In questo 21º secolo avevamo sinora avuto 19 Natali ricchi, sereni e gioiosi, qualcuno freddo, altri miti, almeno in questa Roma dal cielo azzurro per definizione. Invece nel 2020 un Natale diverso, certamente triste, più povero, meno partecipato: un Natale di guerra.
Nel secolo scorso, il 20º, di Natali di guerra in questa nostra Italia ce n’erano stati tanti, quelli del ’15, ’16 e ’17 nella prima guerra mondiale, quelli della terribile epidemia spagnola del ’18 e ’19 quelli della seconda guerra mondiale del ’41 ’42, ’43, ’44 e ’45, ed anche quello del ’69 dopo l’inizio del terrorismo con la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre e l’influenza asiatica con 12 milioni di italiani a letto e 5.000 morti.
In questo disgraziato 2020 gli ultraottantenni hanno rivissuto storia ed immagini della loro infanzia ossia della seconda guerra mondiale: tutti chiusi in casa, i parenti lontani irraggiungibili, i negozi chiusi e le lunghe file, anche lunghissime, alle farmacie e ai supermercati. Non ci sono oggi le tessere annonarie che c’erano allora, ma ci sono le carte di credito quasi obbligatorie non solo per legge ma perché i bancomat trovano le stazioni di prelievo già svuotate!
Natale 2020 senza gioia, famiglie separate, telefoni bollenti, anziani asserragliati in casa, esiliati in campagna, impauriti dal rischio di morte imminente; giovani agli arresti domiciliari, senza movide, senza compagni, senza amore, speranze frustrate! È la punizione per una estate sfrenata in Italia come in tutta Europa, quando siamo passati da pochi contagi estivi sporadici, a migliaia e migliaia di contagi quotidiani invernali ed altrettanto per le morti in Italia salite nei due periodi, da qualche decina a luglio, a molte migliaia a dicembre. I numeri esatti non contano, qualche giorno più alti qualche giorno più bassi ed anche le curve sono variabili ed inaffidabili, il vero problema è che comunque siamo in piena tormenta.
Il governo fa quello che può, chi farebbe di meglio? In Italia come all’estero. L’esempio inglese è catastrofico, i britannici hanno cercato di essere diversi come al solito e ci sono riusciti: in peggio! Adesso sono corsi ai ripari, ma è troppo tardi, addirittura il virus è mutato e perciò non c’è certezza sulla efficacia del vaccino attuale.
Natale di guerra, senza la gioia di vivere arroccati, volenti o nolenti, alla difesa della vita, senza la socialità abituale caratteristica di questa Italia fertile di solidarietà familiari ed amicali. Col Lock down delle zone rosse cresce di dimensione la figura del “vicino”, come nell’America delle continue migrazioni, senza radici. Come in Italia negli anni ’40 quando nei palazzi, tra le abitazioni, ci si scambiava il sale, l’olio ed anche il pane. È cambiato il nemico, non più le bombe annunciate dalle sirene e scaricate dagli aerei malgrado il fuoco di sbarramento delle mitragliatrici antiaeree, ma il virus questa ultramicroscopica proteina annunciata dagli starnuti o dai colpi di tosse. E di nuovo tutti con le maschere o le mascherine sul viso in strada, allora a protezione dai gas venefici e dalle esalazioni dei cadaveri sepolti sotto le macerie causate dai bombardamenti, ora contro le microparticelle cariche di virus che vengono lanciate dalle bocche infette verso altre bocche non protette. Diverso dunque il nemico dal quale difendersi, ma l’effetto “museruola” è uguale.
Natale da prigionieri. Racconta chi ha avuto veri arresti domiciliari che quella esecrata condizione inflitta dai giudici, è pur sempre migliore di questa obbligata dal Governo, perché in quella non è impedito il contatto diretto, seppure autorizzato, con i parenti e gli amici.
Aspettando la Befana. Che succederà dopo il Natale di guerra? Che gennaio ci aspetta? Il meteo annuncia settimane di freddo e di neve, habitat favorevole alla moltiplicazione e diffusione dei virus influenzali. Arriveranno tempestivamente i vaccini? Per ora gli annunci in “pompa magna” hanno portato in Italia allo Spallanzani solo 9500 dosi per l’intero Paese ossia per le 107 province italiane. Sembra che 1000 resteranno in quell’Ospedale anzi in quell’IRCCS pilota, le altre saranno suddivise tra le 107 province, ossia meno di 80 a testa, che per oltre 40 milioni di italiani vaccinandi, fa 2 × 1000: la goccia nel mare. Allora tanto fragore mediatico per nulla? Forse sì, ma i mass media sono incontenibili e la politica non sempre è in buona fede. Bastava precisare che queste prime dosi avevano un valore simbolico, senza mostrare in tv i camion in partenza stracarichi delle necessario per vaccinare, senza indurre inutili aspettative e dolorose delusioni. In ogni modo i vaccini ci saranno prima o poi e ci salveranno e salveranno anche i cosiddetti allergici, perché non è il prurito che provoca veri danni.
Purtroppo ci vorrà tempo per iniziare realmente la campagna vaccinale: nessuno può sperare di essere al riparo prima di Pasqua. Il timore è che i duri mesi dell’inverno trascorreranno tra una limitazione e l’altra e che forse dopo il Natale di guerra ci aspetta ancora una Pasqua di guerra.
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