivi e immediati, “di pancia” appunto. Lettori che cercano soprattutto cronaca rosa, e nera, scandali, sesso, sport e politica banalizzata, che i tabloid gli vendono a piene mani.
Una parte rilevante dell’opinione pubblica (la Bild è il quotidiano tedesco di gran lunga più letto con oltre tre milioni e mezzo di lettori) molto incline a sintetizzare la complessità della cultura di un popolo attraverso stereotipi e luoghi comuni.
Le analisi ragionate e raffinate, mediate da conoscenza approfondita e intelletto, razionalità e dubbio, vengono piuttosto da settimanali come Der Spiegel, che parla alla “testa del Paese” e pubblica articoli di tutt’altro spessore e in tutt’altra direzione, come abbiamo visto qualche giorno dopo (“Il rifiuto tedesco degli Eurobond è non solidale, gretto e vigliacco”).
Tuttavia in Occidente viviamo in Paesi democratici, dove i parlamenti e i governi sono eletti con il suffragio universale, quindi numericamente il peso elettorale della Bild è molto più importante di quello di Der Spiegel. Un dato fondante delle democrazie occidentali, troppo spesso sottovalutato dalle intellighenzie.
Non solo, i lettori della Bild, proprio per i loro deboli o inesistenti ancoraggi culturali, sono più facilmente manipolabili dalla propaganda spicciola di movimenti populisti, tipo Alternative für Deutschland, che ultimamente ha peraltro guadagnato molti consensi nella società tedesca.
Il timore di cadere negli stereotipi e nelle generalizzazioni spesso può farci perdere di vista quel comune sentire popolare, quegli immaginari collettivi, figli di tratti culturali distintivi di un popolo, che esistono e spesso derivano da determinati trascorsi storici. Non solo esistono, ma possono risultare decisivi nelle battaglie elettorali e i policy-makers tedeschi sembrano esserne ben coscienti quando prendono posizione in ambito europeo.
Schadenfreude è una parola tedesca che non ha un equivalente nelle lingue latine e neanche in inglese, seppur idioma di derivazione germanica. Per tradurla quindi serve una proposizione: “Provare gioia per la disgrazia altrui”. Non solo nella lingua tedesca esiste una simile parola che esprime un preciso sentimento, ma vi è anche un proverbio a essa legato: Schadenfreude ist die schönste Freude (den sie kommt von Herzen)!, “la gioia per la disgrazia altrui è la gioia più bella (perché viene dal cuore)!”
La Schadenfreude e il suo proverbio non vanno confusi con il “mal comune, mezzo gaudio”, che non solo esprime un mezzo gaudio, ma soprattutto presuppone un male comune. Il sollievo (mezzo gaudio) che si prova nella percezione di non essere i soli caduti in disgrazia (male), è un sentimento che accomuna molti popoli – che infatti hanno dei proverbi per esprimerlo, la misère aime la compagnie in francese, trouble shared is trouble halved in inglese – e che rimanda anche a un concetto di solidarietà. Diversamente, la “delizia del danno altrui” è un sentimento specifico e caratterizzante dell’anima germanica: pur in presenza di una condizione personale di benessere, si gode del malessere altrui! E viene addirittura considerata la gioia più grande, perché viene dal cuore, come recita il proverbio.
Spinta all’estremo, la Schadenfreude conduce al sadismo ovvero all’eccitazione provata nel generare l’altrui sofferenza psico-fisica. Non a caso, nelle infinite e sempre ricorrenti analisi storico-psico-sociologiche sul tema, c’è anche chi l’ha chiamata in causa per analizzare la genesi del campo di concentramento nazista e soprattutto il suo meccanismo di funzionamento, fondato sulla tortura psico-fisica e sul sadismo. Ora, rimandando ad altri dibattiti i suoi fenomeni degenerativi, qui interessa capire come la schadenfreude possa avere un impatto nel sentimento che il popolo tedesco nutre nei confronti dei popoli dell’Europa meridionale e quindi come possa esercitare un ruolo nelle posizioni assunte dai policy-makers tedeschi in ambito europeo.
