Stavo leggendo il libro di Giorgia Meloni “Io sono Giorgia”, edito da Rizzoli, quando la mia lettura, onesta e volutamente al di sopra di ogni credo, è stata interrotta da una polemica sui social che, come donna, oltre che come giornalista, aggiungo come donna impegnata e di memoria storica, mi è sembrata inopportuna, strumentale e antifemminista. Ovvero quella sollevata dall’opinionista Selvaggia Lucarelli a proposito della scelta della madre della parlamentare in merito alla sua nascita: abortire o no.
Nei primi due capitoli Giorgia ripercorre, infatti, la sua vita fin da prima del venire al mondo.
Questa parte del racconto fa tornare alla memoria il clima di quegli anni in cui specialmente le donne hanno vissuto sulla propria pelle l’evoluzione del pensiero femminista e le contraddizioni di una società che voleva cambiare profondamente contro una politica definita per steccati ideologici. L’aborto allora era fuorilegge ma effettuato, in particolare dalle cosiddette mammane e da medici senza scrupoli che si sono arricchiti praticando questo intervento, in condizioni d’illegalità e di mala sanità.
La libertà di scelta, la parità di genere non erano argomenti privilegiati della sinistra, osteggiati dalla destra, ma questioni che tutte le donne ponevano con forza a tutta la politica. Poi certo, la differenza c’era come esiste sempre sul campo di battaglia.
Ma, poiché il libro di Giorgia Meloni non parla delle lotte femministe ma della sua storia personale, mi sono immaginata la madre di Giorgia, come una di noi altre di quegli anni, alla ricerca di una collocazione nel mondo e nella società, nell’affrontare e difendere i propri diritti, tra cui quello di una maternità libera e consapevole. Ho conosciuto tante donne di “sinistra” e tante altre di diverso “orientamento” che si sono trovate nella stessa situazione, allo sbando nel momento di scegliere, vittime indottrinate da ideologie contrapposte. Navigatrici tra cambiamento, presa di coscienza, appartenenza, sentimenti e stereotipi culturali.
Ho conosciuto “compagne” e le ho viste piangere davanti alla scelta di un aborto, “altre” che crescevano i propri figli sovrastate dai problemi di una maternità indesiderata e inopportuna, quando non malata. Delle donne di quel decennio posso, perché ero, sono stata, una di loro, rivendicare un vissuto impegnativo che cercava di rinnovare e ricomporre una società che le aveva marginalizzate, scarsamente considerate, attraverso una politica indifferente o strumentale. Quelle donne che cercarono di tessere l’ultimo rammendo iniziato dalle donne della Costituente; quello tra generi.
Di quelle donne, della forza che ne è derivata, della consapevolezza di potere agire da sole, fa parte anche la madre di Giorgia che le rende il giusto riconoscimento come figlia e come donna.
E alle donne di questo libro, in prima persona l’autrice, che sono la generazione successiva, quella delle figlie, non possiamo che rivolgerci con sentimento di condivisione.
Ad esse abbiamo cercato, in un modo o nell’altro, di trasmettere la nostra cultura di genere, chiesto di abbattere gli stereotipi contro i quali ancora oggi esse devono combattere.
Con Giorgia ci ritroviamo ancora quando non nega di avere avvertito nel suo cammino la difficoltà di essere donna in un mondo prevalentemente formato e guidato da uomini, in verità non così tanto da farsene una malattia. Tanto che il problema lo pone immediatamente sul piano dell’azione politica, ovvero nel tentativo di risolvere ogni questione all’interno di un progetto generale che tenga conto delle emarginazioni di genere ma che contemporaneamente non lo evidenzi in una sorta di discriminazione inversa.
Tutto sommato un inno al merito, che le donne, tutte, rivendicano da sempre.
Orgogliosamente donna, Giorgia cresce in una famiglia di donne, forti, presenti, esempi di vita. E di donne parla nel suo libro, a volte con piacere, a volte con compassione, a volte con criticità, con una sensibilità,verrebbe da dire, tipicamente femminile temperata dall’attitudine politica.
Ma, notiamo, la Meloni politica non entra mai nella sostanza della questione femminile e dei nodi che la contraddistinguono come tale (anche a livello europeo) e ne fa unicamente una questione di “capacità” individuale (ribadendo la sua indisponibilità alle quote di rappresentanza sponsorizzate a sinistra), non soffermandosi sul dibattito di genere e delle proposte che ne derivano alle quali, prima o poi, la politica dovrà dare più di una risposta. Siamo convinti comunque che Meloni, al momento opportuno, non si farà sfuggire un campo così ben arato.
Un capitolo molto denso, inevitabilmente, è dedicato alla sua esperienza politica.
Il modo in cui descrive il suo percorso, il primo approccio all’iscrizione in sezione, nella scuola e nel rapporto con gli altri giovani del Movimento Sociale, la sua attività volontaria (che in politica vuol dire fare di tutto), l’attacchinaggio, le discussioni, i primi traguardi, le battaglie elettorali, lo testimonia o lo ricorda.
