Marguerite Yourcenar in “Memorie di Adriano” fa dire all’imperatore: “mi sentivo responsabile della bellezza del mondo”. Adriano porta su di sè i problemi degli uomini di ogni tempo, alla ricerca di un accordo tra la felicità e il metodo, tra l’intelligenza e la volontà. Ma “architetti e ingegneri non bastano per costruire una città”, non basta la tecnologia per assicurare un ordinato sviluppo della comunità. Ci vuole una nuova idea di città, quella in cui viviamo non è più a misura dell’uomo che ci abita.
Le città sono un insieme di tante cose, di memoria, di desideri; le città sono luoghi di scambio, ma non soltanto di merci. Sono scambi di parole, di desideri, di ricordi come scrive Italo Calvino. Ma la città è stata investita dal vortice della globalizzazione e delle sue compagne di strada, dalla digitalizzazione all’ intelligenza artificiale.
Poi è arrivata la pandemia che ha travolto tutto, sollevando questioni cruciali dell’evoluzione umana. Ci ha fatto trovare di fronte a un crash test della nostra civiltà. Ci siamo cullati troppo a lungo nell’illusione di un indefinito, inarrestabile progresso: il covid-19 è stata una resa dei conti. Le riflessioni sulla patologia dello sviluppo urbano inducono a un confronto tra città e ambiente con un approccio globale alla ricerca di un equilibrio tra due funzioni troppo spesso ritenute antagoniste: produrre reddito e salvaguardare l’ambiente.
Che fare?
Una analisi attenta, rigorosa e documentata del rapporto tra “persona, ambiente e profitto” (come recita il titolo del suo libro) serve a Giovanni Maria Flick per cercare una risposta anche alla luce di tre diverse esperienze della sua vita: il magistrato, il giudice costituzionale, il Ministro di Grazia e Giustizia.
Vuole essere un messaggio ai giovani: è necessario un cambiamento radicale che partendo dall’uomo e riaffermando i principi fondamentali del rispetto della persona contro ogni discriminazione e sopraffazione sanciti dall’articolo 2 della Costituzione costruisca una società più umana e più giusta.
L’impianto ideologico e culturale è tutto nella dimensione cristiana: la pandemia, come il diluvio universale, è la risposta di Dio ad un mondo in cui l’uomo sta andando in una direzione sbagliata. A pagina 28 Flick scrive “il Papa con la consueta chiarezza e senza giri di parole profetizza un nuovo diluvio universale se l’azione dell’uomo non cambierà”. Dice Papa Francesco: “l’ira di Dio intende portare giustizia, pulire. Il diluvio è il risultato dell’ira di Dio”.
Quindi se il mondo continua ad accettare il male dell’ingiustizia all’orizzonte si profila l’ira di Dio, da qui la necessità di una svolta, l’urgenza di una svolta: nella economia, nel rapporto fra ambiente, profitto e persona.
Una prima costatazione da cui partire riguarda la velocità della globalizzazione come la velocità di propagazione del virus e una seconda constatazione riguarda la tecnologia e il profitto che non bastano a superare globalizzazione e pandemia. In definitiva tecnologia e profitto forse possono attenuare i disagi provocati dalla diffusione del virus ma non superare le paure e le fragilità umane che la pandemia ha messo a nudo.
Ricordando uno scritto di Paul Valery (il futuro non è più quello di una volta) il saggio ci propone il problema di ripensare il domani: se lo scenario che abbiamo di fronte è quello della catastrofe l’unica risposta possibile è quella di un nuovo Patto Atlantico, un patto fra le democrazie per sconfiggere il virus ma anche per ricostruire l’economia e proteggere il clima. Un patto di solidarietà. Ed è in questo contesto che la città diviene il luogo su cui concentrare la nostra attenzione per trovare gli strumenti che possano cambiare il nostro modo di vivere.
E’ evidente che ciò sarà possibile ma alla condizione cambi il rapporto fra mercato e ambiente, fra economia ed ecologia. È necessario che si costruisca una economia che rispetti l’uomo e il pianeta.
Il libro è insieme una riflessione lucida e appassionata sul nostro futuro e una rilettura di quanto la ricerca culturale e scientifica (curata in particolare dal nipote Maurizio Flick) ha prodotto nel recente passato per ritessere la tela di una nuova alleanza necessaria a rinnovare quel patto dell’arcobaleno con cui si concluse il primo diluvio universale, un patto con Dio che dobbiamo sottoscrivere per scongiurare la minaccia di una nuova catastrofe.
Per comprendere fino in fondo il valore di questo messaggio è necessario andare alle radici culturali da cui nasce la riflessione di Giovanni Maria Flick. Dobbiamo partire dalla Rerum Novarum di Papa Leone XIII sul rapporto fra capitale e lavoro e ripercorrere la strada dell’impegno dei cattolici in politica dell’inizio del secolo scorso da Davide Albertario a Don Sturzo fino alla sconfitta della dittatura e alla ricostruzione dell’Italia con l’incontro con i socialisti, un patrimonio comune ai riformisti europei, dai cattolici ai socialdemocratici, che hanno fondato l’Unione Europea assicurando fino ad oggi un ordinato sviluppo in un contesto di sicura pace.
Una tradizione e una cultura politica che pervade tutto il libro che serve a ripensare il domani che ci aspetta e che potrebbe restituire alla politica odierna, che manca di prestigio e autorevolezza, la possibilità di svolgere in modo efficace la sua funzione di governo della comunità.
Il messaggio di Giovanni Maria Flick rivolto ai giovani è quello di San Paolo “ho combattuto la mia battaglia, ho conservato la mia fede”.
Giovanni Maria Flick, Maurizio Flick – Persona Ambiente Profitto. Quale futuro? – Baldini + Castoldi 2021 – € 17,00). La copertina del libro è un’opera di Simonella Grizi Flick (maremma) 2017
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