Nel dibattito sui Coronabond i Paesi germanici non hanno mancato di riesumare per l’ennesima volta la solita allegoria della formica e della cicala per definire due filosofie di vita fondanti e opposte, che caratterizzano i popoli germanici da un lato e i popoli dell’Europa meridionale dall’altro. Un’allegoria che ci aiuta a capire il lato oscuro dell’anima teutonica espressa nella schadenfreude.
Arbeiten (lavorare) e Sparen (risparmiare) sono due verbi molto importanti e molto utilizzati nella lingua tedesca, perché il lavoro e il risparmio sono due elementi fondamentali nella realizzazione esistenziale del popolo che la parla. Lavorare tanto e produrre tanto, ma senza poi consumare e prendersi la meritata ricompensa: dopo la fatica del lavoro arriva il sacrificio del risparmio. E’ l’Opferbereitschaft, il grande spirito di sacrificio e abnegazione, valore fondante di cui i tedeschi vanno tanto fieri. La sua connotazione positiva peraltro si esprime perfettamente nell’espressione es geht berg auf, letteralmente “va tutta in salita”, che nella lingua tedesca assume anche il significato figurato di “stiamo andando nella direzione giusta” e il “futuro ci sorride”. La salita ripida emblema della fatica indica la direzione giusta da seguire per un futuro ricco di soddisfazioni. E’ la vita della formica.
La coscienza di condurre una vita fatta principalmente di fatica, di sacrificio, di abnegazione è sostenibile solo nel momento in cui tale scelta esistenziale porti a essere i “primi”. Tuttavia ciò non basta, qui subentra la Schadenfreude: chi non fatica e non fa sacrifici deve soccombere. Come la cicala. Non può salvarsi, perché ciò metterebbe in discussione la dolorosa scelta esistenziale dei “primi.” Non basta il benessere proprio, si deve accompagnare al malessere di chi è avverso alla Opferbereitschaft.
Se prendiamo come riferimento le figure allegoriche di una tradizionale classe scolastica, il tedesco è il secchione, che non passa il compito al lavativo.
Il greco è il belloccio con la moto che esce tutti i giorni, fa sport, è atletico, si diverte ed esercita fascino sulle ragazze della classe. Ovviamente non studia mai. Il greco è l’ultimo della classe, ma al tedesco non basta, deve pagare congruamente la sua scelta esistenziale profondamente avversa alla fatica e al sacrificio. Non gli passa il compito, non è giusto salvarlo, deve essere bocciato e ripetere l’anno. La felicità del secchione, quindi, non può prescindere dall’infelicità di chi fa una scelta esistenziale opposta alla sua, scegliendo di vivere come una cicala.
E l’italiano? L’italiano è percepito dal lettore della Bild con lo stesso stile e la stessa filosofia di vita del greco. D’altronde nella lingua italiana “il futuro ci sorride” quando “la strada è tutta in discesa”, quindi esattamente la connotazione opposta rispetto all’espressione tedesca. A differenza del greco però l’italiano, lungi dall’essere bocciato, prende buoni voti e, seppur, nella media, inferiori a quelli del tedesco, in alcune materie sono addirittura migliori. Ciò è incomprensibile, ingiustificabile, intollerabile per la visione manichea della formica e della cicala, che l’anima teutonica ha della vita e del mondo. Come può l’italiano vivere come una cicala e raccogliere i frutti di una formica?
L’italiano è il corto circuito del lettore della Bild. Da un lato esercita fascino su di lui, ne è profondamente attratto, lo ammira perché vorrebbe essere capace di seguire il suo stesso stile di vita. Dall’altro lo invidia e lo maledice, perché mette totalmente in discussione le certezze del suo equilibrio esistenziale.
Se un giorno finalmente arrivasse l’agognato momento in cui quel compagno intollerabilmente fortunato fosse chiamato a pagare per i suoi piaceri, egli magari fingerà di dispiacersi, ma in “cuor” suo la schadenfreude lo vuole bocciato, fallito. La visione manichea è di nuovo confermata, la scelta esistenziale vincente e sostenibile.
Analizzando l’articolo della Bild dall’ottica dei suoi lettori (ed elettori), riusciamo meglio a capire la posizione della Merkel, ferma nel rifiuto dei Coronabond.
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