Colpisce l’entusiasmo con cui si racconta la giovane Meloni. Perché assomiglia allo stesso provato da ciascuno/a abbia agito in prima persona per un traguardo, un ideale. Perché nella ragazza con il pennello, la colla e i manifesti, il volantinaggio, la cavillosa, la studiosa, l’impegnata ritroviamo tantissimi/e giovani che hanno combattuto con lo stesso vigore e impegno, pure in campi avversi. Presi a pugni, si sono fatti male, molto male, ciascuno credendo che la propria fosse la verità per cui poter morire.
L’elenco delle battaglie fatte in nome delle idee, per una politica sociale, per un Paese migliore non appare diverso da nessun lato lo si guardi e ci fa riflettere sul perché dell’impossibilità di ricercare l’equilibrio e il confronto pacifico. So che questo discorso può sembrare buonista, quando la storia ha dimostrato che è quasi impossibile.
Giorgia Meloni è onesta, in questo suo raccontarsi e raccontare le cose per cui agisce.
E’ onesta anche quando lascia intravedere senza troppi veli, che sa di non piacere a tutti. Non cerca la compiacenza, non vuole convincere ma traspare invece che ha bisogno di parlare. Allora, piacere di conoscere Giorgia.
Perché i politici devono parlare alla gente e farlo da politici.
Dimostrare che la gavetta è necessaria quanto formativa, la vera materia di studio con cui fare l’esame per assumere e partecipare al governo del Paese. Chiarire che il passaggio di mano fra generazioni non è solo un dato anagrafico e che niente è irrimediabilmente uguale. Fascismo, comunismo, diventano parole diverse nel mondo in cui si riflettono. Bisogna andare oltre senza negare o dimenticare. E’ la scommessa del nuovo millennio e sembra che lei abbia voglia di cavalcarla. Insomma con questa Giorgia viene voglia di parlare (per quanto di pessimo carattere come si definisce e come lascia intravedere nelle apparizioni televisive), di ragionarci, chissà che non si possa intendersi su più di una cosa.
Poi, ci racconta Giorgia, arriva Ginevra. Che sarà ancora un’altra generazione.
Alla quale Giorgia, come ogni madre, vorrebbe trasmettere un mondo migliore e su questo non ci possono essere obiezioni. Chissà che Ginevra fra qualche decennio non senta il bisogno di raccontarsi raccontando di questa madre vulcanica con il complesso di non essere abbastanza presente (come tante di noi). La Meloni politica è anche madre e in questo non c’è da leggere niente di straordinario o di drammatico. Ma è bello.
La scelta della maternità di una donna adulta e consapevole, istruita alla vita, alla politica, all’indipendenza è certamente facilitata rispetto ad altre condizioni ma ognuna che affronti la maternità lo fa con uguale impegno personale perché essere madri è duro per tutte.
Cosa rispondere dunque ad una donna che presentandosi tende la mano e dice “Io sono Giorgia”?
Che ha fatto bene a scrivere questo libro. Perché niente interessa di più alle persone che sapere cosa fa e come vive l’altro, specialmente se personaggio pubblico, ancora di più se è un politico che vuole il nostro consenso. E ancora di più se è una donna che fa politica, presenza fissa nei telegiornali, nei talk, negli show, nella satira. Protagonista a suo modo “unica” perché ha scelto di non stare al Governo, di fare opposizione, che guida un partito compatto, senza contestazione interna (come purtroppo succede negli altri) beh, diciamo che conoscerla meglio fa gola! E’ una persona, una donna, o un extra terrestre?
Parte della risposta sta nel libro, l’altra parte nella sua determinazione.
Giorgia Meloni è una politica navigata, con la testardaggine di un “capo”, una “leader” mai messa in discussione grazie alla sua determinatezza, al suo coraggio e alla coerenza tra ciò che dice e ciò che fa.
Ha attraversato periodi difficili e sta ben salda in sella.
Questo libro non è una “furbata”, o solo tale, ma una buona mossa per sostituirsi a quello che facevano i politici di una volta per confrontare le loro proposte, girando sezioni, quartieri, luoghi di lavoro, ogni espressione della società per stringere mani, chiedere consensi (poi certo avevano i loro difetti…). Oggi che non si usano più questi metodi, sostituiti da altri più rapidi, impersonali, che navigano nella rete, sotto gli occhi di tutti ma lontani, meno veri, un libro cartaceo è un biglietto di presentazione col controcanto.
Chi leggerà questo libro, si presume, sarà un lettore che conosce la politica, i suoi percorsi. Anche quello di Giorgia Meloni, che è una dei protagonisti di questi ultimi anni. Per il resto si conferma la testardaggine di un “capo”, o meglio di una “leadership” di Fratelli d’Italia, mai messa in discussione grazie alla sua determinatezza, al suo coraggio e alla coerenza tra ciò che dice e ciò che fa. Su questa parte del racconto, ciascuno potrà fare le valutazioni che crede.
Infine, in questo libro, non c’è nessuna volontà d’indottrinamento.
La Meloni mostra voglia di spiegare cosa vuole oggi per il suo partito, nel rispetto della storia che lo ha posto ideologicamente nell’area della destra, ma anche di come cambiare.
Tutto sommato questo libro potrebbe leggersi anche sotto l’ombrellone in spiaggia o sotto un abete di montagna.
Un modo accattivante nel momento giusto, per prepararsi e preparare l’opinione pubblica alle grandi, difficili, prossime scadenze che ci attendono, dal suo punto di vista.
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