L’Italia è il quarto paese al mondo per la contraffazione dopo Stati Uniti, Francia e Germania: 4 miliardi persi ogni anno. Più che raddoppiati i profili Instagram che pubblicizzano merce falsificata. In uno studio UE, nell’ultimo anno, il 37% dei giovani intervistati ha comprato falsi sulla rete (contro il 14% del 2021 – fonte Euipo, Ufficio dell’Unione europea per la Proprietà Intellettuale).
Nel 2016 erano 20.892 gli account Instagram che vendevano prodotti contraffatti, nel 2019 ne sono stati scoperti 56.769, con un aumento del 171% (e siamo parlando di dati ormai vecchiotti, chissà oggi i livelli che avranno raggiunto).
Su Instagram, o più in generale, sui social, si fa pesca a strascico e poi si portano gli utenti su siti ecommerce che spesso stanno online per qualche settimana.
Pochi giorni fa la Guardia di Finanza ha chiuso 40 domini che pubblicizzavano la vendita online di prodotti contraffatti di prestigiosi marchi italiani e stranieri: abbigliamento, accessori, calzature, articoli sportivi e orologi. Ma 40 siti chiusi sono una goccia nel mare.
Qualche spiritoso ha fatto il paragone con i “vu cumprà” delle spiagge: ormai sono tutti online. C’è da dire che bloccare i pagamenti dei truffatori e segnalarne i siti è molto semplice ma la velocità con cui oggi si può costruire dal nulla un sito di commercio elettronico e comprare 4 sponsorizzazioni (ma non ci dovrebbero essere dei controlli?) per portarvi subito traffico è un lotta impari come Davide e Golia.
Fonte: Il messaggero, dati Euipo e Fata (studio realizzato tra l’Università Cattolica e il dipartimento di Pubblica sicurezza del Viminale)
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