Ultimamente non riesco ad ascoltare musica.
O meglio la ascolto solo quando sono sola e non è meglio.
Non credo di essere tra quelli che ascoltano musica d’élite, di un certo livello, di un certo spessore.
Ascolto musica come mi sento.
La stessa sensazione la provai il 9 dicembre 2014.
Ero in macchina sulla E45 che da Terni mi stava riportando a casa.
Si, proprio così, la strada mi stava riportando a casa perché fosse stato per me mi sarei accartocciata su me stessa, in un bozzolo, al sicuro e sarei uscita farfalla in un secondo momento, quando tutto fosse passato.
Il cielo era terzo, stonava con quello che avevo dentro, non tempesta, non pioggia ma nebbia, quella fitta talmente fitta che non ti fa vedere ad un palmo dal naso, dal futuro, quella che ti soffoca, come se quel referto mi fosse stato infilato in gola.
Anche la musica che passava era qualcosa che riguardava il natale, quelle canzoni che ti dovrebbero far venire voglia di fare regali e addobbare l’albero di Natale.
Il Natale, la nascita e a me era appena stato detto che avevo un tumore e che prima di parlare con le mie figlie, perché l’unica cosa che ero stata capace di chiedere dopo aver ritirato il referto e rimasta sola con la psicologa le chiesi se dovevo dirlo alle mie figlie di 14 e 11 anni.
E lei mi disse: No, meglio aspettare per vedere quali danni ha fatto”.
Danni??? Cosa sta dicendo?
Lo avreste visto voi il sole appena usciti dall’ospedale? L’avreste fatto l’albero di Natale?
Viaggiai con la radio spenta…
Mille pensieri, o forse uno, non lo ricordo più.
L’unica cosa che mi faceva stare bene era che io l’albero lo avevo fatto prima del tempo, non era mai successo negli anni passati, ma quell’anno dissi alle mie figlie che avevo voglia di fare l’albero prima dell’8 dicembre per averlo di più in casa, per goderci di più quell’atmosfera.
Quello che è vero è che lo feci prima con loro per paura di non poterlo fare più.
Cercarmi dentro, scrutarmi è una cosa che faccio da sempre, per capire dove sbaglio, per capire il motivo che mi spinge a comportarmi in un modo piuttosto che in un altro, forse più “normale”.
Ecco credo che la mia folle, indomabile voglia di volere le cose ora (subito!!!) abbia origine proprio da qui.
“Il tempo che ho, è oggi.”
Non è comprensibile per chi non ha attraversato con la sua barchetta di carta le onde del mare.
Non è comprensibile per chi crede di avere il controllo della propria vita.
Non è comprensibile per chi pensa di poter essere la felicità o l’infelicità di qualcuno.
È comprensibile a chi in un bellissimo giorno di sole ha sperimentato la notte più buia.
E come scrisse la mia dolce Emily “…vennero a trovarmi le prime luci del mattino come se fossero le prime parole di una storia d’amore.”
La mia alba, la mia nuova vita ❤
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