Nell’italico orgoglio sono assunte, come tipiche della “latinità”, la passionalità e l’emotività e non trova spazio, invece, la razionalità. La tragica vicenda della pandemia di “coronavirus” impone un cambio di passo.
La denigrazione non deve sempre accompagnarsi all’attribuzione di responsabilità agli avversari da battere, ma deve prescindere dalla passionalità politica; l’esaltazione delle proprie scelte e azioni deve cessare di essere una prerogativa dei governanti per mantenersi saldi sulle poltrone.
Se quest’ultima si estende al popolo non può ridursi all’invenzione, per vincere la paura, di forme di eccitazione collettiva: come quella di cantare a squarciagola sui balconi di casa l’inno di Mameli o il coro del Nabucco, suonare la chitarra e altri strumenti musicali, esporre bandiere e via dicendo; deve andare oltre.
Lo scarico esclusivo e reciproco delle responsabilità è negativo e deleterio.
La terrificante vicenda ha dimostrato che è difficile trovare chi possa scagliare la prima pietra.
Il pateracchio della scomposizione del Paese in Regioni e Comuni senza poteri sufficienti per autogovernarsi ma idonei a paralizzarsi reciprocamente – che non consente di condurre in porto provvedimenti necessari per il bene comune (la Regione che minaccia di emanare norme che senza il consenso dello Stato ricordano le grida manzoniane) – è colpa di tutte le forze politiche che ieri ci hanno governato e che tuttora, alternativamente, ci governano.
Non può che essere imputato all’insipienza di una classe politica di mestieranti e aspiranti affaristi e di una popolazione che ha partecipato alle votazioni elettorali senza alcun discernimento. L’Italia imput et sibi, direbbero i nostri progenitori romani.
V’è qualcosa, però, che va al di là delle colpe passate.
Una delle esaltazioni che, probabilmente, ha avuto, nell’immediato, qualche effetto negativo ai fini del superamento della crisi del terribile morbo cinese è stata quella, corporativa.
Autorità sanitarie e taluni medici particolarmente ligi e conformisti, hanno insistito oltre ogni ragionevole misura sull’eccellenza del nostro sistema sanitario. A dispetto dei risultati positivi raggiunti da qualche Istituzione particolarmente qualificata (Spallanzani di Roma).
E ciò era detto, mentre le immagini della Televisione Cinese ci mostravano frequenti opere di sanificazione all’interno delle strutture sanitarie di quel lontano Paese, prima e dopo la pandemia.
Ora è vero che un regime dittatoriale, padrone incondizionato del suo “bilancio pubblico” può intervenire in un modo non consentito agli Stati democratici. C’è da chiedersi, però, se tra questi ultimi, l’imposizione della “camicia di forza” del pareggio di bilancio e dell’austerità, imposti dall’Unione Europea agli Stati Membri non abbia rappresentato una causa di degrado di di infrastrutture e servizi sanitari di prima necessità ( e ciò, soprattutto, per alcuni Stati che, a torto o a ragione, si sono ritenuti “figliastri” per l’imposizione di vincoli più stretti).
In caso di risposta affermativa, non può escludersi che la Sanità italiana dopo avere raggiunto i suoi più alti livelli negli anni Novanta, sia stata, invece, un po’ negletta e trascurata dopo le innovazioni del Trattato di Mastricht e provvedimenti successivi.
E’ proprio azzardato pensare che sia peggiorata?
Certo: non può imputarsi ai tecnocrati di Bruxelles il caso della paziente napoletana, invasa nel letto d’ospedale da un nugolo di formiche e da altri insetti di varia specie. E’ stato, chiaramente, un evento eccezionale e non può considerarsi emblematico di uno stato di sfacelo generale conseguente alle misure di austerity.
C’è, però, chi ipotizza che la presenza (non d’insetti, ma) di batteri, per la cui distruzione si usano gli antibiotici, se aggiunta a quella del virus, che ne richiede, invece, il bando, possa avere, con tale micidiale melànge, peggiorato notevolmente le cose. Naturalmente, il giudizio spetta agli esperti, ma a nessuno può essere vietato ragionevolmente di porre la domanda.
Chiedersi se e come ciò sia potuto (e possa ancora) avvenire, severamente, come spesso avviene negli aerei per la Klebsiella e la Legionella, si sia determinata una situazione di aerazione dannosa e nociva non è compito di chi enuncia i termini del problema ma chi è deputato ad avere cura del nostro stato di salute e ad avere le responsabilità e i poteri per indagare.
E difatti, oggi, fuori dalle sfere ufficiali, qualche notista se lo è chiesto e ha scritto un pezzo “sul ruolo che possono avere avuto le strutture sanitarie sulla diffusione del virus” (e si può aggiungere dei batteri). Gli elevati tassi contagio e di letalità a Codogno, Bergamo, Brescia e nella stessa Milano (rispetto ad altri focolai),rappresentano certamente un caso non altrimenti spiegabile.
Avere avanzato come mera ipotesi quella di un cattivo stato di manutenzione degli impianti di aerazione in edifici vetusti con conseguente probabile circolazione attraverso di essi di batteri e virus è stato un passo avanti rispetto alla sonnacchiosa e melanconicamente lamentosa elencazione dei dati fatta dai responsabili della Protezione civile alle “seis de la tarde”.
Un altro osservatore ha accusato le autorità sanitarie di diffondere distorcenti fake news, come quella di attribuire alla visita di parenti, che si afferma non esserci mai stata, una vera e propria strage di anziani, verificatasi il 18 marzo in provincia di Brescia. E ciò sarebbe avvenuto, per nascondere ciò che ha denunciato il Fatto quotidiano (e cioè di avere utilizzato una Residenza per Anziani, come ricovero per gli ammalati di Covid 19).
E’ comprensibile che le Autorità vedano come il fumo negli occhi i tentativi di pochi, volenterosi giornalisti di capire la “singolarità” e “peculiarietà” del caso Italia (soprattutto per i dati provenienti dalla zona Padana). Eppure è proprio su questa strada che occorre mettersi, ponendo magari la mordacchia all’autoesaltazione, anche disinteressata, delle italiche glorie.
Occorre aprire i canali per un’informazione più obbiettiva, più dubbiosa sulla bontà delle iniziative intraprese e, soprattutto, meno preoccupata per le sorti del governo o dell’opposizione.
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