Dal verbo Krino, separare, scegliere, era usato dai nostri progenitori greci per indicare l’azione di raccogliere solo ciò che serviva una volta mietuto il grano. Separare la paglia dalla parte nutriente e vitale. Scegliere è vivere, ma scegliere è anche scartare, lasciare da parte qualcosa. Per noi moderni scartare qualcosa che non serve significa rischiare di scontentare qualcuno che potrebbe esserci utile in seguito e quindi non si sceglie, si cerca di portare appresso un po’ di tutto riducendo la nostra attrezzatura vitale.
È venuto il momento di scegliere. Scegliere una meta, una rotta, come ogni marinaio che voglia raggiungere un porto sicuro tiene sotto controllo la bussola che indica la direzione di approdo, l’unico luogo dove la vita può continuare. Ecco allora che separare, scegliere dei greci diventa una lezione di vita che dalla agricoltura al mare arriva fino a noi con la forza della ragione e della esperienza, ecco che scegliere scartare diventa generatore dell’etica della responsabilità che impone di valutare le scelte sulla base delle conseguenze per tutti. Ecco allora che la responsabilità fa perno sulla libertà di una comunità di progredire all’interno dei propri valori ed al di fuori dei propri singoli interessi. Se è vero che nel tempo anche gli strumenti più antichi possono avere un diverso aspetto, ecco che il nostro compito sarà quello di costruire “La bussola di Krisis”, che ci guida nel nostro viaggio attraverso la transizione, evoca la necessità di scegliere: valori, idee, progetti che devono portarci fuori dal tunnel dell’emergenza verso un nuovo approdo, verso nuovi orizzonti. Se non vogliamo tornare indietro, alla cosiddetta normalità, dobbiamo, come Alice, spiccare il balzo oltre lo specchio, per approdare in un paese delle meraviglie (piero bassetti, oltre lo specchio di alice, ed. guerini e associati), trasformato dalla innovazione, dove potremo, conciliando valori e fini, mettere mano a uno sviluppo della produzione che garantisca la vita del pianeta e ad una trasformazione delle istituzioni per garantire a tutti i cittadini una vita dignitosa. Un nuovo Welfare State, un vero “Stato del benessere” che dovrà includere i valori della solidarietà invece dell’egoismo, dell’onestà invece della corruzione, del rispetto invece dell’odio, della pietà invece dell’indifferenza.
Con l’espressione ‘Stato del benessere’ (dall’inglese Welfare State) si intende un insieme di servizi ‒ istruzione, assistenza sanitaria, pensioni, protezione contro malattie, infortuni e disoccupazione ‒ che lo Stato garantisce ai propri cittadini. Per spesa sociale si intende la quota della spesa pubblica, e della spesa privata, destinata a coprire il sistema del welfare state. La crisi del Welfare State del secolo scorso deriva naturalmente da una pluralità di fattori. L’indebolimento dell’industria tradizionale e l’espansione dell’alta tecnologia hanno cambiato economia e mercato del lavoro; mentre aumenta la povertà che colpisce soprattutto disoccupati, pensionati e giovani.
Come è stato finanziato lo Stato sociale? è stato finanziato sia dal fisco sia dai contributi di lavoratori e datori di lavoro. Questo sistema non funziona più.
Da oltre un decennio viviamo in uno stato di transizione, sappiamo che indietro non si torna e avvertiamo sulla nostra pelle la difficoltà di raggiungere un nuovo traguardo fatto di certezze e benessere. Inoltre lungo questo decennio abbiamo sperimentato tutti i limiti e le insufficienze del sistema democratico così come lo abbiamo ereditato dal secolo passato. La crisi di classe dirigente è figlia di una democrazia rappresentativa che garantisce sempre meno quel mix necessario tra domande/necessità dei cittadini e risposte delle istituzioni dello Stato che si chiama capacità di governo.
Alla domanda di più competenza si è risposto con più populismo. Alla necessità di più solidarietà si è risposto con più privato. Ora non c’è più tempo, bisogna invertire la rotta: sono urgenti politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene, in un’economia di mercato, per garantire l’assistenza e il benessere dei cittadini.
L’obiettivo principale dello Stato sociale oggi è quello di impedire che si allarghi la forbice tra ricchi e poveri, fra lavoratori occupati e disoccupati, tra vecchia e nuova generazione, che impedisca la nascita di nuove forme di discriminazione sociale. In poche parole si deve riaffermare in Europa l’intervento dello Stato nell’economia, non per replicare politiche di assistenza, ma per promuovere, sostenere, finanziare l’iniziativa imprenditoriale. Perché solo un sistema che genera più imprese può garantire più lavoro e più lavoro genera più ricchezza (lorenzo fioramonti, un’economia per stare bene, ed. chiarelettere).
