Le recenti elezioni in Italia (Umbria), in Argentina, in Germania (Turingia) e gli scontri in Cile confermano l’equazione che la Gran Bretagna sta al Nord-America come l’Europa (soprattutto latina) sta al Centro e Sud-America.
Ciò ha indotto più di un notista politico, non corrivo, a esprimere il timore che, dato il comune impasto di natura etnica e ideologica (sia religiosa sia filosofica) nel futuro del Bel Paese vi sia, non troppo lontano nel tempo, un “destino sudamericano”. E ciò, s’è detto, perché l’italico lassismo legislativo e giudiziario consentirebbe nel nostro, come nei paesi del centro e del sud dell’America, uno sviluppo della malavita organizzata e un progressivo, inarrestabile aumento della corruzione politico-amministrativa, imparagonabili a quello di Paesi dove il perdonismo cattolico e il buonismo comunista non hanno mai avuto patria, contrastati da visioni rigoristiche e severe della vita pubblica. Condivido l’idea di una spaccatura nell’Occidente anche in termini più generali e fuori dai ristretti confini italici.
Sia nel Vecchio sia nel Nuovo Continente vi sarebbero:
a) un polo anglosassone (Gran Bretagna, nel primo; Stati Uniti, nel secondo), empirista, pragmatico, volto a curare gli interessi della collettività organizzata (polis), per nulla condizionato dal potere religioso contrapposto a
b) un altro, euro-continentale (e in parte rilevante: neo-latino) impregnato di pensiero religioso o filosofico assolutistico e tendente come tale all’autoritarismo, all’ idealismo metafisico astratto, all’universalismo e all’ecumenismo e molto condizionato dalla presenza del potere temporale del Papa cattolico e della chiesa protestante luterana.
L’idea di un futuro dell’Italia di stampo sudamericano non manca, però, di addentellati concreti anche nel presente. Le due realtà territorialmente distanti diventano sempre di più idealmente molto vicine.
L’unico rilievo che può farsi riguarda la difficoltà di parlare di una situazione sudamericana omogenea, perché in realtà essa ha almeno due facce, pur essendo tutti gi elementi del melànge politico assolutamente uguali. Nell’una e nell’altra faccia, infatti, si ritrovano: a)un cattolicesimo bifronte e sensibile alle sirene sia del marxismo sia degli autoritarismi fascisti; b) una presenza di uomini “evangelicals” in tutti partiti; c) uno schieramento di sinistra che inneggia alla lotta di classe, intesa alla vecchia maniera; d) un altro di destra con finte idee liberistiche che può definirsi sostanzialmente fascista e che si pone a sostegno degli interessi dei ricchi (in particolare: dei latifondisti presenti su quelle terre sconfinate).
Come esempi dei due volti della realtà centro e sud-americana si possono ricordare il Cile e l’Argentina.
Mentre, infatti, nel Cile lo scontro tra lo schieramento di destra e quello di sinistra è particolarmente violento e rieccheggia ancora le scosse del Paese dei tempi di Allende e Pinochet; in Argentina, il Peronismo vede la confluenza nell’autoritarismo sia del buonismo comunista e cattolico sia del patriottismo fascista. Agli Italiani si è tentato di imporre entrambe le versioni.
Matteo Renzi e un partito democratico da lui forgiato a sua immagine e somiglianza ha proposto un Peronismo all’italiana ma è fallito miseramente, dopo i molteplici e ripetuti errori da lui commessi. E’ vero, infatti, che avrebbero potuto favorirlo la secolarizzazione progressiva e crescente della religione cattolica e il crollo, nel secolo breve, delle due ideologie politiche figlie dell’idealismo tedesco, fascismo e comunismo, che nel Bel Paese avevano smussato le punte più integraliste e intransigenti del partito politico italiano d’ispirazione cristiana e ridotto, praticamente, all’impotenza i fascisti e i comunisti, riconducendoli a più miti consigli, ma il leaderdemocratico non ha tenuto conto che in una guerra civile, chiamata con maggiore leggerezza lessicale Resistenza, tra fascisti e comunisti è stato versato del sangue e che non c’è peggiore odio di quello tra fratelli-coltelli, figli dello stesso idealismo filosofico teutonico.
A far fallire, poi, il peronismo all’italiana ci hanno pensato anche (in ordine temporale): la Brexit, l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America e la politica sempre più fallimentare dell’Unione Europea, che ha travolto il sogno di un’Europa unita, favorendo la crescita di esercito di burocrati di ventotto Paesi più supponenti e pretenziosi di quelli nazionali, verosimilmente al servizio di un capitalismo monetario esiziale per un Paese industriale del calibro dell’Italia.
Tali eventi non sono stati senza effetti ulteriori. Essi, nel solco dell’italica tendenza a dividersi, hanno prodotto una nuova e diversa spaccatura (di cui occorre rendersi conto se si vuol capire il corso della politiva nel Bel Paese).
L’Italia si è spaccata ancora una volta in due ma in modo totalmente differente. Da un lato, troviamo:
a) la Sinistra (democristiana, social-comunista e pseudo-liberale) che si è schierata apertamente per il mantenimento dello status quoeuropeo; dall’altro:
b) la Destra, con l’eccezione di Forza Italia (destinata, anche per tale suo atteggiamento, a scomparire dalla scena politica) in favore di un cambiamento radicale dei trattati dell’Unione, restituendo agli Stati membri libertà di scelta, (concordata con gli altri Paesi Eurocontinetali su un piede di parità) della politica economica e della difesa dei propri confini, senza subire né le direttive dei centri finanziari occidentali né le e manovre di Germania e Francia (quasi in funzione di una sorta di Kapò).
Per l’Italiano di pensiero libero la scelta è di una difficoltà immensa. Nell’uno e nell’altro schieramento vi sono soltanto rappresentanti del pensiero condizionato dalla religione o dal pensiero filosofico tedesco, nella versione assolutistica hegeliana di destra o di sinistra. Non vi sono “liberali” nel senso “puro e anglosassone” del termine. La scelta naturale sarebbe quella di scrivere un bel NO! a caratteri cubitali sulla scheda elettorale.
La posta in gioco è, però, molto alta: la scelta tra i due schieramenti è diventata quella (di tipo quasi referendario) tra chi vuole questa Unione Europea e la sua economia monetaria, asfittica per la produzione industriale poli-direzionale e chi vuole Governanti capaci di ri-contrattare i vincoli europei sul modello nord-americano della confederazione di Stati autonomi.
Il successo della Destra in Umbria deve leggersi in questa chiave: al di là e al di sopra del fregolismo di Salvini, delle nostalgie patetiche della Meloni, e delle contraddizioni di Berlusconi (mal consigliato da collaboratori disseminati in agenzie finanziarie di varia natura).
Il consiglio di Montanelli di votare “turandosi il naso” in Italia ha una valenza generale, totale per tutte le persone veramente libere da condizionamenti di pensiero di vario tipo. Non vale, come ai tempi del grande giornalista, solo per i democristiani. Oggi, a chiunque si dia il voto, sotto le false uniformi indossate, c’è sempre, a diversi livelli di pericolosità, un fideista cattolico, un fanatico comunista o un esaltato fascista.
In questo senso, a tacer d’altro e contro le previsioni, solo paventate dei notisti politici surricordati, il Sud-America è già sullo Stivale!
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