C’era molta gente ieri alla marcia della pace Perugia-Assisi. C’era un popolo che sembrava distante dai suoi rappresentanti politici che hanno disertato la manifestazione, contrariamente al passato. Forse hanno pensato che la loro determinazione di fornire armi all’Ucraina non andava molto d’accordo con la sensibilità del popolo della pace.
Questi infatti hanno invocato trattative subito, diplomazia per far cessare il massacro, certi che se le grandi potenze volessero, la pace si otterrebbe in pochi giorni. Ma l’Europa, gli Stati Uniti, la Cina non si mettono d’accordo, ognuno tutela i propri interessi, e si dividono nell’appoggiare l’uno o l’altro, l’aggredito o l’aggressore. Dunque agli ucraini arriveranno armi più potenti per resistere all’invasore e magari armi di offesa per ricacciare i russi al di là delle frontiere, e punirli dell’aggressione subita.
Assisteremo al protrarsi del conflitto, con il rischio che l’aggressore russo possa innescare risposte terrificanti come ebbe a dire Putin all’inizio del conflitto. Una minaccia per dissuadere l’Occidente ad intervenire. Ne avrebbe la possibilità e non gli mancherebbe la volontà. Striscioni arcobaleno per lo più, a guidare il popolo della pace, e in numero minore bandiere rosse con la falce e il martello, quelle della Cgil, della Coop, e di altre associazioni.
Oltre i gonfaloni di centinaia di Comuni. Il popolo di ieri per gli oltre 20 chilometri del tragitto ha invocato la pace. Non ha detto come ottenerla, ha espresso una preghiera, un’aspirazione. Il come è compito dei grandi politici che se ci sono perseguono altri obbiettivi che non sono la pacificazione. Non c’erano i politici che affollano Montecitorio, o i talk della TV, non c’erano e diranno che erano assenti per delegittimare una riunione sediziosa, filo-russa, filo-Putin.
Non c’era la grande stampa e le televisioni, solo qualche sparuto rappresentante, a certificare lo iato tra popolo e classe dominante. L’invocazione alla pace che saliva ieri ad Assisi era un appello a fare presto, perché alla fine un qualche accordo si troverà, è sempre successo nella storia, ma bisogna fare presto. Ogni giorno più gente muore, l’odio aumenta e diventerà nel tempo causa di nuovi regolamenti di conti.
La Russia ha aggredito, bisogna trovare il modo di fermarla, con altri mezzi che non siano l’incrudimento della guerra e altri morti. Si riaffaccia il sospetto che per qualcuno la guerra è occasione di profitto, al di là delle ideologie che si mettono in campo per giustificarla.
Ucraini e russi sono entrambi slavi, uniti da una storia comune, da una medesima religione, ma anche da torti inferti e subiti. Come non ricordare le vessazioni di Stalin sugli agricoltori e proprietari terrieri ucraini e in risposta l’adesione degli ucraini alla guerra dei nazisti contro i sovietici. Per citare solo due fatti eclatanti.
Bisogna costringerli ad un tavolo di trattative, per un accordo che metta fine ai massacri che i media raccontano, un accordo che scongiuri l’allargamento del conflitto, il pericolo di una terza guerra mondiale. Ogni giorno sempre di più, il conflitto in corso è un regolamento di conti tra l’Occidente e la Russia e a morire sul campo è il popolo ucraino.
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