La propaganda politica è più efficace quando riesce a produrre degli slogan: preferibilmente brevi ed icastici. E’ un insegnamento dei pubblicitari che, ovviamente, se ne intendono. Vi sono formule che trovano immediato, positivo riscontro nel pubblico. E non sono soltanto opera degli uomini politici. Possono escogitarle maitre à penser, giornalisti, sociologi, persino quisque de populo.
La pandemia del covid19 ha suggerito una frase che sta avendo molta fortuna e che è ripetuta di frequente sui mass-mediae persino sui social. Si dice, in buona sostanza che “l’Italia deve ritrovare lo spirito del Dopoguerra!”
Ovviamente nel rievocare quei tempi ricchi di fervore ricostruttivo, chi la pronuncia o cita sente l’obbligo di menzionare uomini della tempra di Alcide De Gasperi, Ezio Vanoni, Raffaele Mattioli e di ricordare il miracolo italiano che fu quello di trasformare un Paese ancora prevalentemente agricolo in una delle economie più industrializzate del mondo.
La formula incontra fortuna, ma va analizzata a approfondita.
Pochi, infatti, hanno ricordato le differenze, enormi, tra la situazione generale di quei tempi lontani e quella di oggi.
1) Nel secondo dopoguerra mondiale, uno stanziamento di circa 14 miliardi di dollari da parte degli Stati Uniti d’America consentì un piano per la ripresa economica europea (detto “Piano Marshall”, dal nome del segretario di Stato statunitense che l’ideò), concordato punto per punto con i Paesi del Vecchio Continente (dopo il rifiuto dell’Unione Sovietica di parteciparvi).
E ciò nello spirito del capitalismo industriale di favorire la libera imprenditoria, rilassare le politiche d’austerity imposte dalle necessità belliche e migliorare le condizioni di vita delle popolazioni.
La situazione del “dopo corona virus” è di gran lunga diversa.
A gestire ogni intervento per la ripresa sarà un’Unione Europea in cui ha un ruolo dominante la Germania, che era tra i Paesi sconfitti nella seconda guerra mondiale (e si può aggiungere: “fortunatamente”). Inoltre, lo spirito egemone nell’Europa continentale è quello del capitalismo monetario fortemente contrario, anzi nemico dichiarato di quello industriale.
Per i banchieri che governano l’Europa continentale, per il tramite dei tecnocrati di Bruxelles, le imprese industriali per essere bisognose di prestiti e mutui devono restare “claudicanti”.
E ciò hanno ben capito gli Stati Uniti d’America e la Gran Bretagna che si sono opposti all’ingerenza pesante, pretesa, per il governo dei rispettivi Paesi, dalle centrali finanziarie dell’Occidente.
L’accordo paritario “punto per punto” del Piano Marshall è sostituito da un diktat autoritario dei tecnocrati dell’Unione Europea, verosimilmente collegati con i vertici di Wall Streete della City (idest: proposta del prendere o lasciare) che prevede solo prestiti temporanei per le sole spese sanitarie con una formula “senza condizioni” che, guarda caso, non è prevista (e quindi vietata) dai vigenti Trattati dell’Unione del 5.3.2011, Essi, infatti, dispongono testualmente: “La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria …sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”. E’ chiaro che qualunque diversa “intesa concordata” sarebbe sempre impugnabile dopo la sua sottoscrizione da parte dei Paesi a essa contrari.
2) Lo “spirito del dopoguerra” era pervaso (in Italia, ma non solo in essa) da un’ansia di modifiche radicali della Costituzione degli Stati, nella fiducia di trovare un giusto equilibrio tra le norme per il ristabilimento di una vita democratica e di un miglioramento delle condizioni di convivenza civile e sociale.
Oggi, v’è soltanto la deludente constatazione dello sfascio totale delle istituzioni costituzionalemte previste per il Bel Paese e nessun anelito, almeno palese e chiaramente manifestato, a una loro radicale modifica.
E ciò nonostante lo spettacolo inverecondo offerto al mondo dall’Italia in occasione dell’attuale pandemiadel Coronavirus.
Prima domanda: E’ possibile non richiedere che si faccia un po’ di “piazza pulita” di tutte le norme confuse, farraginose e contraddittorie che governi, indifferentemente di sinistra e di destra, hanno scritto, nella previsione costituzionale, circa il riparto delle competenze statali e regionali?
Certo. V’è ancora chi persiste nel ritenere la nostra Carta Costituzionale “la più bella del mondo”,secondo lo sloganconiato dai catto-comunisti, con l’avallo di reboanti affermazioni di nomi “illustri” delle Istituzioni e dell’Accademia. Ed è altrettanto indubbio che, bella o brutta che sia, la nostra legge fondamentale rappresenta sempre l’unica “bussola” da seguire in tempi di quiete o di tempesta. Nessuno può negare che essa vada osservata scrupolosamente e ad essa debbano uniformarsi tutte le leggi e i provedimenti destinati a vigere nel Paese per regolare i nostri rapporti.
Ciò, però, sino a quando non verrà sostituita da un’altra Costituzione che gli Italiani ritengano di dover promuovere perché più aderente ai nostri tempi, con vedute dei fenomeni socio-politici più libere di quelle che si potevano avere nel secondo dopoguerra mondiale e, soprattutto, non più condizionate (nei limiti, ovviamente, del possibile) da pervasive idee religiose, antiche di duemila anni, o da ideologie filosofiche (quelle idealistiche tedesche post-hegeliane) colpevoli di avere provocato, nel mondo, stragi ed ecatombi.
Una Costituzione, in altre parole, meno impregnata di fede o di fanatismo politico, meno dipendente dai noti eventi storici traumatici e soprattutto meno soggetta all’influsso dello “spirito” di Jalta (che non aleggiava nel Parlamento, come si dice che aliti quello “santo” nella Cappella Sistina, al momento dell’elezione del Papa, ma che si faceva sentire ugualmente, magari con minore efficacia data la sua natura umana, nei locali e tra i banchi del Parlamento).
Una nuova Carta fondamentale potrebbe rispondere meglio ai cambiamenti intervenuti per effetto della legge dei tempi.
A chi continua a ritenere che la nostra sia la più bella Costituzione del mondosi potrebbe almeno ricordare, molto sommessamente, il verso di Orazio, che nella Epistola ai Pisoni dell’Ars Poetica, dice: Quandoque bonus dormitat Homerus (per esprimere l’idea che anche il maggiore Vate della Grecia antica poteva avere un colpo di abbiocco).
Seconda Domanda: Possibile che nel coro dei tanti “cantori” della nostra Carta fondamentale non v’è anche qualche voce dicordante? E’ verosimile che nessuno ritenga che tra i Costituenti (provenienti, con i mezzi di trasporto di allora, non proprio confortevoli, da luoghi lontani della Penisola, dall’Alpe alla Sicilia) molti potessero essere costretti a indulgere al “sonnellino”mentre si discuteva di punti importanti?
Conclusione: Speriamo che qualcuno vi sia e che accanto allo spirito di ripresa economica del dopoguerra vi sia anche la rnascita di uno “spirito costituente” per la emanazione di una nuova Carta fondamentale del nostro disastrato Stato.
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