Ousseynou Sy, italiano di origini senegalesi, anni 47, autista di pullman per le scuole. Come tutti i mercoledì mattina sta riportando dalla palestra (due chilometri di percorso) i 51 ragazzi della media Vailati di Crema.
A bordo ci sono anche due insegnanti di educazione fisica e una bidella. «Ma a un certo punto l’autista ha fermato il mezzo, ha tirato fuori una tanica di benzina e l’ha rovesciata lungo tutto il bus. Poi ha distribuito fascette per elettricisti agli adulti.
“Legate i ragazzi, da qui nessuno uscirà vivo”. I tre adulti sono sbalorditi, l’uomo è armato di coltello, e alcuni studenti vedono che da una tasca gli spunta il calcio di una pistola. I tre ubbidiscono, e cominciano a legare, altro non possono fare. Uno dopo l’altro, l’operazione dura pochi minuti, ma — nel terrore — arriva un lampo di lucidità: legano stretti solo i ragazzi delle prime file, e via via che scendono verso il fondo i legacci sono sempre più lenti».
Sy quindi parte alla volta di Linate, ma intanto, giù in fondo, due ragazzini, Rahmi e Riccardo, di 12 e 13 anni, stanno già telefonando ai carabinieri. Che agganciano il senegalese intorno a mezzogiorno sulla via da Paullo a San Donato, all’altezza di Pantigliate. Un’auto dei carabinieri gli si piazza davanti per bloccarlo, ma Sy la sperona e tira dritto. «A bordo si urla e qualcuno piange, tutti pensano che la storia può finire male anzi malissimo, la puzza di benzina è tremenda e l’autista ha un accendino in mano. Infine il bus si ferma, sono cento metri lentissimi ma finalmente si ferma accanto al new jersey. Arrivano altre due auto blu, due carabinieri scendono e corrono in avanti, aprono la portiera, tentano di parlare con Ousseynou Sy, l’uomo sembra impazzito ma riescono a fermarlo, poi a bloccarlo, e intanto sul retro altri carabinieri riescono a rompere il vetro posteriore con uno sfollagente, vedono i ragazzi che urlano e anche loro stanno provando a rompere i vetri. È in quel momento che si sente la prima vampata bruciare, l’autista infine ha dato fuoco alla benzina, alcuni ragazzi sono ancora vicini a lui e lo vedono bene mentre sta per uccidere tutti. Ma l’istinto gli mette le ali, gli studenti volano verso il fondo, da fuori i compagni urlano, li chiamano, bisogna fare presto, mentre il fumo comincia a far tossire e tutti pensano che sia finita ma le ali funzionano, i ragazzi scendono veloci, via uno dopo l’altro verso l’aria pulita, i carabinieri e la salvezza».
Più tardi l’autista dirà: «Volevo solo fare un gesto eclatante per dire all’Africa di svegliarsi, basta con gli africani che muoiono nel Mediterraneo per venire in Europa» [Giovara, Rep].
Milano Ricky, cosa è successo su quell’autobus?
«Eravamo tutti terrorizzati perché lui ha vuotato le taniche di benzina lungo il corridoio, tra i sedili, ci ha legati e ha sequestrato i telefoni per impedirci di chiedere aiuto».
E a quel punto cosa avete fatto? Come siete riusciti ad allertare i soccorsi?
«Un mio compagno, Rami, aveva nascosto il cellulare, ha fatto le prime chiamate al 112. Ad un certo punto gli è caduto per terra, senza farmi vedere sono andato a raccoglierlo e l’ho passato ad Adam, dietro di me».
Lo hai fatto con le fascette ai polsi?
«No, perché non erano legate bene, quindi sono riuscito a togliermele, anche se facevano male».
[Elisabetta Andreis e Giampiero Rossi, CdS]
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