In Libia, nella notte di martedì, è stato bombardato un centro di detenzione per migranti illegali. I morti sarebbero un centinaio, i feriti più di 130. Fra loro anche donne e bambini. L’hangar in cui alloggiavano i profughi era adiacente alla base militare di Dhaman, nell’area di Tajoura. Lì dove le forze di al-Serraj tengono i depositi con le riserve di munizioni e veicoli da guerra. Secondo informazioni del Governo di Tripoli, a colpire è stata la milizia di Haftar, sostenuta e guidata da esperti militari francesi e degli Emirati. Per il tedesco Wolfram Lacher, analista esperto della Libia, non si è trattato di un incidente: «Il generale Haftar e gli Emirati Arabi Uniti sapevano che il centro migranti era vicino alla base di Dhaman, l’avevano già bombardata un mese fa. Hanno accettato la possibilità di colpire il centro, sapendo che era pieno di civili». L’Inviato dell’Onu in Libia, il libanese Ghassan Salamè, ha parlato di crimine di guerra e, per la prima volta, anche un italiano si è schierato contro Haftar. Il vicepremier Matteo Salvini, che pochi giorni fa ha avuto un colloquio privato con al- Serraj, ha dichiarato: «Haftar ha la responsabilità di un attacco criminale, mi auguro non ci sia più nessuno, e non cito i francesi, che per interesse economico e commerciale bombardi obiettivi civili». Più mite il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che condanna l’attacco ai civili ma pensa in primis ai migranti, chiedendo di trasferire i migranti al sicuro dai combattimenti. Sarebbero 3.800 i migranti illegali detenuti nei centri di detenzione libici e considerati «a rischio» a causa della guerra. Il generale Haftar però nega ogni responsabilità e punta il dito contro il governo di Tripoli.
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