Il mondo gli stava cambiando sotto gli occhi.
Nel campus di Berkeley, in California, già da qualche anno gli studenti protestavano contro la guerra in Vietnam, ma soprattutto contro la leva che li avrebbe portati a fare un viaggio spesso di sola andata nel fango indocinese, la battaglia di Valle Giulia, davanti alla Facoltà di Architettura di Roma c’era stata a marzo, il maggio francese era di solo pochi mesi prima, l’onda lunga del proibito proibire era ormai in tutte le Università italiane, ancora qualche mese e il piede di Neil Armstrong avrebbe lasciato la sua impronta sulla Luna, poi sarebbe arrivato l’autunno caldo, saremmo finiti dritti nell’austerity e la domenica saremmo andati in biciletta senza bonus, per necessità e non per moda.
Accade però che sfogliando La Domenica del Corriere del primo ottobre 1968 il passato appare in tutte le sue sfaccettature, soprattutto quelle dimenticate.
Accade così di scoprire che il seguitissimo rotocalco domenicale che dal 1900 raccontava la vita italiana, promuoveva Pagelle d’oro, concorso riservato ai diplomati italiani che avevano passato l’esame di maturità con una media superiore all’otto.
E accadeva che, evidentemente per alcune settimane visto che quella in questione era la quinta, La Domenica del Corriere dedicava loro una pagina con fotografia, voto, città e diploma conseguito.
E accade così di rimanere davanti a questa pagina a osservare i trentacinque volti di ragazze e ragazzi di ogni tipo di scuola, dal perito industriale al ragioniere sino al liceale classico.
Sono volti puliti di quell’Italia, volti che se li avessimo avuti in classe, ma in ogni classe ce n’era almeno uno, li avremmo chiamati secchioni, qualcuno ci sarebbe stato simpatico, qualcuno meno, qualcuno per nulla e forse non sarebbe stato invitato alle feste in casa, ma era solo il gioco della vita che iniziava.
Questi volti, i volti che vedete nell’immagine hanno tutti un nome, un cognome e una città.
Di loro sappiamo solo questo.
Di loro, però, vorremmo sapere di più.
Vorremmo sapere come hanno attraversato la vita, dove sono andati i loro sogni di diciottenni e quanti altri ne hanno trovato strada facendo.
Vorremmo sapere come hanno costruito questa Italia, con il cuore, con le mani, con l’intelligenza e con la fantasia.
Vogliamo saperlo perché è tempo che le esperienze di vita personali possano diventare patrimonio comune di un’Italia da ripensare.
Parte così, da oggi, la nostra sfida per uno storytelling italiano mai fatto prima.
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