La rotta sarà giusta se sapremo scegliere dopo un confronto aperto di idee e un dialogo leale. Una rotta che porterà al “Congresso” delle tante Alleanza Civica, incontro tra diverse realtà civiche del Belpaese, sintesi di culture storiche ed esperienze innovative, per un progetto politico, segno positivo per il futuro.
Nelle prossime settimane si getteranno le basi di una ricerca su temi che ci riguardano tutti e tutti insieme. Una ricerca per dare risposte a problemi complessi: transizione, ecologia, digitale, tecnologia, welfare. Sono sfide strutturali, richiedono soluzioni adatte. A partire dalla città che, nel governo di problemi complessi, ha la capacità di reinventarsi con l’innovazione molto più prontamente che la nazione. Le città italiane di piccola e media dimensione sono le più adatte ad affrontare il futuro.
Le potenzialità delle tecnologie digitali di usare i dati per compiere delle scelte devono passare dalle mere applicazioni di marketing alla politica, alle decisioni dei e sui beni comuni e ribaltare la logica centralistica che porta le decisioni in aree al vertice sempre più ristrette e lontane dalle città e i suoi abitanti. Le potenzialità delle nuove logiche tecnologiche (il 5G, l’Edge Computing, le Blockchain, gli NFT) aprono alla possibilità di riorganizzare relazioni, decisioni, affidabilità come non era mai stato possibile ipotizzare, utilizzando fino in fondo il loro potenziale di funzionamento decentrato e garantito. Queste “logiche” abilitano a nuovi modelli di welfare andando oltre il semplice “sostegno alla domanda” o “offerta di servizi”, rendendo il vivere a minor impatto e consentendo una ripartizione della spesa sociale diversa e più eguale, puntando alla ricostruzione di relazioni consapevoli tra uomini e tra uomini e pianeta. In altre parole, indicando un porto sicuro verso cui orientare la rotta individuale e collettiva. (sergio bellucci, ai-work la digitalizzazione del lavoro, ed. jaca book).
Di fronte all’emergenza climatica e alla rivoluzione digitale le classi dirigenti di ogni parte del mondo non sanno agire, non perché non sanno, ma perché agire significa, per la sopravvivenza del pianeta, cambiare il complesso delle politiche, finanziaria, economica, sociale, imponendo ai cittadini sacrifici che minano il consenso.
Nel nostro Paese servono nuove istituzioni e politiche capaci di affrontare con coraggio la svolta necessaria. L’era del PIL è finita. Servirà un nuovo modello di crescita. Servirà più sostenibilità e più imprese per avere benessere sociale e ambientale. Servirà intrecciare logiche funzionali e dinamiche reticolari, servirà un sistema di circolazione delle idee, servirà una strategia e una classe dirigente colta e competente in grado di attuarla.
L’amore per noi stessi e per il mondo in cui viviamo ci spinge a conservare il patrimonio di cui disponiamo, la natura come bene comune. Non serve per questo nessun apparato ideologico, piuttosto un invito ad unire le forze contro il degrado dell’ambiente che ci serve custodire per le necessità della vita (paolo portoghesi, il sorriso di tenerezza, ed. libreria editrice vaticana).
Serviranno modifiche al sistema politico- istituzionale che potenzino le autonomie locali, lasciando più spazio all’istituto referendario con l’utilizzazione di tecnologie digitali, riempiendo di nuovi contenuti il rapporto di rappresentanza politica favorendo l’elezione al Parlamento di persone espressioni del territorio in cui sono eletti. La rete di Alleanza Civica può costituire un valido laboratorio tecnico-pratico per la realizzazione di questi obiettivi.
Alleanza Civica è la Bussola di Krisis per uscire dalla transizione.
Giampaolo Sodano
PS= la “commedia” della elezione del Presidente della Repubblica è l’ennesima prova, se ce ne fosse stata necessità, della totale inadeguatezza del ceto politico che i cittadini italiani ci hanno consegnato con il loro voto. Certamente si può obiettare che la scelta era condizionata in modo significativo da una norma elettorale, tutt’oggi vigente, che affida i capi partito il potere di candidare e far eleggere soltanto coloro che gli sono fedeli. Ma un dirigente politico non è un cane!
Osservazione a margine: capi partito non vuol dire leader e partito non vuol dire articolo 49 della Costituzione.
Costoro hanno occupato la scena recitando la loro parte in un modo che più sciatto e volgare non si era mai visto, basti pensare alle offese nei confronti di un galantuomo servitore dello Stato come Franco Frattini, presidente del Consiglio di Stato o i gossip sulle visite a casa di un altro autorevole personaggio come Sabino Cassese.
Veramente un brutto spettacolo!
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