In politica bisogna saperci navigare.
E di tanti si è detto che lo abbiano fatto per scelta o per necessità.
Alcuni sono apparsi navigatori provetti, eppure non tutti sono riusciti ad arrivare alla meta. Monti non fu considerato forse un politico navigato? Non provò Grillo a navigare, nuotando, lo stretto di Messina per arrivare in Sicilia? Non ha provato anche l’ex premier Conte infrangendosi poi sugli scogli?
Monti è sparito dall’orizzonte, salvo restare in ottimo galleggiamento sulla zattera di senatore a vita, Grillo prosegue la navigazione in acque agitate e perigliose, Conte è alla ricerca di un mandato. Tutto dipende dall’orizzonte e dalla meta. Ora, dicono, che a tentare di circumnavigare i pericoli in alto mare sia arrivato Draghi ma la sua navigazione è in osservazione.
E dietro ci sono stati, ci sono e ci saranno i marinai, i mozzi, ecc. che non brillano per capacità di comando ma per obbedienza si, che nella navigazione risulta essere fondamentale.
Le condizioni della politica italiana somigliano sempre più ad un vasto oceano che risucchia, risputa, ingoia, divora, cancella, porta a fondo o in superficie tutto e tutti. Nei suoi fondali c’è ogni cosa, il buono e lo scarto. La luce ed il buio. Si può affondare, resistere in apnea, galleggiare ma per avanzare, in navigazione, bisogna saper riconoscere la forza dei venti. Chi è in navigazione deve essere grado in ogni momento di sapere quale di essi arriva e da che parte arriva. Freddo e a raffiche come quelli di Bora, Tramontana e Maestrale, umido e caldo come lo scirocco o portatore di tempesta come il Libeccio, sperando che arrivi un duraturo Ponente.
Alla ricerca di trovare la rotta giusta, i partiti perdono pezzi, uomini, idee e ideali.
Non si comprende più neanche se si debba andare a destra o a sinistra perché in alto mare c’è un momento in cui tutto appare uguale.
E a rendere ancora più difficile il raggiungimento dell’equilibrio ecco che arrivano, fra coloro che remano allo stesso modo per restare a galla, le pretese di genere. Un imprevisto imperdonabile per chi comanda.
Vediamo proprio in questi ultimi giorni, la difficoltà di chi è, o dovrebbe essere, al comando della flotta del PD. Stanco, diviso, consunto, smarrito, dimentico di sé e alla ricerca di un’identità che possa comunque renderlo riconoscibile quando approderà sulla riva.
Capitani mandati allo sbaraglio, usati, manipolati chiamati alla resa dei conti da manigoldi che fino al giorno prima li avevano incensati.
Il segretario-capitano di questo partito, fra le molte promesse mal definite e non mantenute, aveva infilato anche un contentino per “le marinaie” troppo spesso sfruttate in navigazione. Cambiare le posizioni ai remi, riconoscerne i meriti, promuoverle di ruolo. Invece niente e le poverette hanno provato ad ammutinarsi. Per calmarle è stato garantito-promesso il riconoscimento di una giusta quota. Peccato che poi sia saltata anche questa opzione. Il capitano è stanco, inaffidabile e avverte la necessità di un vice, che lo aiuti, lo assista ma la scelta è ancora una volta assai difficile perché il retro pensiero è che debba essere “obbediente”. E in quest’ultima ottica forse può esserlo anche un vice donna.
Ma no! Non ce ne è all’altezza del compito, del ruolo.
Però, forse, potrebbe seguire un’altra strada.
1 – chiedere ad uno dei tanti sottoposti, di quelli che obbediscono sempre, che non hanno idee, che non combattono se non guidati da altri, quelli che difendono soprattutto la sopravvivenza, perché altrimenti non saprebbero dove andare né cosa fare, di sacrificarsi utilmente alla causa.
Basterebbe una depilazione, certo che fa male!; un travestimento, ormai la moda è ambivalente; una parrucca, non la portavano forse in secoli passati?; moderare tono e voce, meno urli; dare per scontati i commenti crudeli, denigratori, volgari sul loro aspetto dei colleghi ed avremmo un vice, nell’apparenze, di genere.
2 – indicare una delle tante invisibili “servili-obbedienti” compagne di viaggio, di assumere quel ruolo pro tempore. Insegnare loro cosa debbano fare o dire. Sottoscrivere un contratto d’intenti, d’amicizia, d’amore (salvo aggredirla), evitare le relazioni e soprattutto di restare incinta, di non agire in proprio, non stabilire alleanze di propria iniziativa, non pretendere deleghe importanti o ruoli di vero comando, di giocare in proprio, di non fare assembramento con le altre anzi, possibilmente ignorarle o distruggerle. Non riconoscerle come uguali. Salvo concludere quel mandato con un femminicidio.
Ed ecco che anche il PD, il suo segretario, i suoi dirigenti insieme o divisi, potrebbero andare avanti nei loro giochi salvando la “parità di genere” e la faccia.
Ndr – Ieri sera il Segretario del PD Nicola Zingaretti, con un durissimo post su Facebook, ha di fatto rassegnato le dimissioni, accusando il partito di essere più impegnato nella lotta interna che a risolvere i problemi del Paese. Ora non serve più un vice, ma un Segretario in carne ed ossa.
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