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Le parolacce come unica fonte accettabile di umorismo ed altre considerazioni

In vista del Festival de la Comédie dal 5 al 10 ottobre al Grimaldi Forum di Montecarlo, ecco delle brevi considerazioni, visto che in America ora è quasi impossibile scrivere testi umoristici, poiché le parolacce sono diventate l’unica forma di umorismo accettabile. È quasi come se fosse più educato essere sgarbati.

            Tre cose mi sono chiare. Primo: è diventato complicato scrivere, specialmente se si utilizza un linguaggio semplice. Secondo: le persone si dividono in tipi analogici e binari. Terzo, il futuro non è più quello di una volta.

            Cominciamo con quest’ultima considerazione. Anni fa, negli USA, si cercava di personalizzare il futuro in base ai propri sogni. Ad esempio, si poteva finire il liceo, andare all’universitá per conseguire una laurea anche in studi di etnia e civiltà, iniziare una carriera, sposare la persona conosciuta alle scuole elementari, avere figli e andare in pensione in Florida o nelle Isole Canarie. Le persone più creative potevano pure cambiare la sequenza a metà percorso ricominciando da capo, risposandosi, creando una nuova impresa, o lasciando la Toscana per trasferirsi in Dakota. C’era persino chi poteva lasciare la scuola a 15 anni, unirsi a una comunitá di Osho o Ephrata, fare overdose di tè verde e diventare milionario a 30 anni.

            Oggi i sogni dei giovani sono: trovare un appartamento con un affitto abbastanza basso per poterselo permettere senza coinquilini; convincere il governo di non essere in grado di rimborsare i prestiti ottenuti per pagare le rette universitarie; ottenere lavori che paghino al di sopra del salario minimo; acquistare un iPhone che possa isolarli dal resto del mondo, e farsi vistosi tatuaggi per poter partecipare ai reality show.

            In effetti, il futuro dei giovani non é molto promettente; certamente non tanto quanto lo era durante l’era pre-tatuaggi.

            Passiamo al secondo concetto, particolarmente sentito nell’industria televisiva. Mentre le persone analogiche pensano in forma di linee che vanno su e giù, quelle binarie pensano in termini di zero e uno. Le persone analogiche pensano che il contenuto sia il “re” (“content is king”, dicono), mentre le controparti binarie pensano che il “monarca” sia la distribuzione. Fortunatamente, la distribuzione è una tecnologia e gli spettatori non guardano tecnologia.

            Il fatto che lo streaming sia ormai di gran moda conferisce al popolo binario l’illusione (virtuale) che la distribuzione sia fondamentale, non rendendosi conto che nel corso degli anni le forme di distribuzione sono cambiate  e continueranno a cambiare, mentre il bisogno di contenuti per riempire i vari sistemi di distribuzione non é mai cambiato, anzi é aumentato.

            Infine, la capacità di scrivere in un linguaggio semplice sta diventando un compito molto complicato. Questo perché è meno problematico scrivere con un linguaggio politicamente corretto o in ‘newspeak’. Se uno scrittore volesse raggiungere diversi target di pubblico, diciamo sia i radical chic che i radical a cui piace causare shock, l’autore verrebbe automaticamente castigato da entrambe le parti.

            Ai nostri giorni, le persone vogliono solo leggere ciò che a loro piace sentirsi dire, indipendentemente dal fatto che sia accurato o meno. I preconcetti sono più importanti dei nuovi concetti al punto che anche la scienza si è polarizzata e gli scienziati si sono politicizzati. Inoltre, oggi scrivere commedie è quasi impossibile poiché imprecare è diventata l’unica forma accettabile di umorismo. È quasi come se essere maleducati fosse una forma accettabile di cortesia. E questa non è una bella prospettiva per gli scriba ribelli tra noi.

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Dom Serafini

Domenico (Dom) Serafini, di Giulianova risiede a New York City ed è
il fondatore, editore e direttore del mensile “VideoAge” e del quotidiano fieristico VideoAge Daily", rivolti ai principali mercati televisivi e cinematografici internazionali. Dopo il diploma di perito industriale, a 18 anni va a continuare gli studi negli Usa e, per finanziarsi, dal 1968 al ’78 ha lavorato come freelance per una decina di riviste in Italia e negli Usa; ottenuta la licenza Fcc di operatore radio, lavora come dj per tre stazioni radio e produce programmi televisivi nel Long Island, NY. Nel 1979 viene nominato direttore della rivista “Television/Radio Age International” di New York City e nell’81 fonda il mensile “VideoAge”. Negli anni successivi crea altre riviste in Spagna, Francia e Italia. Dal ’94 e per 10 anni scrive di televisione su “Il Sole 24 Ore”, poi su “Il Corriere Adriatico” e riviste di settore come “Pubblicità Italia”, “Cinema &Video” e “Millecanali”. Attualmente collabora con “Il Messaggero” di Roma, con “L’Italo-Americano” di Los Angeles”, “Il Cittadino Canadese” di Montreal ed é opinionista del quotidiano “AmericaOggi” di New York. Ha pubblicato numerosi volumi principalmente sui temi dei media e delle comunicazioni, tra cui “La Televisione via Internet” nel 1999. Dal 2002 al 2005, è stato consulente del Ministro delle Comunicazioni italiano nel settore audiovisivo e televisivo internazionale.

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